Paolo Romani, ex forzista e ora capodelegazione di Coraggio Italia in Senato, ragiona sul post elezioni Quirinalizie e spiega che «nel percorso che ha portato alla rielezione di Mattarella e alla continuazione del governo Draghi c’è il seme della futura stabilizzazione del sistema politico» e che una nuova legge elettorale «può accelerare o rallentare il percorso di aggregazione al centro».

Senatore Romani, cosa rimane della coalizione di centrodestra dopo la settimana del Quirinale?

La coalizione di centrodestra è rimasta soprattutto nelle amministrazione locali. E non da ora. Non è nostro costume fare polemica ma ricordo che Salvini ha fatto un governo con il M5S mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia erano all’opposizione. Dopodiché c’è stato il Conte bis, dove eravamo tutti insieme l’opposizione, e poi è arrivato il governo Draghi con Fratelli d’Italia dall’altra parte. La coalizione insomma si ritrova e si riunisce ma spesso e volentieri ha avuto posizioni pubbliche diverse. Del tutto legittime, ma diverse.

Quanto ha inciso la corsa al Colle sul disfacimento del centrodestra?

Prima di tutto rifiuto di immaginare un coalizione come un soggetto granitico dove tutte le posizioni siano appiattite, pena l’accusa di tradimento. Rispetto all’elezione del presidente della Repubblica è accaduto che il leader della coalizione, d’accordo con noi, ha proposto una terna; poi però si è passati alla carta Casellati, fallita la quale, nell’arco di una notte ha proposto una candidatura, quella di Elisabetta Belloni, nata in maniera improvvisa. Aveva una sua giustificazione perché era nelle proposte del Pd ma le forze di centro, compresa Forza Italia, si sono trovate a dare un giudizio negativo non sulla persona, che conosco bene e stimo tantissimo, quanto nel mostrare quanto fosse irrituale che il capo del Dis diventasse capo dello Stato.

Insomma è mancato il coordinamento a livello centrale: tutta colpa di Salvini?

È certamente mancato un coordinamento ma al tempo stesso è stata la dimostrazione che le forze liberali, moderate e riformiste, che si sono mosse insieme, hanno bisogno di una guida. Questa volta si è arrivati alla soluzione di mantenere Draghi a palazzo Chigi e rieleggere Mattarella al Quirinale. Vedremo in futuro.

Prima della guida serve però il soggetto politico: nascerà un grande Centro?

Chiaramente ci poniamo il problema di immaginare un cosiddetto centro nel quale possono convergere le tante forze che si richiamano ai valori suddetti. È un tentativo, non deve essere un procedimento parlamentare ma deve partire dai territori. Vediamo se ci sono le condizioni per cui questo soggetto possa nascere, mantenendo ciascuna delle componenti una ragionevole autonomia almeno all’inizio.

Come pensate di arrivare a questo grande centro?

Siamo partiti, se vuole anche in maniera un po’ casuale, da un patto di consultazione che fino a oggi ha funzionato. Da questa base c’è la possibilità che nasca un soggetto politico vero e proprio. Ci stiamo lavorando.

Come si inserisce nel ragionamento il dibattito sulla legge elettorale?

La legge elettorale può accelerare o rallentare tale processo. In ogni caso va cambiata, perché con il taglio dei parlamentari il Rosatellum è quasi inapplicabile, visto che al Senato ci sarebbero collegi enormi. Abbiamo immaginato che un legge di tipo proporzionale possa essere una buona soluzione perché risponde a tre requisiti: il primo, fare in modo che gli eletti siano rappresentativi dell’intero elettorato; il secondo, garantire stabilità, come successo in Germania dove non c’è più un partito del 35 per cento a causa della frammentazione ma tanti partiti più piccoli che governano insieme; terzo, fare in modo, attraverso il modello tedesco, che i rappresentanti del popolo abbiano un legame diretto con i cittadini.

Crede che anche pezzi del centrosinistra, penso al Pd e a Luigi Di Maio, possano essere coinvolti in futuro in questo progetto centrista?

Mi faccia prima fare una premessa. Noi abbiamo di fronte nei prossimi anni alcune emergenze, prima tra tutte la messa a terra del Pnrr con una montagna di risorse concesse dall’Europa, pari a 192 miliardi contro i 45 della Francia e i 25 della Germania. L’Europa ha scommesso sull’Italia e dobbiamo corrispondere a queste aspettative realizzando i 528 fra traguardi e obiettivi correlati alle risorse. Solo quest’anno ci aspettano più di cento scadenze quest’anno. Ci sono poi alcuni “cigni neri” in economia, come l’emergenza energetica, il grosso problema dell’inflazione, che probabilmente prevedrà interventi della Fed e della Bce, e il problema del Patto di stabilità, sul quale quasi sicuramente servirà un cambio dei parametri di Maastricht. Per non parlare della pandemia.

Quindi?

Quindi dico che una forza politica che ha come punto di riferimento il bene del paese si immagina che l’esperimento del governo Draghi potrebbe non concludersi con questa legislatura. Può darsi che tutte le forze responsabili siano chiamate a continuare questo governo, e il sistema elettorale che può garantire che questo avvenga nel miglior modo possibile è quella legge elettorale proporzionale a cui accennavo prima.

Mi permetta di insistere: anche con quelle forze ed esponenti politici che hanno contribuito in maniera decisiva alla rielezione di Mattarella?

Nel percorso che ha portato alla rielezione di Mattarella e alla continuazione del governo Draghi c’è il seme della futura stabilizzazione del sistema politico. Il paese ha bisogno di un momento di grande stabilità, dove le forze politiche concorrono liberamente, ognuna con le proprie proposte, ma dove ormai quelle coalizioni che hanno cercato di vincere le elezioni con il Mattarellum non esistono più o quasi. Basti pensare al centrodestra, che quando esisteva il bipolarismo era a trazione liberale ed europeista e ora non più. I tempi sono cambiati. Ed è ora di entrare in una fase nuova.