Premierato: a che punto siamo? Ne parliamo con il senatore dem Dario Parrini, vicepresidente della commissione Affari costituzionali.

Senatore Parrini, la senatrice a vita Liliana Segre si è espressa contro il premierato e il Pd ha subito fatto proprie le sue parole: in cosa vi ritrovate appieno?

All’inizio del mio intervento in discussione generale ieri ho richiamato una parte precisa dell’intervento della senatrice, cioè quella nella quale ha esortato maggioranza e governo a evitare prove di forza, sperimentazioni temerarie e scelte avventurose. Nel ddl 935, come uscito dalla commissione e ora all’esame dell’Aula, ci sono entrambe. Aver rifiutato qualsiasi dialogo vero con l’opposizione indica, da parte della maggioranza, la volontà di procedere unilateralmente nelle modifiche alla Costituzione, scelta di per sé sbagliata.

Quali sono queste “scelte avventurose”?

Quelle riguardanti lo squilibrio di poteri più grave di quello che c'è nei sistemi presidenziali e semipresidenziali, mentre le sperimentazioni temerarie sono quelle più volte denunciate anche sulle vostre colonne: cioè dar vita a un sistema istituzionale che fa dell'Italia l’unica democrazia al mondo in cui convivono un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento e un premier eletto dal popolo, in cui il Parlamento è oggetto di un’elezione non autonoma ma subordinata a quella di una carica monocratica esecutiva, e in cui si formalizza la dipendenza e la subalternità del legislativa all’esecutivo.

Non pensa, come crede la maggioranza, che la riforma porterà a una maggiore stabilità dei governi?

Nelle democrazia di solito i due poteri, esecutivo e legislativo, o sono gerarchizzati e prevale il legislativo, nella forme di governo parlamentari, oppure sono indipendenti su un piede di parità come nelle forme di governo presidenziali. In nessun paese il legislativo è per costituzione subordinato al potere esecutivo.

Meloni dice che non riguarda né lei né il presidente Mattarella, visto che eventualmente entrerà in vigore nella prossima legislatura...

Nessuno ne fa un caso personale, ma le riforme si fanno perché durino tanto tempo e i nostri giudizi valgono a prescindere da chi sarà la persona che starà a palazzo Chigi. Se, come avvenuto, non si ha la minima voglia di bilanciare l’elezione diretta del capo del governo con contrappesi adeguati ( per esempio l’aumento dei quorum per eleggere il presidente della Repubblica, i presidenti delle Camere o per modificare dei regolamenti, ma anche limiti costituzionali più rigorosi per contrastare l’abuso attuale della decretazione d’urgenza, o anche la possibilità per i parlamentari di minoranza di adire direttamente alla Corte costituzionale), è evidente che si crea un sistema di capocrazia che ha un significato preciso.

Quale?

Il capo del governo che ha vinto l’elezione popolare per la Presidenza del consiglio e che magari l’ha vinta a minoranza, visto che non abbiamo messo in Costituzione che serve la maggioranza assoluta per diventare premier, in un colpo solo si prende: palazzo Chigi; la maggioranza assoluta in Parlamento, perché l’elezione parlamentare è uno strascico di quella premierale, e per di più di un Parlamento eletto con liste bloccate e quindi formato da deputati e senatori ligi ai voleri del capo; il Quirinale, se l’elezione presidenziale cade durante il mandato del premier; e grazie a una forza parlamentare molto grande può ipotecare le quote di elezione parlamentare degli organi di garanzia, come Csm e Corte costituzionale. Questo è un fatto, non un'opinione.

Per qualche tempo si è parlato anche di un sistema presidenziale o semipresidenziale: che ne pensa?

Penso che questo sia un sistema molto più squilibrato dal punto di vista della distribuzione dei poteri rispetto a un sistema presidenziale o semipresidenziale, che pure sarebbero scelte sbagliate. Per come l’hanno concepita Meloni e Casellati, dal punto di vista dello sbilanciamento dei poteri costituzionali questa proposta è largamente peggiore.

Un altro punto spesso richiamato dalla maggioranza è che l'elezione diretta funziona già per i Comuni e le Regioni: come replica?

Questo è un argomento paurosamente debole e infondato. Le istituzioni centrali e quelle territoriali sono molto diverse tra loro per poteri, competenze e status costituzionale. Il Parlamento non è un consiglio comunale e nemmeno regionale. Innanzitutto non ha alcun ente sopra di sè, poi può modificare la Costituzione ed elegge un terzo dei membri della Consulta.

Crede ci sia ancora spazio per il dialogo?

Noi abbiamo fatto proposte molto serie, che si imperniano su tre cardini: la prima, una razionalizzazione della forma di governo parlamentare modellata sul sistema tedesco, a partire dalla sfiducia costruttiva; la seconda, un rafforzamento dei contrappesi al potere esecutivo, di cui sopra; e infine l’ampliamento delle funzioni del Parlamento in seduta comune, dandogli potere di riunirsi e votare sulle questioni più importanti, dai voti di fiducia alla legge di bilancio. Si possono avere governi più stabili, come è necessario, senza distruggere la forma di governo parlamentare e senza svuotare di poteri la Presidenza della Repubblica.