L'intervento di Mariano Bella (Direttore Ufficio Studi Confcommercio) e Vincenzo De Luca (Direttore Settore Fiscale Confcommercio).Anche gli ultimi dati dell'Istat confermano la presenza di vecchi problemi nel nostro sistema economico. La produttività totale dei fattori non cresce a sufficienza. Magari fatichiamo tanto nel lavoro quotidiano, ma il risultato è modesto, con pessimi riflessi sul versante del benessere economico personale. È un discorso per nulla astratto. Pensatelo così: se avessimo aperto la nostra piccola azienda manifatturiera, il nostro negozio di scarpe sportive o il nostro studio legale venti anni fa in Germania, tanto per fare un esempio, mediamente oggi avremmo un reddito del 26% superiore a quello di cui effettivamente disponiamo (per non parlare del maggior risparmio accumulato nel frattempo). Le ragioni di questo stato di cose risiedono nei noti difetti strutturali che affliggono l'Italia, tra cui gli eccessi di burocrazia e fiscalità. Bisogna convenire, inoltre, che la taglia media delle unità produttive è troppo ridotta per sfruttare quelle economie di scala che in un contesto di crescente globalizzazione appaiono decisive per un adeguato successo economico. Ciò vale per le imprese: in quelle micro (1-9 addetti) in Germania è occupato il 18,7% dei lavoratori, in Italia il 45,7%. Lo stesso però si deve riconoscere per il sistema dei servizi professionali. Nel caso degli avvocati, sovente ascoltiamo critiche all'eccessiva numerosità dei professionisti mentre il tema, ci pare, non è la quantità, ma le caratteristiche dimensionali delle organizzazioni che producono tali servizi mettendo assieme una pluralità di specializzazioni individuali.Nell'ambito delle strategie volte alla crescita dimensionale delle unità produttive, negli ultimi anni la controparte istituzionale ha battuto qualche colpo.Una prima citazione merita l'introduzione, nel 2012, dell'Aiuto alla Crescita Economica. Consisteva nel riequilibrare il trattamento fiscale tra le imprese che si finanziano con debito (i cui interessi sono deducibili) e quelle che si finanziano con capitale proprio mediante una riduzione dell'imposizione sui redditi di queste ultime. Peccato che l'Ace si rivolga alle società già strutturate, mentre imprese e professionisti che non hanno una separazione tra patrimonio dell'organizzazione e patrimonio personale non ne possono fruire.Un secondo provvedimento utile è l'Iri, l'Imposta sul Reddito d'Impresa che, oltre a rendere neutra la tassazione rispetto alla forma giuridica dell'impresa, favorisce la capitalizzazione delle piccole imprese non costituite sotto forma di società di capitali. Infatti, il reddito che l'imprenditore lascerà in azienda, invece di essere assoggettato ad aliquota progressiva Irpef, verrà tassato ad aliquota proporzionale, pari a quella prevista per le società di capitali, ossia al 24%, a seguito della riduzione di 3,5 punti percentuali dell'Ires operata dalla scorsa legge di stabilità.La scommessa è che molte imprese in contabilità semplificata saranno invogliate a passare alla contabilità ordinaria, un primo passo verso un'organizzazione più efficace e trasparente dei processi produttivi, presupposto per lo sviluppo della scala di produzione (che, poi, dipende certo da ben altri fattori economico-finanziari).Un'altra novità riguarda i professionisti non regolamentati, quelli che versano alla famigerata "gestione separata" dell'Inps. Si tratta di una nuova leva di partite Iva, unica componente in crescita nel mercato del lavoro (quasi +50% tra il 2008 e il 2014): grafici, pubblicitari, fotografi, informatici, traduttori, interpreti, consulenti aziendali, organizzatori di eventi e così via. Quelli che, per le trasformazioni sistemiche dell'oggi, lavorano per le aziende senza farne parte stabilmente.Sistemato in un certo qual modo il prelievo fiscale con la revisione del regime dei "contribuenti minimi" (fino a 30.000 euro si può usufruire della tassazione agevolata), con il disegno di legge di bilancio 2017 si sancisce l'applicazione dell'aliquota contributiva del 25%, disinnescando le insostenibili prescrizioni della legge Fornero (da un parametro iniziale al 27% si sarebbe raggiunto il 33%).Al di là dell'accesso al super-ammortamento, da cui, tuttavia, dal 2017, vengono escluse le auto a uso promiscuo, questi provvedimenti non toccano il mondo delle professioni, pure soggetto a un'eccezionale crisi di redditività. Francamente, non si capisce perché non estendere ai professionisti, in regime opzionale, il pacchetto di provvedimenti volto a stimolare capitalizzazione e crescita dimensionale. Per farlo sarebbe sufficiente superare, per scelta del professionista, la distinzione tra reddito d'impresa e da lavoro autonomo, valorizzando la contabilità ordinaria per lo sfruttamento delle possibilità, tra le altre, connesse all'Ace e all'Iri. Ci sarebbe da pagare l'Irap e si rinuncerebbe alla detrazione da lavoro e alla determinazione del reddito per cassa, ma si acquisirebbero altri vantaggi. Un minimo di pianificazione fiscale indirizzerebbe la scelta autonoma e consapevole. Del resto, un po' di libertà in più non costa e non guasta.Nel complesso, la logica dei provvedimenti selettivi non affronta il tema centrale dell'eccesso di pressione fiscale che da troppo tempo frena il rendimento netto atteso degli investimenti e, quindi, gli investimenti stessi, tanto in beni materiali quanto in istruzione ed education, deprimendo, di conseguenza, la crescita di lungo termine dell'Italia.