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“Non dubito delle buone intenzioni della cara amica Elisabetta Casellati, ma poiché a mio giudizio il ddl Costituzionale proposto dal governo” sul premierato “presenta vari aspetti allarmanti, io non posso e non voglio tacere”. Lo ha detto in Aula di palazzo Madama la senatrice a vita Liliana Segre.
“Continuo a ritenere che riformare la Costituzione non sia una vera necessità del nostro Paese. E le drastiche bocciature che gli elettori espressero nei referendum costituzionali del 2006 e del 2016 lasciano supporre che il mio convincimento non sia poi così singolare. Continuo anche a ritenere che occorrerebbe impegnarsi per attuare la Costituzione esistente. E innanzitutto per rispettarla”, ha scandito in Aula la senatrice a vita. “Confesso, ad esempio, che mi stupisce che gli eletti dal popolo - di ogni colore - non reagiscano al sistematico e inveterato abuso della potestà legislativa da parte dei governi, in casi che non hanno nulla di straordinariamente necessario e urgente. Ed a maggior ragione mi colpisce il fatto che oggi, di fronte alla palese mortificazione del potere legislativo, si proponga invece di riformare la Carta per rafforzare il già debordante potere esecutivo. In ogni caso, se proprio si vuole riformare, occorre farlo con estrema attenzione. Il legislatore che si fa costituente è chiamato a cimentarsi in un'impresa ardua: elevarsi, librarsi al di sopra di tutto ciò che - per usare le parole del Leopardi - 'dall'ultimo orizzonte il guardo esclude'. Sollevarsi dunque idealmente tanto in alto da perdere di vista l'equilibrio politico dell'oggi, le convenienze, le discipline di partito, tutto ciò che sta nella realtà contingente, per tentare di scrutare quell''Infinito nel quale devono collocarsi le Costituzioni. Solo da quest'altezza si potrà vedere come meglio garantire una convivenza libera e sicura ai cittadini di domani, anche in scenari ignoti e imprevedibili. Dunque occorrono, non prove di forza o sperimentazioni temerarie, ma generosità, lungimiranza, grande cultura costituzionale e rispetto scrupoloso del principio di precauzione”.
Per Segre “il tentativo di forzare un sistema di democrazia parlamentare introducendo l'elezione diretta del capo del governo, che è tipica dei sistemi presidenziali, comporta, a mio avviso, due rischi opposti. Il primo è quello di produrre una stabilità fittizia, nella quale un presidente del consiglio cementato dall'elezione diretta deve convivere con un parlamento riottoso, in un clima di conflittualità istituzionale senza uscita. Il secondo è il rischio di produrre un'abnorme lesione della rappresentatività del parlamento, ove si pretenda di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del Presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale”.
“Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan 'scegliete voi il capo del governo!'. Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate”, ha incalzato la senatrice a vita. Con la riforma costituzionale sul premierato il rischio è che "tutto", dalla scelta del Capo dello Stato fino al “controllo della Corte Costituzionale e degli altri organismi di garanzia”, finisca “sotto il dominio assoluto di un capo del governo dotato di fatto di un potere di vita e di morte sul Parlamento”.