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Martedì sera abbiamo titolato «speriamo che sia femmina». Avevamo chiuso il giornale prima che negli Usa chiudessero i seggi elettorali, quindi ignoravamo il risultato, né avevamo avvisaglie. «Speriamo che sia femmina» esprimeva sia un pronostico (che del resto era unanime tra sondaggisti e osservatori internazionali) sia un auspicio. Siamo stati delusi. L'America ha scelto Trump, fregandosene dei grandi giornali, degli intellettuali, degli artisti, degli attori di Hollywood, che tutti, compatti, da Robert De Niro, al New York Times, a Bernie Sanders e Bruce Springsteen, si erano schierati in modo rumoroso per Hillary e contro Trump.Dicono quasi tutti i commentatori che l'America ha scelto Trump, perché Trump è il nuovo.Sarà. A me la vera novità sembrava che una donna sfondasse il famoso tetto di cristallo (invisibile e infrangibile, ma che ha sempre impedito al genere femminile di salire ai piani alti del potere fino a conquistare la Casa Bianca). Gli americani invece hanno stabilito che la novità non fosse una donna presidente ma fosse quella di mandare al potere un miliardario, anche se molto discusso, sicuramente un po' rozzo, di scarsa esperienza politica, abbastanza reazionario.Nella storia recente degli Stati Uniti, altri miliardari avevano tentato la scalata, ma con scarso successo. Negli anni sessanta ci provò per tre volte Nelson Rockfeller, che corse per le primarie repubblicane da posizioni liberal, cioè di sinistra (tra l'altro era contro la guerra del Vietnam), ma fu sconfitto due volte da Richard Nixon e una da Barry Goldwater (poi riuscì a diventare governatore di New York e più tardi Gerald Ford lo nominò vicepresidente, ma solo per un paio d'anni). Negli anni novanta invece Ross Perot corse come indipendente, e prese pure parecchi voti (quasi il 20 per cento nel ?92 e quasi il 10 per cento nel ?96), mettendo in difficoltà i repubblicani e favorendo, anche se non volontariamente, l'ascesa di Clinton.Sembrava un capitolo chiuso. Invece Trump lo ha riaperto e clamorosamente, prima ha sbaragliato i Bush e il partito repubblicano, e infine, a sorpresa, travolgendo anche il partito democratico ed Hillary Clinton.Trump è un miliardario privo di passato politico. Ha un passato finanziario (non limpidissimo) e un passato televisivo (di successo). Ha vinto proponendo agli elettori poche idee ma chiare, e le ha strillate molto forte: guerra all'immigrazione, guerra al delitto e quindi mano dura, meno tasse per i ricchi, meno Stato. Ha puntato la sua strategia politica - con queste idee, e gettando fango, senza riguardi, addosso a tutto il potere politico, a Obama, a Hillary, a "Washington" - sulla conquista dei maschi bianchi, e in particolare sugli strati più poveri e meno istruiti dei maschi bianchi. Stanchi della crisi, sospettosi verso il potere politico, lividi (sia sul piano personale che su quello ideologico) per gli otto lunghi anni trascorsi in presenza di una casa Bianca guidata da un "negro". E desiderosi di revanche, di vendetta. Ha fatto centro. I maschi bianchi più poveri e meno istruiti, dicono gli esperti che hanno studiato il voto, lo hanno seguito in una percentuale superiore al 70 per cento - bulgara, si diceva una volta - e hanno stroncato ogni resistenza di Hillary.Si dice che sia stata Hillary a perdere le elezioni, perché è antipatica, è supponente, è fredda, perché è moglie di Bill, perché è avvocata, perché è establishment. Non credo che sia vero. Non ha perso Hillary, ha vinto Trump. E ha vinto perché l'America reazionaria si è dimostrata più grande e più forte dell'America moderna e progressista. New York, gran parte del New England, tutta la costa ovest, con la California, hanno visto il trionfo di Hillary. Ma l'America di mezzo e del Sud, l'immensa America di mezzo e del Sud - che quattro anni fa aveva oscillato di fronte al fascino di Obama - ha prevalso nettamente, ha dimostrato di essere più vasta, più forte più compatta.Quattro anni fa era andata in modo diverso perché Obama è più simpatico della Clinton? Non credo. penso che sia andata in modo diverso perché è cambiato il vento. La maggioranza dell'opinione pubblica, in Occidente, si è spostata su posizioni reazionarie e populiste. E' così in Gran Bretagna, dove i moderati sono stati sconfitti dalla Brexit. E' così in Francia, dove Le Pen pregusta una vittoria politica clamorosa. E così nell'Italia di Grillo e della Lega Nord. E in Austria, e nelle democrazie nord europee.La svolta americana non fa altro che mettere un suggello al trionfo del vento populista, e a dare una leadership riconosciuta a queste posizioni. Qui da noi, ieri, sia Salvini che Grillo - anche un po' battibeccando tra loro - si sono inchinati al nuovo Sire d'oltreoceano.Cosa cambierà, ora, in Occidente? Le previsioni sono difficili, L'impressione, però, è che ormai, sul piano culturale esistano solo due grandi campi. Quello dominato da Trump, e quello, assai più piccolo, dominato dalla figura carismatica e dai valori incarnati dal papa Francesco. Bisognerà capire se tra questi due campi sarà possibile aprire un dialogo o se invece si accentueranno le incompatibilità. Certo, al momento un dialogo sembra una strada assai impervia