«Un conto è cambiare il presidente del Parlamento europeo a metà mandato, come si è sempre fatto, altra cosa, mai successa è cambiare il presidente del Consiglio europeo, che ha ben altra funzione». Lo dice Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari internazionali, che sul ruolo di Giorgia Meloni è netta: «Trovo inverosimile che sia Meloni a far saltare il banco del Consiglio europeo, anche perché non ha la forza per farlo - commenta - I risultati di queste elezioni dicono chiaramente che l’Ecr non è necessario per una maggioranza».

L’accordo che sembrava a un passo è in una fase di stallo: il Ppe sta tirando la corda perché ha vinto le elezioni o perché sa che può far sponda, volendo, con la destra di Meloni?

Sicuramente lo fa perché si sente in una posizione di relativa forza, esattamente nel doppio senso che stava suggerendo lei. E quindi sia perché come sappiamo è il primo gruppo politico sia perché in quanto tale ha più scelte. O meglio, le due vere scelte a disposizione sono da un lato quella dei Verdi e dall’altro quella dei Conservatori. Credo sia ancora troppo presto per capire se l’azzardo del rivendicare tre posizioni su quattro ( Commissione, Consiglio nella seconda metà della legislatura e Parlamento) sia stata un po’ una boutade. Nel senso che un conto è cambiare il presidente del Parlamento europeo a metà mandato, come si è sempre fatto, altra cosa, mai successa è cambiare il presidente del Consiglio europeo, che ha ben altra funzione.

Ieri Tusk ha comunque rassicurato su una buona riuscita dei negoziati: quali scenari si aprono?

Principalmente ci sono due questioni da risolvere: la prima è capire esattamente cosa vuole il Ppe. Se non è così ingenuo da pensare di ottenere tutto quello che vuole, bisogna capire quale sia il vero piano e il vero obiettivo da ottenere; il secondo ha a che fare con il contesto generale. Una mossa del genere, anche se non mirata a far saltare il tavolo, in un contesto di enorme fragilità e di precarietà della politica non è escluso che possa far saltare tutto.

Molti, tra cui il Cancelliere Scholz, insistono sul fatto che Popolari, Socialisti e Liberali avrebbero comunque la maggioranza: quale sarebbe dunque il ruolo dei Conservatori di Meloni?

È vero che in linea di principio basta una maggioranza a tre ma è evidente che una maggioranza di questo tipo sarebbe abbastanza a rischio. Come dicevamo ci sono due opzioni: la prima è quella dei Verdi, che sarebbe più “pulita”, nel senso che proprio perché i Verdi sono usciti indeboliti dal voto sono più malleabili, tant'è che hanno già segnalato in maniera chiara la volontà di votare per von der Leyen; la seconda più “sporca” è quella dell’Ecr perché in ogni caso è escluso che ci sia un voto compatto dei Conservatori visto che il Pis polacco è escluso che voti per von der Leyen. Quindi in realtà la scelta è tra metà Ecr o tutti i Verdi.

E sulla scelta contano sia il volere dei Socialisti che quello dei Popolari…

I socialisti, necessari per la maggioranza, spingono a favore dei Verdi, il Ppe è un po’ scisso tra chi propende per l’Ecr e chi vorrebbe invece la maggioranza coi Verdi. Ma trovo inverosimile che sia Meloni a far saltare il banco del Consiglio europeo, anche perché non ha la forza per farlo. I risultati di queste elezioni dicono chiaramente che l’Ecr non è necessario per una maggioranza. Poi è chiaro che più la maggioranza è larga più von der Leyen è contenta, ma questa fase dimostra ancor di più la differenza che c’è tra quello che ci raccontiamo in Italia e quello che accade nello scenario internazionale.

Crede che sui dubbi nei suoi confronti della presidente uscente pesi anche il fatto che anche all’interno dello stesso Ppe non è benvoluta da tutti?

Sicuramente ci sono problemi nel suo gruppo, ma ancor di più c’è il problema del primo mandato, nel senso che in questi anni von der Leyen si è inimicata molte persone, per il suo metodo che è molto centralizzante, direi quasi “autoritario” tra mille virgolette. Ha schiacciato molti suoi commissari e ha centralizzato il potere nella commissione. Insomma, non è molto amata. Finché le cose sono andate “bene”, cioè finché è ha saputo gestire in maniera superlativa sia la pandemia che il primo anno e mezzo di guerra, il “telefono” telefono dell’Europa è stato il suo. Ma dal 7 ottobre, quando lei è scivolata sulla prima vera buccia di banana, è come se tutti i risentimenti nei suoi confronti sono emersi in superficie.

I nomi che si fanno, oltre a quello di von der Leyen, sono quello di Costa per il Consiglio europeo e di Kallas per l’alta rappresentanza: che ne pensa?

Nello scenario attuale, che è di criticità assoluta sia sul piano esterno per motivi che conosciamo sia sul piano interno soprattutto per la questione francese, sono nomi sui quali tutti dovrebbero mettere la firma. Conosco personalmente von der Leyen e Kallas e sono personalità molto solide. Kallas sarebbe un Alto rappresentante molto forte, sicuramente molto più di Borrell. In ogni caso sono nomi che hanno una chiara ratio politica e geografica dietro.

Meglio di così è difficile fare, soprattutto in confronto alle scorse nomine.