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Non puoi iniziare una discussione sui temi del momento, dal referendum alle elezioni Usa, che qualcuno se ne esce così: «Va beh, ma non è simpatica, non è simpatico». Nello specifico si protesta perché Hillary Clinton sarebbe antipatica, oppure si decide di votare no al referendum perché Matteo Renzi non sprizza simpatia da tutti i pori. Inutile, in queste animate discussioni, provare a chiedere: «Ma hai letto il programma della Clinton, hai letto la riforma costituzionale che si vota il 4 dicembre? ». A questo quesito, un tempo scontato, si oppone un'espressione incredula, quasi scandalizzata, e si ribadisce il proprio giudizio sul carattere più o meno divertente della persona. Lo stesso vale per la parte avversa: guai a provare a chiedere a chi vota sì perché non condivide i ragionamenti di Massimo D'Alema, la fiera risposta è sempre la stessa: è antipatico. In questo caso poi con l'aggravante che l'antipatia dura da tempo, senza pentimenti o tentennamenti. È esibita con inossidabile orgoglio.«Bisogna tornare a essere simpatici», ha urlato Oscar Farinetti dal palco della Leopolda invitando Renzi e i renziani a una inversione di rotta. Ma se uno antipatico come il manager di Eataly si mette a dare lezioni di simpatia ai politici, vuole dire che qualcosa proprio non va. La simpatia, al pari dell'onestà intesa come valore supremo e avulso dal contesto, rischia di diventare l'unica cifra della politica. Non si discute se Clinton sia meglio di Trump e perché, ma quanto il secondo riesca a suscitare l'entusiasmo divertito delle masse. Non ci si chiede chi farà meglio, che cosa sarà meglio ma si consulta il bollettino delle barzellette raccontate o delle battute fatte.Certo il problema, soprattutto a sinistra, esiste. Qualche anno fa - lo ricordava anche ieri sul Corsera Pigi Battista parlando della cattiveria - Luca Ricolfi scrisse un j'accuse molto duro: "Perché siamo antipatici". La sinistra storicamente si è sentita superiore e ha avuto un atteggiamento da prima della classe che alla lunga ha stufato. Ma quando c'erano Togliatti, De Gasperi etc etc, quando i padri costitutenti oggi tanto citati, portavano l'Italia fuori dal fascismo, di simpatia ce ne era ben poca. Anche il popolo sovrano non ragionava pensando alla gradevolezza del politico, ma sperava che quel politico potesse con il suo operato garantire democrazia e benessere per tutti. Oggi invece il consenso sembra passare non dalla capacità di governare, ma di essere appunto simpatici.Se un tempo questa categoria poteva avere il valore di criticare la spocchia di certa classe politica, oggi viene il sospetto che sia l'ennesima resa al populismo. Non conta che Trump voglia tagliare le tasse ai ricchi per dare ai ricchi, non conta che voglia costruire un muro per impedire ai migranti di arrivare negli Usa. No, questo per una parte della sinistra filo simpatia conta poco. Clinton non piace, "se la tira", e per questo viene giudicata o il male minore o addirittura non votabile.Fatto salvo che è sempre meglio uscire a cena con un politico simpatico (raccontano che Berlusconi sia per esempio una persona molto gentile e divertente, per nulla spocchiosa), coloro che ci rappresentano nelle istituzioni andrebbero giudicati per quello che dicono e per quello che fanno. La connessione con il popolo di gramsciana memoria va riattivata, ma facendo leva su meccanismi più complessi che non l'apparire più o meno in un modo. È uno sforzo che questa volta dobbiamo fare anche noi elettori imparando ad apprezzare quei politici che non fanno di tutto per strizzare l'occhio al cittadino, ma che si impegnano perché il Paese migliori.