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Quando i radicali denunciano, con la radicalità loro propria, la situazione insostenibile delle carceri italiane e quando i cappellani o i Vescovi mettono al centro della loro attenzione la debolezza dei carcerati dentro i luoghi di detenzione, preparandosi a celebrare il loro Giubileo, dicono la stessa cosa o dicono cose diverse?Da un certo punto di vista, dicono la stessa cosa, ma da un altro punto di vista, dicono cose diverse.Certamente dicono la stessa cosa, in quanto sia gli esponenti politici radicali, sia i rappresentanti del mondo cattolico, hanno ben presente quanto sia ormai divenuta inumana e perciò invivibile la situazione delle carceri italiane.In questa prospettiva, mondo laico e mondo cattolico non possono che camminare insieme per stigmatizzzare come gli imputati riconosciuti colpevoli siano stati condannati ad una certa pena detentiva, ma non certo a vivere spesso in modo assai precario e umanamente inaccettabile.Tuttavia, è doveroso riconoscere come, per quanto dal punto di vista, per dir così, della "diagnosi", essi siano d'accordo, invece lo siano molto meno dal punto di vista delle finalità che ciascuno intende raggiungere.Infatti, mentre gli esponenti politici radicali, facendo in senso pieno politica (e che altro dovrebbero fare?), ingaggiano una vera e propria benemerita battaglia per ottenere la dovuta attenzione dal governo, allo scopo di riformare l'ordinamento giudiziario e soprattutto di affrontare una volta per tutte lo spinosissimo problema della edilizia carceraria; al contrario cappellani e Vescovi, celebrando il Giubileo (che letteralmente si riferisce al suono del corno del capro - Yobel - con cui veniva annunciata pubblicamente l'antica festività ebraica), hanno di mira un obiettivo completamente diverso: hanno di mira l'anima dei detenuti (e che altro dovrebbe loro importare?).La finalità propria del Giubileo è infatti quella di elargire, a certe condizioni, l'indulgenza plenaria per i peccati commessi, vale a dire non solo la remissione della colpa - come avviene attraverso il sacramento della confessione - ma anche quella della pena da scontare.Ecco perchè il Giubileo si presenta come un evento a suo modo eccezionale, che può essere celebrato soltanto ad una certa distanza di tempo rispetto al precedente: perchè si tratta di una cosa per certi versi inaudita ed incredibile anche per i credenti: e precisamente del fatto che la Chiesa storicamente data, quella che c'è qui ed ora, si assume la immane responsabilità di assicurare ai fedeli che soddisfino certe condizioni che non dovranno affrontare nessuna espiazione della pena per i peccati commessi, ma che saranno subito ammessi alla beatifica contemplazione di Dio (ovviamente, sempre che non ricadano, come è altamente probabile, in altri peccati).Ecco allora perchè non sorprende che se, sul versante strettamente operativo, radicali ed episcopato possono anche registrare delle benvenute convergenze, su quello delle finalità da raggiungere, le loro strade debbano divergere.E meno male che è così. Ci mancherebbe che i radicali invece di protestare per l''edilizia carceraria, si mettessero a fare processioni verso le Basiliche giubilari o che i Vescovi si mettessero a digiunare, invece di guidare il popolo di Dio verso la conversione delle anime.È bene insomma - ed anche logico - che ciascuno faccia ciò che è chiamato a fare senza confusione o indebite interferenze.Infine, si tenga conto che il paragone che qui si è cercarto di illustrare, in realtà, è asimmetrico, in quanto mentre i radicali sono professionisti della politica e perciò è logico che facciano il loro mestiere, cappellani e Vescovi sono pastori del gregge di Dio, non certo dediti alla politica nè per vocazione nè per professione.Il vero paragone dovrebbe perciò proporsi fra politici cattolici e politici non cattolici.Ma purtroppo pare che dei primi si siano perse le tracce.