Lorenzo Pregliasco, fondatore di Youtrend ed esperto di sondaggi e flussi elettorali, analizza il voto del referendum parlando di errori del centrosinistra nel politicizzare i quesiti, spiega che il governo ne esce rafforzato e che le opposizioni dovranno ancora lavorare molto per creare un’alternativa al centrodestra.

Pregliasco, la sconfitta al referendum è stato un incidente di percorso per il campo largo o la pietra tombale sul progetto di alleanza in vista delle Politiche del 2027?

Credo si possa parlare di incidente di percorso perché non c’è mai nulla di definitivo, ma è chiaro che era un passaggio importante il quale tuttavia conteneva delle divisioni sulle risposte ai quesiti rispetto alla coalizione. Ricordiamoci che c’erano almeno tre linee nel campo largo sui cinque quesiti e credo che la politicizzazione della campagna nell’ultima parte non abbia aiutato ma al contrario abbia finto con l’escludere una parte di elettorato potenziale di questi referendum.

Il quesito sulla cittadinanza ha ottenuto molti più no rispetto a quelli sul lavoro: “colpa” del M5S che ha dato libertà di voto?

È presto per dare una percentuale sulla cittadinanza ma di certo i no sono molto più numerosi sul quinto quesito rispetto agli altri. Su questo risultato incide in parte la scelta del Movimento 5 Stelle, in parte il fatto che era un tema da voto di opinione e non militante o mobilitato e organizzato come i primi quattro quesiti sul lavoro, sui quali ha inciso la capacità di mobilitazione della Cgil. E comunque l’immigrazione è un tema più divisivo a sinistra, e questo è un fattore che ha una sua valenza.

Un dato che salta all’occhio è il divario tra grandi e piccole città: è la solita frattura città/ campagna?

C’è in effetti un grande divario tra grandi e piccole città, quasi dieci punti di scarto nell’affluenza a favore delle grandi città rispetto ai piccoli centri e anche nell’esito, con un elemento interessante e cioè che nelle zone centrali delle grandi città, ad esempio la circoscrizione 1 di Milano e Torino, i sì alla cittadinanza sono l’ 80% e sono anche superiore ai Sì ai quesiti sul lavoro. Questo significa che c’è un fattore “Ztl” molto importante.

Renzi e Calenda non hanno condiviso la linea del campo largo sui quesiti sul lavoro ma ora danno ricette opposte: continuare con l’alleanza, il primo; puntare al centro, il secondo: quale visione prevarrà?

Sia Renzi che Calenda hanno votato e dato indicazione di voto. Non so dire quale visione prevarrà ma è chiaro che questo risultato dice che dentro al campo largo la visione riformista, moderata e centrista, quella dei quattro no e un sì, è minoritaria. E questo è un elemento che va considerato.

Il governo Meloni uscirà rafforzato da questo voto, come vanno dicendo molti esponenti della maggioranza?

Credo che Meloni sia contenta di questo 30% di affluenza, perché ha di fatto superato anche questo ostacolo potenziale e quindi credo che si possa dire che esca rafforzata. Nessuno immaginava il quorum ma diciamo che un 35% avrebbe dato forse un segnale di maggiore vitalità delle opposizioni. Questo 30%, che poi vedremo quanto sarà con i dati dall’estero e considerato che dietro al referendum c’era tutta l’opposizione politica più la Cgil e la Uil, è un dato tutt’altro che brillante. Poi certo non sono poche persone perché parliamo di circa 15 milioni di cittadini in assoluto, però non è un risultato particolarmente positivo per le opposizioni.