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PIERO FASSINO (PD)
Onorevole Fassino, lei andrà sia alla manifestazioni di Roma pro- Gaza sia a quella di Milano dove ci saranno sia bandiere israeliane che palestinesi: perché?
Chiedono il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi, la rimozione di ogni ostacolo all’inoltro degli aiuti umanitari e l’avvio di un percorso politico per dare una soluzione di pace fondata sul principio “due popoli, due stati”. Poi la piattaforma di Roma aggiunge alcune richieste di natura sanzionatoria nei confronti del governo di Israele ed è meno esplicita nell’esclusione di Hamas da qualsiasi soluzione sul futuro di Gaza, mentre in quella di Milano questi due punti sono espliciti.
La piattaforma di Milano è favorevole a sanzioni individuali verso chi si è reso responsabile di crimini o comunque di discorsi di odio come i ministri estremisti del governo Netanyahu o chi organizza le aggressioni dei coloni ai villaggi palestinesi, mentre si ritengono pericolose sanzioni indiscriminate verso l’intera.
Quale?
Nella piattaforma di Milano si insiste molto sul fatto che una volta acquisiti l’accordo per una tregua, la liberazione degli ostaggi e l’arrivo degli aiuti umanitari, si debba giungere a una fase politica in cui l’amministrazione di Gaza sia indipendente e libera, collegata all’ANP, ma senza alcun coinvolgimento di Hamas.
Sulla questione delle sanzioni ci sono visioni molto diverse, c’è chi vorrebbe anche sospendere gli accordi con le università israeliane… Io penso che la richiesta di sospendere l’accordo Ue- Israele non sia condivisibile perché vuol dire colpire l’intero paese e l’intera società israeliana, metà della quale non solo non condivide quel che fa Netanyahu, ma lo combatte ogni giorno. Sarebbe paradossale colpire anche coloro che si battono per la pace. Così come proporre il boicottaggio delle università israeliane e’ privo di senso, perché se c’è un settore della società israeliana schierato fortemente contro Netanyahu è proprio il mondo universitario.
Le due manifestazioni sono complementari, eppure sono due e quindi non si è riusciti a trovare una piattaforma comune: perché?
È un bene che ci siano queste manifestazioni che danno voce a un sentimento di angoscia largamente diffuso nell’opinione pubblica italiana di fronte alla devastazione di Gaza. Peraltro la convergenza sarebbe stato possibile, visto che alla Camera dei Deputati PD e 5S si sono astenuti sulle risoluzioni di Azione e Italia Viva, non considerandole opposte o alternative alla propria risoluzione. Che non si sia riusciti a convergere su un unico testo indica indica che c’è da lavorare ancora molto per costruire una unica piattaforma di politica estera, in cui possano ritrovarsi tutte le forze progressiste. Non è un aspetto banale perché la politica estera di un Paese ne connota il profilo e la sua collocazione internazionale. E questo vale anche per ogni forza politica, che deve rendere chiaro come pensa la collocazione internazionale dell’Italia.
Il Pd ha una linea unitaria in politica estera?
Sull’Ucraina il Pd è unito e non ci sono questioni nel sostenere Kiev nella sua resistenza alla aggressione russa. E anche sul Medio Oriente il PD è unito. Ciò che non ha consentito di arrivare a un’unica manifestazione è il fatto che quella di Roma coinvolge anche M5S e Avs, che non hanno dato disponibilità ad una integrazione della piattaforma. Me ne rammarico, ma proprio perché bisogna lavorare per realizzare convergenza e sintesi unitaria, io e altri esponenti del Pd saremo presenti a Milano e a Roma.
Dunque il Pd deve continuare a essere «testardamente unitario», come dice la segretaria Schlein?
Se noi guardiamo alla bella vittoria della Salis a Genova, ma anche alle elezioni vincenti degli scorsi mesi, emerge che centrosinistra vince quando si presenta plurale e inclusivo, senza pregiudizi verso nessuno. Bisogna continuare a lavorare in questa chiave, costruendo coalizioni larghe, tenendo conto di una ovvietà che però spesso si dimentica.
Cio
è?Una coalizione è costituita da una pluralità di soggetti e non si può pretendere che tutti abbiano identità di vedute su ogni questione, altrimenti sarebbe un unico partito. In una coalizione si devono cercare elementi di sintesi, consapevoli che costruire la convergenza a livello nazionale è di certo più complesso che a livello locale, perché ci sono dei temi, come appunto la politica estera, sui quali la posizione non può che essere una e una sola. L’unica soluzione è mettersi intorno a un tavolo, ragionare e discutere e costruire sintesi in cui una maggioranza di italiani possa riconoscersi.