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Ddl Nordio e riforme della giustizia: ne parliamo con la senatrice del Pd Anna Rossomando, vicepresidente di Palazzo Madama.
Tajani ha detto: «Siamo molto soddisfatti, insieme a premierato e autonomia, c’è la riforma della giustizia».
Nel programma delle riforme, la tecnica non è quella del merito o dell’utilità per il Paese. Al contrario, in questa maggioranza ciascuna forza politica ha chiesto e ottenuto un tema in un’ottica di scambio. Poi stiamo parlando di una non- riforma ma di alcuni interventi limitati e pasticciati.
Lei ha più volte ironizzato sulla presenza/ assenza del ministro Nordio in Aula.
Una non- riforma che porta il suo nome avrebbe richiesto la sua presenza durante tutto il dibattito, anche solo per dimostrare il convincimento che il dibattito parlamentare possa servire a migliorare i provvedimenti. Tuttavia questa maggioranza non ha accolto una sola richiesta dell’opposizione.
Tra l’evento al Nazareno e gli emendamenti al ddl, vi siete concentrati molto sulle carceri: che margine politico c’è per incidere dall’opposizione?
È un tema importantissimo, lo dimostrano i drammatici suicidi e non solo. Il ministro Nordio dal suo insediamento ha detto che la questione per lui era prioritaria, stigmatiz-zando il panpenalismo e una pena identificata solo col carcere. Ma con questo governo assistiamo esattamente all’opposto.
Non temete, in vista delle Europee, di portare avanti un tema impopolare?
Il carcere è sempre stata una questione presente nel nostro programma. Chi si riconosce nella cultura delle garanzie non teme di affrontare temi impopolari. Compito della politica è convincere e spiegare le buone ragioni di una battaglia che noi riteniamo giusta. Riguarda tra l’altro anche la sicurezza dei cittadini, se ci poniamo veramente l’obiettivo di ridurre la recidiva, attraverso una visione umana e rieducativa della pena.
La commissione Giustizia della Camera ha incardinato la pdl di Nessuno tocchi Caino firmata da Giachetti, di IV, volta a ridurre il sovraffollamento attraverso la liberazione anticipata speciale. Siete favorevoli?
Anche noi avevamo proposto di rivedere e valorizzare questo istituto, ove si prevede una valutazione della condotta del detenuto e non un automatismo. Condividiamo tutte le misure che vanno nel senso di alleggerire il sovraffollamento. Abbiamo proposto l’estensione della misura introdotta durante la pandemia per cui con una pena residua di 18 mesi si possa andare ai domiciliari. Ma anche in questo caso il ministro non ci ha ascoltati, come su tutte le proposte per rafforzare e sostenere le misure alternative. Abbiamo poi condiviso la proposta a prima firma Magi per l’istituzione delle case di reinserimento sociale, strutture alternative al carcere ove scontare una pena detentiva anche residua non superiore a 12 mesi.
Il guardasigilli ha detto che il sovraffollamento calerà con la diminuzione delle persone in misura cautelare, grazie al gip collegiale.
Stiamo parlando di un intervento che se, e ribadisco se, andrà in vigore tra non meno di due anni, porterà molte criticità. Noi ad oggi abbiamo una carenza di circa 1600 magistrati. Con questa misura ne serviranno molti di più, poi si solleverà il tema della incompatibilità tra collegi. Se in linea di principio non si può essere contrari, la norma si presenta di difficile se non impossibile applicazione e con nessun risultato a breve.
La senatrice Bongiorno ha espresso perplessità sul fatto che, abrogando l’abuso d’ufficio, ci possano essere dei pm che contesteranno reati più gravi, e ha parlato di possibili vuoti di tutela. Però meglio abrogare che tenersi una norma contestata pure dai vostri amministratori.
La richiesta era una modifica della norma e non l’abrogazione come hanno chiesto diversi amministratori a partire dal presidente dell’Anci De Caro. Era possibile migliorarla: c’erano degli emendamenti, tutti bocciati, che raccoglievano i suggerimenti di illustri giuristi. Invece la soluzione adottata apre a problemi giganteschi: condivido quanto detto da Bongiorno a proposito di possibili iscrizioni per fatti più gravi. E soprattutto si lasceranno privi di tutela i comuni cittadini dinanzi a qualsivoglia abuso di chi ha un potere autoritativo.
La maggioranza prova a limitare le intercettazioni ma poi in alcuni provvedimenti, aumentando il massimo edittale, ne amplia l’applicazione. Non le sembra una contraddizione?
Certamente. Abbiamo una maggioranza che ha esordito proponendo nuovi reati, pene più elevate, più intercettazioni e ampliamento di quelle preventive, che, come sappiamo, sono meno garantite.
Un altro tema del ddl Nordio è quello dell’inappellabilità delle assoluzioni. Scrive il professor Ferrua: “L’appello del pm porta all’anomalia di una condanna pronunciata per la prima volta in appello a seguito dell’impugnazione proposta dal pm. La condanna pronunciata in secondo grado si risolve in un pesante pregiudizio per l’imputato al quale resta solo il ricorso per cassazione”. Ha ragione?
L’interessante riflessione sollevata dal professor Ferrua meriterebbe una discussione vera e non siamo contrari a un approfondimento. Tuttavia nel ddl Nordio c’è altro: è una soluzione che varrà solo per alcuni reati e non risolve i problemi sollevati dalla Corte costituzionale nella famosa sentenza Pecorella. Se si guarda alla proposta della Commissione Lattanzi, che poneva limiti sia all’appello del pm che a quello dell’imputato, è chiaro che la questione diventa molto delicata, tanto è vero che è stata accantonata.
In Senato sta passando in silenzio una riforma che vuole inserire la vittima in Costituzione. Da penalista che pensa?
Personalmente credo che il tema debba essere affrontato con molta cautela. L’attenzione alla vittima di reato è doverosa, non so se l’inserimento in Costituzione sia lo strumento più adatto, ma il riferimento non può che essere la direttiva Ue 2012/ 29 sui diritti all’informazione, assistenza e protezione delle vittime.