I giornali non sono molto attenti a queste cose: ieri il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense (cioè i vertici della magistratura e i vertici dell’avvocatura) hanno firmato un protocollo di intesa con il quale avviano una nuova collaborazione e quasi quasi un’alleanza. È chiaro che, in molte circostanze, magistrati (i pubblici ministeri) e avvocati sono necessariamente in contrasto e in lotta tra loro. Perché questo prevede la legge.Prevede che difesa e accusa si fronteggino da posizioni diverse per favorire la ricerca della verità. Ma avere ruoli distinti nella giurisdizione non vuol dire necessariamente essere amici o nemici della buona giustizia. Avvocati e magistrati possono essere, insieme, amici della buona giustizia, pur combattendo battaglie diverse, o viceversa possono ostacolarla.Naturalmente la cosa interessa poco ai giornali. Mi pare che quasi nessuno si sia accorto della svolta del protocollo, che pone fine alla guerra tra magistrati e avvocati: per la semplice ragione che l’informazione, in Italia, quando si occupa di giustizia si occupa esclusivamente dei Pm che danno la caccia ai politici. Del resto non gliene importa un fico secco. E’ impressionante il divario, in Italia, tra la quantità gigantesca di spazio e forze dedicati al giornalismo giudiziario e quantità (praticamente nulla) di spazio e forze impiegati nella discussione o nella informazione sulla macchina della giustizia, i principi della giustizia, i successi o gli insuccessi dello Stato di diritto.Il protocollo di intesa firmato da Csm e Cnf dimostra invece che nella “struttura” della giustizia italiana esistono le forze per combattere una battaglia che affermi dei grandi principi comuni. Quali sono? In fondo uno solo, limpido, neanche troppo complicato: la difesa dello stato di diritto, e quindi della legalità, e quindi della giurisdizione. In quest’ordine: di importanza e di logica.La debolezza dell’informazione deforma la nostra vista. Chi legge i giornali e guarda la Tv immagina un’arena della giustizia dove in un lato ci sono i magistrati impegnati nella ricerca della verità e nel tentativo di punire i mascalzoni, e nell’altro lato gli avvocati, riparati dietro lo schermo dello stato di diritto, cercano di ostacolare i giudici.Questa deformazione rischia di portare a una vera e propria deformazione della democrazia. Perché spinge l’opinione pubblica a immaginare lo stato di diritto non come un “principio” fondamentale della civiltà e della convivenza, ma come uno strumento, nelle mani della difesa, che ostacola la magistratura e dunque - se non viene messo sotto controllo e limitato - danneggia la società.È una deriva in parte conseguenza, in parte causa, della cultura dell’emergenzialità. E cioè dell’idea che il modo giusto per governare (e per convivere) sia quello di adattare le leggi e i principi alla situazione del momento. I giornali dicono che ci sono molti incidenti stradali? Si introduce il delitto stradale. I giornali dicono che la corruzione dilaga? Si preparano delle leggi per aumentare le pene ai corrotti. I giornali dicono che il politici sono ladri? Si preparano misure per cacciare i politici dal Parlamento, o dai Comuni, anche senza processo e anche se magari sono del tutto innocenti.Per affrontare questa situazione c’è una sola strada: quella di di stabilire che la bussola non è l’emergenza, o il vento del popolo, ma è lo stato di diritto. E spiegare che i magistrati - o comunque una parte molto grande della magistratura - sono interessati, profondamente interessati ad affermare questa idea. Il protocollo firmato l’altro giorno vale molto, esattamente per questo motivo. Perché accende un lumicino di speranza. La speranza che la battaglia per la giustizia possano combatterla insieme le parti più importanti e più moderne della magistratura e dell’avvocatura.Magari potreste obiettare: e Davigo? Ha tutti i diritti di esistere e di proclamare il suo giustizialismo. Non è che essere reazionari è un delitto. Però esiste la possibilità che la magistratura decida di seguire altri orientamenti. E le posizioni assunte mercoledì’ al plenum del Csm fanno ben sperare.