«Non esistono veggenti in queste cose e nessuno può ragionevolmente sapere quando finirà precisamente la guerra in Ucraina. Ciò che è plausibile dire è che sarà una questione di settimane ancora, se non oltre, parlando esclusivamente del conflitto bellico: per i negoziati, se tutto va bene e il conflitto non degenera, i negoziati diplomatici i tempi si allungano ulteriormente...».

Giorgio Cella, docente all’università cattolica del Sacro cuore e collaboratore di Limes , da esperto di geopolitica preferisce affidarsi agli elementi concreti e alla forza dell’analisi per leggere l’evoluzione del conflitto in corso, senza per questo astenersi dal fare previsioni, sebbene sul breve medio termine.

Dopo oltre due mesi di invasione dell’Ucraina siamo allo stesso punto dell’inizio della crisi oppure il conflitto è cambiato?

È una guerra dai destini molto incerti perché da una parte ci sono gli ucraini, supportati almeno a livello di intelligence satellitare dagli Stati Uniti e forse da altre forze Nato, che si muovono agilmente che sferrano controffensive veloci, e dall’altra abbiamo la ciclopica macchina da guerra russa con tutte le falle venute a galla nelle ultime settimane

L’esercito russo le sembra in difficoltà?

Ne ha avute diverse i primi tempi, ora però si ha l'impressione che si stia lentamente avanzando e ricalibrandosi sia in termini di coordinamento interforze che di operazioni da quando è arrivato il nuovo generale Alexander Dvornikov, nominato sul campo da Vladimir Putin.

Il Cremlino sta ricalibrando anche i suoi obiettivi?

Inizialmente l’asticella delle aspettative fissata da Putin era molto alta, ma in quella strategia qualcosa evidentemente è andato storto. Basti pensare che nei primi giorni dell'invasione si era anche parlato addirittura della volontà di rimuovere il governo centrale di Kiev. Poi però hanno subito duri colpi sul terreno, sia in termine di perdite di uomini che di mezzi, come ad esempio l’affondamento della nave Moskva il 14 aprile o quello dell'Admiral Makarov avvenuto ieri sempre nel Mar nero. Penso anche ai generali russi rimasti uccisi, più di dieci. Sono ferite che richiedono tempo per essere rimarginate, per questo è difficile dire dove andrà il conflitto: Putin deve ottenere dei risultati concreti che comunque saranno ridotti rispetto agli obiettivi iniziali. Prevedere cosa può succedere in termini militari non è semplice, neanche nel Donbass abbiamo elementi che ci indicano l’evoluzione della guerra. Pare che abbiano preso Mariupol, vedremo se Putin si accontenterà di sventolare questa vittoria alla parata del nove maggio.

Putin sta cercando una strategia di uscita per rivendere l’operazione in Ucraina come un successo?

Non sono uso a formulare speculazioni del tutto ipotetiche come si è visto fare spesso in questo periodo. Limitiamoci ai fatti e ai dati reali con la conoscenza della storia e della geopolitica e della mentalità e modus operandi russe: di sicuro l’asticella degli obiettivi si è abbassata, detto questo però non si può escludere che i russi con il fattore tempo e avendo un esercito molto più grande rispetto a quello ucraino possano pian piano riprendere il controllo su cospicue parti del Donbass, ma anche in questo caso dobbiamo tenere conto dei danni che potranno produrre le controffensive di Kiev.

Lei ha citato l'eliminazione dei generali russi e l’affondamento delle navi, tutte operazioni che pare siano state facilitate dall’aiuto degli alleati occidentali, notoriamente gli Stati Uniti di Biden. Le sembra corretta la definizione di “guerra per procura”?

Di certo tra la Russia e l’Occidente è in atto uno scontro per l’estensione delle sfere di influenza in Eurasia, ma una cosa non esclude l’altra. Gli ucraini non stanno combattendo quindi esclusivamente “per conto” degli Stati Uniti, stanno difendendo le proprie città e i propri territori. In realtà siamo di fronte a una sovrapposizione di obiettivi, quelli di Kiev e quelli di Washington che in questa fase del conflitto e in quel quadrante geopolitico sono convergenti.

Vedendo i russi in difficoltà sul fronte ucraino Biden ha colto la palla al balzo?

Gli Stati Uniti hanno una politica apertamente dichiarata di contenimento dell’espansione russa, non dissimile a quella della Guerra fredda ma in un contesto ovviamente mutato, senza mai dimenticare la grande contrapposizione per l'egemonia di potenza mondiale con l'altra unica vera grande potenza cinese. Vogliono in sostanza indebolire, logorare e sfibrare l'esercito russo, la sua capacità offensiva, come ha spiegato il Segretario alla Difesa Loyd Austin all’ultima riunione della Nato a Ramstein in Germania. Questo approccio coincide con gli interessi di Kiev.

Ma coincide anche con quelli dell’Europa?

È tutto un altro discorso: quella che avrebbe dovuto essere la casa comune europea è attraversata da spaccature e divergenze ormai croniche. Nella prima fase della guerra queste divergenze sono state minime e il fronte europeo era relativamente compatto, poi, nel corso delle settimane le differenze stanno cominciando a venire alla luce. La questione dell’embargo energetico, e penso all’Ungheria di Orban e quella dell’invio di armi all’esercito ucraino sul lungo periodo potrebbero alimentare le divisioni. Penso a Francia e Germania che hanno a tratti tentato di frenare le iniziative sia militari che verbali di Biden ma anche di Boris Johnson. Come ai vecchi tempi la “relazione speciale” tra Washington e Londra tiene banco.

L’iniziativa anti- russa resta a trazione anglo- americana?

Certamente, anche se ci sono delle sponde, penso al Canada o al Giappone che fanno de resto anche temere un allargamento del conflitto che da internazionale- regionale, potrebbe diventare globale. Per ora queste dinamiche sono però in una fase embrionale.

La Cina potrebbe scendere in campo a fianco dei russi?

No, non siamo ancora a quel punto, dico che nello scenario attuale ci sono elementi potenzialmente forieri di un’estensione della guerra ad alti soggetti ma per il momento rimangono solo teorici e possono rimanere tali in una dimensione di deterrenza reciproca tra le potenze.

La guerra quindi durerà ancora a lungo?

Non lo sappiamo, dipende da fattori che non possiamo calcolare e che non possono prevedere neanche gli attori in campo. Come accennato di sicuro la guerra non finirà a breve visto che in questi due mesi non si è riusciti nemmeno a stabilire un cessate- il- fuoco di un’ora per sfollare i civili.

Un ipotetico successore di Putin seguirebbe la stessa linea muscolare che lo ha portato a invadere l’Ucraina?

È molto difficile dirlo, all’interno delle forze di sicurezza russe ci sono approcci molto diversi, alcuni possono sostenere una linea più morbida nei confronti dell’Occidente, altri hanno lo sguardo più rivolto a oriente, alla Cina. Bisognerebbe vedere la lista dei potenziali successori semmai ne esista una. Tra l’altro molte personalità di spicco della cerchia putiniana sono state messe da parte come l’ex capo dei servizi interni, marginalizzato durante i primi giorni di conflitto, o se pensiamo a Surkov. Non esiste una unicità di approcci, ci sono orientamenti in politica estera differenti anche al Cremlino.