C’è inoltre un immediato riflesso nella propaganda con autorevoli richieste di mettere fuori legge gli eredi del ventennio, trasgressori della legge Scelba, immediate reazioni di segno opposto, con nel mirino i “violenti” antifascisti, e sullo sfondo persino qualche eco dei mai dimenticati “opposti estremismi”.

La presidente della Camera, terza cittadina dello Stato, ha chiesto lo scioglimento delle organizzazioni nere, mentre i siti schiaffavano in bella vista titoli come ' Guerriglia urbana a Napoli', alludendo a scaramucce tra antifascisti sul piede di guerra e polizia. Pochi giorni prima era successo a Livorno. Il presidente del Senato Piero Grasso, leader di LeU, e il sindaco di Milano Sala, Pd, più ministri vari concordano con la presidente Boldrini: ' Fuorilegge'. Anche l’ex premier e probabile futuro governante Berlusconi chiede la mano pesante: però contro i contestatori che negano con le cattive il diritto di parola ai fa- scistoni.

Nel 1972 la faccenda era seria, la polemica non priva di fondamento. L’anno prima i neofascisti, che allora militavano nel Msi, avevano sfondato nelle elezioni amministrative parziali, raggiungendo in alcune sedi, come Roma, percentuali per l’epoca stratosferiche, vicine al 15% partendo dal precedente 4%. Il richiamo ai valori dell’antifascismo non era fuor di luogo. I contestatori erano migliaia di giovani, agguerriti e ormai abituati agli scontri di piazza. Capitò più d’una volta, in quella campagna elettorale, che ci scappasse il morto, per un candelotto sparato dritto contro un passante o per il pestaggio fatale a cui fu sottoposto dalla polizia l’anarchico Franco Serantini, che cercava appunto di impedire un comizio del Msi a Pisa. Si parlava molto di fascismo, antifascismo e violenza politica perché era palese che quei temi erano davvero in testa alla lista delle preoccupazioni di parecchi elettori e avrebbero finito per condizionare più di ogni altro tema il voto.

Quarantasei anni dopo la situazione si ripropone come pura pantomima: una recita. Alle manifestazioni di Forza Nuova e CasaPound accorrono appena poche decine di militanti. Se non ci fosse chi le contesta non se ne accorgerebbe nessuno. Le contestazioni partono da un’area che nel corso dei decenni è stata progressivamente ghettizzata e ha fatto quanto in proprio potere per facilitare ai ghettizzatori il compito. Senza le contestazioni antifasciste pochi saprebbero che esiste. ' La guerriglia urbana' esiste solo nei titoli a effetto e la violenza politica, giustamente, nella lista degli elementi che condizioneranno il voto non figura neppure in coda alla classifica: inesistente.

Una minacciosa ventata xenofoba e a tratti razzisti percorre davvero la penisola, ma se i gruppi neofascisti che provano a cavalcarla fossero messi fuori legge non perderebbe neppure un nodo di potenza. I partiti che su quelle paure irrazionali si ingrassano non possono essere messi fuori legge: sono troppi e troppo numerosi. Il parlamento resterebbe deserto.

Il richiamo all’antifascismo e quello, speculare, contro i violenti rossi rispondono entrambi a una valenza ormai puramente identitaria. Sono una chiamata alle armi in nome del sangue e delle tradizioni di famiglia, non in nome della politica. Quell’evocazione di fantasmi lontani, almeno nelle forme che assunsero un tempo, serve anche a tutti per giocare nella campagna elettorale l’arma della ' somiglianza'. Chi chiede di mettere fuori legge Casa-Pound invita tra le righe a sconfiggere chi con Cp o Fn ha almeno qualche elemento in comune: la Lega, FdI, secondo alcuni lo stesso M5S.

E’ una strategia propagandistica come tante altre, ma più pericolosa. Nell’Italia del 2018, a differenza di quella del 1972, di violenza politica non c’è traccia. Ma evocare per gioco gli spettri di solito è il modo migliore per trovarseli poi in salotto per davvero.