«Paradossale». Franco Russo, tra i principali esponenti del Sessantotto romano, definisce così il manifesto dei "Sessantottini per il Sì" al referendum costituzionale. «Devo ammettere che il movimento era piuttosto grezzo in materia costituzionale, ma sicuramente non voleva stravolgere la Carta, quindi il nome di questo comitato mi sembra piuttosto fuori fuoco». Russo, dopo la militanza in Rifondazione comunista, oggi è attivo nei comitati per il No.Quindi lei potrebbe essere un Sessantottino per il No.Io trovo che il Sessantotto non sia il periodo giusto da evocare. All'inizio, il movimento considerava la Costituzione una maschera per stabilizzare il potere costituito e aveva in sé una vena di anticostituzionalità, però le riflessioni sulla Carta erano piuttosto grezze. Poi, soprattutto grazie soprattutto a Magistratura indipendente, riscoprimmo il valore della Costituzione come strumento di lotta e baluardo dei diritti sociali e del lavoro. Di certo non abbiamo mai voluto stravolgerla!Affonda in queste riflessioni il suo No al referendum di dicembre?Il mio è un No che nasce da lontano e idealmente si origina a quando, durante i miei mandati in Parlamento, ho fatto parte dei gruppi di opposizione alle commissioni bicamerali come quella di D'Alema. Poi il No deriva da una linea politico-culturale di contrarietà alla cosiddetta democrazia decidente.Renzi come Craxi, quindi?Diciamo che alcuni contenuti in questa riforma ricordano da vicino la «democrazia governante» propugnata da Bettino Craxi negli anni Ottanta. Lui credeva nella governabilità con al centro il potere esecutivo, un'idea che ho politicamente sempre avversato perché la democrazia parlamentare si fonda sulla pluralità di voci e sul principio della rappresentanza.Renzi sostiene che questa riforma permetta al governo di dare corso al suo mandato. Sbagliato?Non sbagliato, falso. È falso che i governi non abbiano potere, visto soprattutto che l'80% della legislazione odierna è diretta emanazione dell'Unione Europea, nei cui organi intervengono i ministri del Governo. Con questa riforma si vuole uccidere la rappresentanza, trasformando le elezioni in un'investitura del governo. Parafrasando Hobbes, Renzi vuole che «il capo sia il popolo».Un Parlamento subalterno al Governo, quindi?Di più, un governo con un potere eccessivo e straripante. Penso soprattutto all'istituto del voto a data certa, che permette al governo di stravolgere l'ordine dei lavori del Parlamento per mettere in approvazione i disegni di legge che danno attuazione al loro mandato politico. Questo significa esautorare l'Aula della sua autonomia.Anche abolire il Senato è un modo per rafforzare l'egemonia del governo?Questo è il secondo falso di Renzi. Il Senato e il bicameralismo non vengono affatto eliminati: rimangono in capo a questa seconda camera l'approvazione delle norme che riguardano l'Unione Europea, che sono la grande maggioranza di quelle in discussione. Risultato: si elimina solo l'eliminazione diretta dei senatori, non certo il Senato. Insomma, una riforma sconclusionata e scritta anche piuttosto male.E l'Italicum come si inserisce in questo quadro?Tanto per cominciare, non è vero che non c'entri con il ddl Boschi, come prova a sostenere Renzi. E' chiaro che legge elettorale e legge costituzionale insieme cambiano sostanzialmente la forma di governo del nostro paese. Il premier dice: così, dopo il voto, avremo la certezza di chi ha il diritto di governare. Appunto, concretamente con questa legge elettorale si voterà per l'esecutivo e il premier, invece che per un Parlamento di rappresentanti.Lei è molto attivo dei comitati per il No. Che aria si respira?Un'aria frizzante, perché si tratta di attivazione vera fatta da volontari, che dedicano il loro tempo e che si autotassano. E' una mobilitazione libera e per la prima volta non legata ai grossi blocchi sociali, come i tre sindacati. Una splendida sorpresa, vista l'apatia generale verso la politica. Non ci resta che vincere, ora.Sarebbe illusorio definirlo una sorta di nuovo laboratorio per la sinistra italiana?E' prematuro. Il mio augurio è che la sinistra si rinnovi, anche a partire dai valori che fondano le ragioni del No. Mi riferisco al principio della sovranità della Costituzione e non di una maggioranza o di un organo, come il governo. Mi sembra che, con questa difesa della Carta, noi della sinistra abbiamo scoperto l'importanza del bilanciamento tra poteri e, forse per la prima volta, tocchiamo con mano il fatto che la sovranità popolare non è fine a se stessa, ma è il mezzo per la tutela dei diritti dei singoli.E se la vittoria del No comportasse la caduta del governo Renzi?Sarebbe una contingenza, non l'obiettivo di un No che è fondato su ragioni di merito. Certo non sarei dispiaciuto, perché considero questo un governo di centro-destra e Renzi ha fatto, in pratica, ciò che non è riuscito a Silvio Berlusconi prima di lui, a partire dalla messa all'angolo dei sindacati e alla riforma dell'articolo 18.