Caro Direttore, raccolgo volentieri il Suo invito a spiegare perché tanta indignazione ha suscitato in questi giorni, non soltanto tra i colleghi, l’estemporanea proposta di un “daspo” per i commercialisti che certificano l’esistenza di crediti fiscali in realtà inesistenti ( affinché possano essere utilizzati dal contribuente in compensazione con i propri debiti per altri tributi).

Prima però va spiegato, a chi non è pratico della materia, di cosa si sta parlando e come oggi funziona.Consentire a imprese e cittadini di compensare i debiti verso l’Erario con i crediti che essi vantano nei confronti dell’Erario medesimo, per altre imposte, è un principio di elementare civiltà fiscale che nel nostro ordinamento è stato introdotto soltanto dalla fine degli anni ’ 90.Poiché purtroppo non sono pochi quelli che tendono ad abusare dei diritti, nel volgere di pochi anni il legislatore ha ritenuto opportuno porre dei paletti, finalizzati a dare “garanzia anticipata” circa l’effettiva esistenza di quei crediti, senza dover attendere l’esito di controlli che possono avvenire dopo molti mesi, per non dire alcuni anni.

Tra questi paletti, quello che il legislatore ha gradualmente esteso a tutti i principali crediti tributari, quando il credito supera la soglia di 5.000 euro, è stato quello della apposizione di un “visto di conformità”, a cura di un professionista abilitato, sulla dichiarazione fiscale da cui emerge il credito, pena l’inutilizzabilità del credito medesimo compensazione con i debiti tributari.

Lo scopo del “visto di conformità” è appunto che un professionista abilitato – nella stragrande maggioranza dei casi, un commercialista – certifichi in via preventiva l’effettiva esistenza del credito, dopo aver controllato la conformità delle risultanze della dichiarazione alla documentazione contabile e fiscale sottostante. Nell’affidare questo compito, il legislatore ha previsto stringenti responsabilità nel caso in cui un professionista rilasci un “visto di conformità” in assenza dei relativi presupposti.

Queste responsabilità si traducono nell’applicazione di sanzioni pecuniarie amministrative e, nei casi più gravi, come confermato di recente anche da alcune sentenze della Corte di Cassazione, anche nell’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art. 3 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 per le ipotesi di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”, con pene che vanno da 1,5 a 6 anni di reclusione.

Ovviamente, oltre ai procedimenti penali affidati alla magistratura ( e anche a prescindere dagli stessi), vi sono i procedimenti disciplinari interni affidati ai consigli di disciplina che, nei casi più gravi, possono portare alla radiazione del commercialista dall’Albo.

Una volta che si ha chiaro questo, si comprende agevolmente perché l’idea del “Daspo al commercialista” rappresenta uno slogan vuoto che, in modo offensivo e sgradevole definisce un quadro sanzionatorio che, come è logico che sia, è già previsto.

Se l’obiettivo di questo slogan vuoto è lasciare intendere che sino ad oggi non c’erano responsabilità e sanzioni per un professionista che certifica un credito fiscale, e quindi che fossero in molti a comportarsi male, e quindi che con questa “idea meravigliosa” si potranno cifrare in manovra finanziaria miliardi di euro di coperture finanziarie, ci permettiamo di esprimere la nostra preoccupazione come cittadini, prima che come professionisti, perché non è certo con trovate simili che potranno essere raggiunti gli ambiziosi obiettivi di gettito che la Nota di Aggiornamento al DEF pone con riguardo all’ancora misterioso pacchetto di norme di contrasto dell’evasione e delle frodi fiscali.

Abbiamo preso atto con piacere della veemente reazione di molti autorevoli esponenti politici, sia delle forze di opposizione che delle forze di maggioranza, che si sono associati a noi nel mettere a nudo l’inutilità pratica e la gratuità dispregiativa di questa trovata.

Così come abbiamo apprezzato l’espressa smentita che, a fronte di queste reazioni, è arrivata direttamente dal MEF. Teniamo però alta la guardia, perché si odono anche altre voci che non hanno evidentemente compreso ancora di cosa stanno parlando e speriamo vivamente siano, caro Direttore, tra i suoi lettori, di modo da poter avere da oggi le idee un po’ meno confuse.

* Presidente del Cndcec Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili