La rielezione alla carica di presidente dell’Ecuador di Daniel Noboa accende i riflettori su un Paese che intende rafforzare i rapporti con gli Stati Uniti con un obiettivo chiaro: contrastare l’immigrazione clandestina e il traffico di droga. «Non vanno neppure trascurati – dice al Dubbio l’ambasciatore d’Italia in Ecuador, Giovanni Davoli, da poco più di un anno a Quito – le collaborazioni tra l’Ecuador e l’Europa, a partire dalla lotta al traffico internazionale di stupefacenti».

Ambasciatore Davoli, con la vittoria alle presidenziali di Daniel Noboa assisteremo ad una politica tutta basata sul motto “legge e ordine”?

La riconferma di Noboa è un segnale incoraggiante per l'Ecuador rispetto ai programmi elettorali presentati alla popolazione. Noboa, già nell’anno e mezzo in cui ha governato, ha avuto il merito di affrontare in maniera concreta la questione del crimine organizzato. È stato forse il primo e per certi versi l’unico politico ecuadoriano che ha usato un linguaggio molto chiaro sul fatto che qui il crimine organizzato esiste. Parliamo di una mafia molto pericolosa, che semina terrore in alcune zone del Paese e che si è infiltrata anche nelle istituzioni pubbliche. Noboa, e questo credo sia stato un suo grande merito, ha avuto il coraggio di portare avanti il discorso della lotta al crimine e di rompere in un certo senso un tabù. Come sappiamo noi in Italia, nella nostra esperienza di lotta alla mafia, si inizia sempre rompendo il tabù parlandone.

L’altra candidata alla presidenza, Luisa González, ha contestato l’esito del voto e ha a lungo esitato nel riconoscere le vittoria del suo avversario?

Si tratta di una presa di posizione di cui dispiacersi e che ha colto di sorpresa l’Unione europea, presente con una importante missione di osservazione elettorale. Non è stata riscontrata nessuna irregolarità, così come non è stata portata finora nessuna prova della presunta frode elettorale. Possiamo quindi affermare che ci sono state elezioni libere nel rispetto dei principi democratici. Certo, alcuni meccanismi vanno migliorati in futuro. Il risultato elettorale in sé, comunque, non è in discussione. Oltre all’Unione europea, anche il nostro Presidente della Repubblica si è congratulato per la vittoria elettorale di Noboa.

Donald Trump vede di buon occhio il presidente dell’Ecuador?

Insieme al presidente argentino Milei, Noboa è stato l’unico leader sudamericano che ha partecipato all’insediamento di Trump alla Casa Bianca a gennaio. Poche settimane fa, inoltre, c’è stato un incontro in Florida tra Trump e Noboa. Non dimentichiamo che c’è un’amicizia tra le famiglie Noboa e Kennedy. L’attuale ministro della Salute di Trump, Robert Kennedy Jr., è stato padrino di battesimo del fratello di Daniel Noboa.

Il presidente degli Stati Uniti rivolgerà sempre più attenzione al Sudamerica, non solo per questioni legate alla lotta alla criminalità e all’immigrazione illegale? Vorrà diffondere il “trumpismo” in questa parte del continente?

Dal mio attuale osservatorio non sono in grado di dare un’interpretazione dell’atteggiamento dell’amministrazione americana. Quello che posso dire di sicuro è che l’Ecuador è un Paese che pone l’esigenza di una sfida globale, a partire dagli Stati Uniti e dall’Europa, al traffico di stupefacenti. La stragrande maggioranza del traffico di cocaina mondiale passa dall’Ecuador. Emerge quindi una chiara questione di sicurezza. Per l’Occidente si tratta di un fattore destabilizzante, se pensiamo che da qui passa il 72% della cocaina mondiale. È nostro interesse, dunque, occuparci di questo Paese e di sostenere le politiche del presidente Noboa di contrasto al crimine organizzato.

L’esigenza di contrastare il traffico internazionale di cocaina ha portato alla creazione in Ecuador di una missione di magistrati europei, italiani compresi. Di cosa si tratta?

Esiste un programma di diplomazia giuridica italiana, denominato ItaJus e diretto da un pubblico ministero italiano, con lo scopo di portare l’expertise del nostro Paese in materia di lotta alla mafia. Il lavoro di ItaJus è molto apprezzato dalle autorità locali, grazie alla cooperazione con tutte le principali istituzioni nazionali, a partire dal governo, passando per il Consiglio della magistratura, l’Alta Corte di giustizia e l’Unità anticorruzione. Sono coinvolte pure istituzioni private, le associazioni degli imprenditori e le Università chiedono un confronto costante.

Papa Francesco è morto. Com’è stata la reazione dei cittadini dell’Ecuador?

La scomparsa di Papa Francesco ha destato tristezza e commozione. Il Papa è una figura molto ammirata in Sudamerica, per di più Bergoglio proveniva da questa parte del continente americano. Il Sudamerica ha una forte religiosità. Vedremo succederà nelle prossime settimane. La popolazione dell’Ecuador si identifica molto con il cattolicesimo romano. Il Sudamerica perde un punto di riferimento. Bergoglio rappresentava un motivo di grande orgoglio per la popolazione sudamericana. Nello stesso tempo la sua era anche una figura un po' divisiva. Questo è un continente attraversato da grandi contrapposizioni ideologiche.