Ventitre anni fa il ' ribaltone' organizzato da Massimo D'Alema, segretario dell'allora Pds, e Rocco Buttiglione, segretario del Ppi erede della Dc, con il capo della Lega Umberto Bossi spodestò Berlusconi dopo appena 9 mesi di governo. Nelle ultime settimane quell'episodio, che indirizzò tutta la lunga fase successiva, è stato spesso ricordato per segnalare le differenze con la nascita del governo Conte bis.

Sono differenze reali. Allora, infatti, era in vigore un sistema elettorale misto per ¾ maggioritario. I parlamentari della Lega erano dunque stati eletti con i voti degli elettori di Fi, del cui partito provocavano ora la caduta dai palazzi del governo. Ora è invece in vigore una legge sempre mista ma nella quale prevale l'aspetto proporzionale: dunque le alleanze postelettorali sono considerate necessarie sin dall'inizio.

Anche nella quota maggioritaria, inoltre, Lega e M5S non si erano presentate insieme, a differenza del 1994. Dunque nessun elettore può sentirsi defraudato del proprio voto. Costituzionalmente questa maggioranza è impeccabile, ma in realtà lo era anche quella che, dopo il ribaltone, diede vita al governo Dini. In termini di correttezza, però, non c'è dubbio che la nascita della maggioranza M5S- Pd_ LeU sia molto meno discutibile di quella che sostenne Dini.

Ma se le differenze sono reali, lo sono anche le somiglianze, sulle quali invece i partiti della nuova maggioranza ' giallorossa' con relativa tifoseria invece abitualmente glissano. In entrambi i casi, infatti, si tratta di maggioranze parlamentari che sanno di non rappresentare la maggioranza del corpo elettorale e di avvalersi, pur con totale legittimità, delle regole costituzionali per aggirare il problemino.

La ' consapevolezza' di questo dato però è ben diversa, o almeno produce effetti assai differenti. Nel 1994, infatti, i vertici del Pds avevano ben presente le dimensioni della forzatura. La nuova maggioranza aveva una funzione esplicita di decantazione ( durò infatti un anno), si proponeva obiettivi limitati prima del ritorno alle urne ( in particolare la riforma delle pensioni) e ancora prima di mettere in opera la manovra parlamentare D'Alema aveva messo le basi per la coalizione con la quale presentarsi alle elezioni ( l'Ulivo di Prodi).

Nessuno fingeva che si potesse governare a lungo un Paese, e con programmi ambiziosi, senza poter contare sulla effettiva maggioranza degli elettori. Stavolta il quadro è opposto. I vertici del Pd e dell'M5S sembrano convinti di poter ignorare per anni quello scarto tra maggioranza parlamentare e popolare, nella convinzione, anche questa ripetuta migliaia di volte in queste settimane, che ' lontano dal potere Salvini si sgonfierà'.

E' un gioco pericoloso, e lo scorso weekend lo ha plasticamente dimostrato. Da un lato, a Pontida, Salvini ha iniziato a giocare la carta della ' maggioranza tradita' e defrau-data del suo potere di scelta. Dall'altro i partiti di maggioranza hanno aperto il dialogo per riprodurre nelle elezioni regionali la stessa ambiguità che grava sul governo centrale.

Si preparano cioè a un'alleanza a partire dall'Umbria, che sarà ancora una volta imposta dalla necessità di fronteggiare Salvini più che dalla ricerca di un vero terreno comune. In questo disegno che divide il quadro politico in assediati e assedianti c'è un elemento ulteriore che aggrava la fragilità del sistema stesso: tra gli assedianti, all'opposizione, ci sono le regioni guida del Paese, quelle più ricche e sviluppate, quelle che, di solito, si trovano nelle stanze del potere e non a fianco della piazza urlante.

Proprio la superficialità con cui questa viene considerata dai partiti di maggioranza divarica-zione rispetto al Paese reale e alle sue aree più sviluppate, che alla lunga è inevitabilmente destinata a esplodere è l'elemento oggi più allarmante. La sola strategia in campo per recuperare quello stacco, infatti, sembra essere quella di durare il più a lungo possibile, ottica appunto tipica di chi è sotto assedio perché così, col tempo, ' Salvini si sgonfierà'.

In effetti mai come in questi giorni è stata ripetuta ovunque la celebre frase di Andreotti: ' Il potere logora chi non ce l'ha'. E' un luogo comune. In realtà negli ultimi trent'anni il potere, in termini di consenso, ha logorato proprio chi lo deteneva. Dal 1996 in poi nessuna coalizione di governo ha vinto le elezioni successive e l'unica che potesse vantare un ampio consenso almeno nei sondaggi era proprio quella M5S- Lega, che però si proponeva, grazie a qualche spericolato gioco di prestigio, più come opposizione all'establishment che come alleanza di governo.

Ma la differenza essenziale è un'altra: Andreotti parlava con alle spalle un partito di assoluta maggioranza relativa e coalizioni centriste variegate ma sempre maggioritarie nel Paese. Non dal basso di due forze di minoranza cementate dalla reciproca debolezza.