Estate fine anni Settanta. Jean-Paul Sartre e la sua compagna, Simone de Beauvoir, hanno l’abitudine di trascorrere qualche giorno di vacanza a Roma; alloggiano all’hotel Nazionale, due passi da Montecitorio; seduti al tavolino di un caffè “ricevono” amici, e molti ragazzi, quasi sempre di “Lotta Continua”; e c’è anche Marco Pannella, che Sartre conosce da anni, da quando Marco era corrispondente di seconda battuta de Il Giorno. Proprio Pannella era riuscito a impadronirsi della prefazione di Sartre a un libro destinato a far scalpore, I dannati della terra,  di Franz Fanon. Pannella scrive una lunga recensione, brani di Sartre intervallati da considerazioni e pensieri suoi. In redazione però fanno un gran pasticcio: quello che dice Sartre lo attribuiscono a Pannella, quello che scrive Pannella finisce in bocca a Sartre. Saputo dell’incidente, Sartre si diverte moltissimo, i due rievocano la cosa ogni volta che si vedono.Anche quell’estate; e poi parlano di politica, di quello che accade in Francia e in Italia, il terrorismo, la crisi della democrazia… Presente quella volta anche una giornalista che diventerà scrittrice di discreto successo, Catherine Clément; lavora per Le Matin de Paris. Ascolta e pubblica le riflessioni ad alta voce di Sartre: “Un Partito Radicale Internazionale? Che non avesse nulla in comune con i partiti radicali attuali in Francia? E che avrebbe, ad esempio, una sezione italiana, una sezione francese, ecc.? Conosco Pannella, ho visto i radicali italiani e le loro idee, le loro azioni; mi sono piaciuti. Certamente sarei amico di un simile organismo internazionale…”.Chissà, forse è così che a Pannella è venuta l’idea del Partito Radicale Nonviolento Trasnazionale Transpartito: straordinaria intuizione politica ancora in larga parte inattuata. Fatto è che Sartre (quel Sartre che poi troviamo, riconciliato con il vecchio “camarade” Raymond Aron, mobilitato in favore dei boat people che fuggivano dal Vietnam comunistizzato; e in quell’occasione la Marina Militare italiana scrive una pagina che le fa onore, e che merita d’essere ricordata), aveva compreso tutto di Pannella e di quei non molti radicali che gli si stringono attorno. Ha capito di più di tanti radicali stessi…C’è poi un commediografo famoso, Eugene Ionesco. L’autore de La cantatrice chauve, de La Leçon e di decine di altri fondamentali testi teatrali, con Sartre ha poco o nulla a che fare. La sua origine romena ne fa un acceso anti-comunista. Conosce Pannella attraverso un pittore famoso, anche lui radicale, Piero D’Orazio. E’ un colpo di fulmine: “Lo giuro: tutte le mie deboli forze saranno dedicate a far vivere il Partito Radicale di cui non so nulla e di cui ignoravo l’esistenza, ma ho fiducia in Pannella…”.La fiducia che nutre Leonardo Sciascia. Me la spiega una volta nel corso delle sue passeggiate romane per librerie antiquarie: “Per quello che il Partito Radicale nella sua nonviolenza vuole e tenta di fare e fa; e credo si possa usare il verbo ‘rompere’, in tutta la sua violenza morale e metaforica. Rompere i compromessi e le compromissioni, i giochi delle parti, le mafie, gli intrallazzi, i silenzi e le omertà. Rompere questa specie di patto tra la stupidità e la violenza che si viene manifestando nelle cose italiane; rompere l’equivalenza tra il potere, la scienza, e la morte che sembra si stia per stabilire nel mondo. Rompere le uova nel paniere, se si vuole dirla con linguaggio e immagine quotidiana, prima che ci preparino la letale frittata…Non bisogna cedere e scivolare sulla nostra indifferenza, sulla nostra ignavia”. Bastano, queste “pillole” per dire cos’è (fatico, lo ammetto a dire: cos’è stato) Marco Pannella? Umberto Eco ci ricorda che Pannella “insegna agli italiani come si fa a diventare liberi, e soprattutto a meritarselo”. Indro Montanelli lo definisce un figliolo discolo, un “giamburrasca devastatore, ma in caso di pericolo o di carestia è il primo ad accorrere in soccorso”. Un grande dimenticato, Guido Calogero, padre con Aldo Capitini del liberal-socialismo, ritiene che Pannella sia il “degno continuatore di Capitini e Danilo Dolci…ha dimostrato più fiuto politico di tutti i barbassori della politica italiana”. E Pier Paolo Pasolini, naturalmente, che parla di “vicenda realistica di Pannella… sfidare il vecchio mondo politico italiano su questo punto e batterlo, unico modo per imprimere una decisiva svolta pratica alla situazione in cui l’Italia è precipitata, oltre a essere l’unico atto rivoluzionario possibile. Ma questo è contro troppi miserabili interessi di uomini e partiti, ed è questo che Pannella paga di persona”.Cosa si può mai dire di un uomo che ama i Requiem di Mozart al punto di convincere la sua “Radio Radicale” a farne la colonna sonora, in ricordo e celebrazione dei milioni di esseri umani uccisi in quell’immensa e quoidiana shoah che è lo sterminio per fame e malattie?Molte altre cose, amava: la poesia, per esempio, e te ne accorgevi, ascoldandolo, quando spaziava da Giacomo Leopardi a Arthur Rimbaud, da Charles Baudelaire a Paul Valery.Dunque, ricordiamolo così Marco: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle, /E questa siepe, che da tanta parte/Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude... ”.E’ un gigante; è l’uomo che affascina Ignazio Silone e Pier Paolo Pasolini; che stana dal suo riserbo Leonardo Sciascia, che gli dice: “Hai bussato perché sapevi che era già aperto”, e accetta di essere deputato del suo partito, lo definisce “l’unico politico che ha il senso della legge, del diritto, della giustizia”. E’ l’uomo che allo scrittore Elio Vittorini fa dire: “Siete i soli coopernicani che conosco”. E’ l’uomo che salva Enzo Tortora dal castello di infamie che i camorristi gli hanno cucito addosso; è l’uomo che fa “volare” Domenico Modugno, colpito da un male che lo paralizza su una carrozzella...E’ l’uomo dai cento e più digiuni, i primi a Parigi, con un anarchico contro la guerra in Algeria; e poi contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, fino agli ultimi, drammatici, della fame e della sete, per l’amnistia e la giustizia. E’ l’uomo delle marce, dei sit-in, dei cento referendum. Erede di Ernesto Rossi e di quella pattuglia che gravita attorno al settimanale “Il Mondo”, reduci del Partito d’Azione e di Giustizia e Libertà, e gli studenti dell’Unione Goliardica Italiana.Con Loris Fortuna e Antonio Baslini è il padre della legge per l’istituzione del divorzio. Sempre con Fortuna, Adele Faccio, Emma Bonino, Gianfranco Spadaccia, della legge che depenalizza l’aborto. E ancora: la legge che consente ai diciottenni di votare, la legge sull’obiezione di coscienza, il nuovo diritto di famiglia, l’abolizione del vecchio regime manicomiale, la legalizzazione delle sostanze stupefacenti… Con Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, con Piero Welby per la dignità della vita e della morte; e da sempre per i diritti dei detenuti e le questioni legate alla giustizia.Anticlericale, eppure sensibilissimo alle ragioni dei credenti, in Vaticano in tanti lo amavano e fin dai tempi di Giovanni XXIII e monsignor Loris Capovilla. Nel 1979 elabora un documento politico sottoscritto da oltre cento premi Nobel in cui si tratteggiano le coordinate della lotta contro quello che definisce l’olocausto dei nostri tempi, la morte per fame e povertà di masse di persone del terzo e del quarto mondo. Un impegno caratterizzato da digiuni e marce pasquali che si concludono in Vaticano. Giovanni Paolo II lo definisce: “Il nostro amico Marco Pannella”.Concepisce un partito aperto, dove chiunque può iscriversi, italiani e stranieri, anche con altre tessere, premi Nobel a fianco di ergastolani, e nessuno può essere espulso. L’unica condizione è pagare annualmente la tessera. E’ il partito che per primo elegge segretario una donna, Adelaide Aglietta; poi uno straniero, Jean Fabre; che varca i confini nazionali e diventa transnazionale, ed elegge per segretario un avvocato musulmano credente del Mali, Demba Traoré. Chi oggi balbetta di democrazia nei partiti, di trasparenza, si affacci, per favore ai congressi, e in tutti i luoghi di discussioni e dibattito del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito…Pannella: l’uomo capace ogni volta di meravigliare, corpo e anima di mille battaglie, erede di quel filone politico e culturale che si snoda da Gandhi a Tolstoi, da Thoreau a Martin Luther King, da Aldo Capitini a Jean-Marie Muller e César Chavez (César, non Hugo!); e che alla rigorosa pratica nonviolenta ha sempre aggiunto la costante difesa della legge e del diritto; che ha fatto della disobbedienza civile la sua bandiera, eretico e scandaloso sempre, come chiedevano Vittorini e Silone, come voleva Pasolini, come piaceva a Sciascia.  E’ stato di volta in volta definito “fascista”, “amico dei fiancheggiatori delle Brigate Rosse”, “provocatore”, “qualunquista”, “destabilizzatore”. Dimentichiamoli, oggi almeno, questi insulti, queste offese. E dimentichiamo chi li ha scagliati. Si avrà tempo per ricordarli, il perché certe cose vennero dette e scritte. Gli errori, le miopie. Oggi voglio solo ricordare la grandezza di una persona capace di straordinari gesti di generosità, che danno la misura della persona.Avevo appena pubblicato un libro sulla sua persona, che l’editore, forse un po’ troppo enfaticamente, volle intitolare “Biografia di un irregolare”. Ero molto timoroso, di quel libro: lo scrivo a sua insaputa, timoroso di un suo veto. Per giorni e giorni lo ascolto, lo stuzzico, raccolgo di nascosto il suo “narrare”. Il giorno fatidico della pubblicazione, timoroso gli allungo la prima copia fresca di stampa. Temo una sua reazione stizzita. Sorride. Aspetto una reazione. Arriva: “Non fumo sigari al mentolo. Sono alla grappa! ”. E’ andata, penso. Non solo va; si organizzano presentazioni in varie città d’Italia: vuole a tutti i costi partecipare, esserci, è lui la pubblicità vivente del libro. Una volta è a Tunisi, impegnato in un faticoso sciopero della sete. E’ prevista una presentazione a Torre Pellice, dai valdesi. Accade questo: Pannella parte da Tunisi alle quattro del mattino, arriva a Fiumicino un paio d’ore dopo; attende la coincidenza per Torino; da lì in macchina a Torre Pellice. C’è tutto il paese per lui, e lui, infervorato, parla per un paio d’ore. Poi, agli imbarazzati organizzatori della cena che nulla sapevano del digiuno fame e sete, dice: “Andiamo pure al ristorante, voi mangiate, io vi guardo”. Finalmente alle 11 di sera va a dormire un po’, perché alle sei del mattino si deve svegliare e tornare di corsa a Roma, per un appuntamento non so se con Berlusconi, Bersani o chi…Ecco, per venire a presentare quel mio libretto, quella follia di viaggio andata e ritorno, senza bere, senza mangiare da giorni. Non chiedetemi perché gli ho voluto bene. Se non l’avete capito, non c’è modo di spiegarvelo.