Il generale Mori? «Un servitore dello Stato» che ha subito «un’ingiusta gogna senza fine». Toti? «Innocente fino a sentenza passata in giudicato». La riforma della giustizia? «Per ora non c’è e temo che non ci sarà». Chiacchierata a tutto tondo con il leader di Iv, Matteo Renzi.

Presidente Renzi, a meno di due settimane dalle Europee si parla poco di difesa comune e migrazioni e molto di redditometro e condono: sarà l’ennesimo test sulla politica nazionale?

Il problema non è parlare di temi nazionali, è normale che il dibattito pubblico prosegua: il problema è che non si parla di elezioni europee e si considera questo appuntamento, lei ha ragione, come un test elettorale. Noi della lista Stati Uniti d’Europa siamo diversi: pensiamo che si debba andare in Europa per contare, non per contarsi.

E quindi lascerà il seggio in Senato?

Sì. A differenza di Meloni, Tajani, Schlein e Calenda, se eletti andremo davvero a Strasburgo. L’Europa si occupa tantissimo della vita di tutti noi: pensi all’agricoltura, al commercio, alla sanità, alla guerra. Ma se tu ti candidi sapendo già che non andrai, la stai lasciando in mano agli altri e già in partenza decidi di non incidere. L’Europa è a un bivio: o cambia, o muore. Servono riforme istituzionali, l’elezione diretta del presidente della commissione, l’abolizione del diritto di veto, l’esercito comune, accanto cui serve una vera diplomazia comune capace di incidere, con un inviato speciale dell’Ue per i conflitti. All’Europa servono leader, non burocrati.

A proposito di leader, lei alle Europee raggiunse più del 40%, per poi perdere l’ormai celebre referendum: visto che Meloni si trova in una situazione simile, con delle Europee da affrontare e un referendum sul premierato a venire, pensa che la premier possa correre il rischio di fare il passo più lungo della gamba?

Leggo spesso questa battuta: Meloni rischia di fare come Renzi. Glielo auguro, non solo e non tanto per il risultato oltre il 40% alle elezioni europee ma anche e soprattutto per le riforme che il nostro governo mise in campo. In due anni noi varammo il jobs act, industria 4.0, gli 80 euro, cancellammo imu e irpef agricola e poi ancora le leggi sul dopo di noi, autismo, le unioni civili. Giorgia Meloni mi risulta sia ferma al decreto rave e al decreto Ferragni. Quanto al referendum: la riforma costituzionale non serviva a Renzi, serviva al Paese. E penso che serva ancora. I referendum sono imprevedibili: quello di Cameron sulla Brexit, dove si riteneva convinto di vincere, lo ricordo bene, è esemplificativo. Detto questo, il problema della riforma Casellati è che è uno schifezzellum: non si regge in piedi. Siamo d’accordo con la necessità di una riforma, ma non con questa riforma.

Di riforme si parla anche in Europa e sui grandi temi, dalla difesa comune al futuro dell’Unione, fino al rapporto con i principali attori globali come Usa, Cina e Russia la vostra proposta e quella di Azione sono molto simili: non siete riusciti a fare una lista comune come per le Politiche 2022 solo per colpa di Calenda, dal suo punto di vista, o c’è dell’altro?

La decisione di Carlo Calenda di rompere il terzo polo e poi di non aderire alla lista degli Stati Uniti d’Europa non ha nulla di politico. Quanto al programma, nel nostro c’è scritto chiaramente che chi si candida, deve andare in Europa. Calenda corre sapendo che non andrà. Questo credo sia dirimente nel comprendere la differenza fra la nostra lista e quella di azione.

E così la lista l’avete fatta con Più Europa, con cui condividete in primis la battaglia per una giustizia giusta: dopo lo “scandalo” Qatargate che si sta in gran parte smontando, come pensate di condurre tale battaglia in Europa?

Le modalità in cui sono state condotte le indagini sul Qatargate lasciano perplessi, per usare un eufemismo: penso al mancato rispetto delle garanzie dello Stato di diritto. Noi siamo l’unica lista davvero garantista: lo siamo con la destra e con la sinistra, a differenza di chi lo è solo con gli amici. Abbiamo candidato come capolista al centro Gian Domenico Caiazza, che è stato l’avvocato di Enzo Tortora. Nelle isole, Rita Bernardini, da sempre in prima linea nella battaglia per un carcere più umano. In Europa vigileremo e ci batteremo perché diritti e libertà siano tutelati ad ogni livello.

Tornando in Italia, sembra che si possa arrivare alla separazione delle carriere in Cdm prima delle Europee: è solo una bandierina che la maggioranza assegna a Forza Italia o crede sia la volta buona per la riforma? Voi la sosterrete?

Quando avremo il testo ne parleremo. Considero il Ministro Nordio un galantuomo ma finora abbiamo sentito solo annunci, i fatti stanno a zero. La riforma della giustizia non c’è. E temo che non si farà.

Ieri ricorrevano i 32 anni dalla strage di Capaci, e proprio ieri era stato fissato l’interrogatorio (poi posticipato) del generale Mario Mori, indagato dalla Procura di Firenze per strage, associazione mafiosa, associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico. Che ne pensa?

All’epoca della strage di Capaci avevo 17 anni. Io, come tanti della mia generazione, ne rimasi segnato. Grazie a uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lo Stato ha vinto la sua e la nostra battaglia contro la mafia. A loro e a tutti i magistrati che ogni giorno con coraggio combattono per la legalità va il nostro grazie.Vedere come si insista con il fantasioso teorema della trattativa Stato-mafia, dopo che si è espressa la Cassazione, è scandaloso. Un’ingiusta gogna senza fine per un servitore dello Stato.

A Genova ieri si è invece svolto l’interrogatorio di Giovanni Toti, dopo i fatti delle ultime settimane. Pensa che questa indagine finirà in un nulla di fatto, come già accaduto per altri presidenti di Regione finiti sotto inchiesta, da Bonaccini a Fontana a De Luca?

Noi siamo garantisti con Giovanni Toti come con Ilaria Salis: e guardi che a volte è faticoso, esserlo con gli avversari. Ma lo rivendichiamo: siamo garantisti con la destra, che in Liguria non lo è stata con la nostra Raffaella Paita quando fu ingiustamente accusata, processata e poi assolta. E con la sinistra, che è garantista a convenienza e giustizialista con noi. Giovanni Toti per me è innocente fino a sentenza passata in giudicato.

Crede sia necessario il ritorno al finanziamento pubblico ai partiti, come pensano alcuni sulla scia di quanto accaduto?

Io penso che sia assurdo riaprire il dibattito sulla scia di un’inchiesta. Non possono essere le procure a dettare i tempi della durata delle istituzioni e le decisioni del parlamento. Dopo tangentopoli il problema era il finanziamento pubblico, ora quello privato. Entrando nel merito, penso che la coperta sia stretta e i denari dei contribuenti non devono andare ai partiti ma alla nostra sanità.