di Nuovo Orizzonte Giustizia*

Alcuni mesi fa dei colleghi di una Procura della Repubblica hanno registrato alcune conversazioni intrattenute col loro Procuratore, allo scopo di poter riscontrare - da anelli più deboli della catena giudiziaria - la veridicità di comportamenti ritenuti gravemente scorretti ed offensivi ai loro danni da parte del capo dell'ufficio. Quest'ultimo è stato poi allontanato a seguito dell'applicazione di una misura cautelare disciplinare - richiesta dal Ministro della Giustizia - proprio per i fatti denunciati. Ebbene, i colleghi di cui sopra sono stati destinatari di un'incolpazione disciplinare per il solo fatto di avere registrato quei colloqui. Altri magistrati hanno posto in essere plurime condotte di varia natura ispirate ad una logica spartitoria di incarichi direttivi e semi-direttivi. Costoro, invece, come recentemente stigmatizzato su diversi organi di stampa, non hanno ricevuto alcuna incolpazione disciplinare. Non intendiamo dare giudizi sommari sugli uni e sugli altri. Di certo, queste notizie disorientano profondamente tanti magistrati che mai sono stati sfiorati da alcuno scandalo e che auspicano un obiettivo minimo ed irrinunciabile: la prevedibilità delle decisioni degli organi titolari dell'azione disciplinare. Le eventuali responsabilità si accerteranno nei processi. Purché gli stessi vengano celebrati. O che, comunque, siano resi noti - dato il delicatissimo momento storico in cui versa la magistratura - i motivi per i quali si è ritenuto di non celebrarli. E' evidente che non contestiamo il potere del procuratore generale presso la Corte di cassazione di c.d. auto-cestinazione in quanto tale, ma la coltre di fumo innalzata dalla non ostensione degli atti, che non consente di comprendere le motivazioni sottese al mancato esercizio dell'azione disciplinare in casi che appaiono dall'esterno particolarmente eclatanti, alimentando dubbi sulla effettiva imparzialità dei titolari dell'azione disciplinare. Dubbi che, al contrario, vanno dissipati nell'interesse dell'intera magistratura. L'eventuale esistenza di ostacoli normativi all'ostensione dei provvedimenti di auto-archiviazione relativi alle vicende emerse dalle chat di Palamara non può essere un alibi per eludere l'adempimento di un obbligo di trasparenza nei confronti di tutti i magistrati italiani. D'altra parte, fu questa logica che ispirò la conferenza stampa del 25 giugno 2020 della Procura Generale della Cassazione, in cui vennero resero noti i criteri di valutazione in sede disciplinare di quelle chat. Ed è pertanto su questa strada che chiediamo si faccia chiarezza. Immediatamente. Rendendo note le scelte effettuate, nelle forme che si riterranno opportune, per consentire a tutti i magistrati, nonché ai cittadini - in nome dei quali è amministrata la giustizia - di valutarne la coerenza ed allontanare lo spettro di una magistratura autoreferenziale e refrattaria ad un autentico rinnovamento. (*associazione di magistrati)