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Onorevole Fillippo Penati, allora lei torna nel Pd. «No guardi, non intendo rinnovare l'iscrizione». Come sarebbe a dire? Da ore circola la notizia che la commissione di Garanzia l'ha riammessa all'anagrafe degli iscritti per l'anno 2011. «Appunto: per l'anno 2011. Quello in cui a causa dell'indagine venni ingiustamente cancellato, con atto unilaterale. Nonostante avessi pagato regolarmente la quota. Io ho solo chiesto che, a maggior ragione dopo l'assoluzione, il mio nome fosse inserito nell'elenco dei militanti per quell'anno. Non ho intenzione di rifare la tessera, per ora».L'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati è nella storia della politica nazionale per due motivi: essere stato praticamente il solo esponente del centrosinistra milanese ad aver spezzato l'egemonia del centrodestra berlusconiano a inizio anni duemila, innanzitutto. Penati fu eletto presidente nel 2004, all'epoca in cui la capitale morale del Paese era inespugnabilmente presidiata dalle truppe forziste. L'altro motivo è che contro di lui si è consumato uno dei processi più incredibili che si ricordi nella storia delle inchieste sulla politica: assolto dall'accusa di corruzione e finanziamento illecito, nella sentenza scritta dal presidente del collegio Giuseppe Airò si irride addirittura la pubblica accusa. I pm di Monza neppure si degnarono di verificare che i proventi di mazzette esistite solo nella loro immaginazione erano semplicemente i canoni di locazione di case date in affitto da Penati e dai suoi familiari, o che erano giustificati da altre attività perfettamente lecite e assolutamente riscontrabili. La Procura di Monza preferì dare credito incondizionato a un accusatore, indagato dalla guardia di Finanza, che aveva dirottato gli investigatori sull'ex presidente della Provincia per alleggerire la pressione su se stesso. «Tanto che Francesco Greco, oggi capo dei pm milanesi, capì subito l'antifona e lasciò dormire l'indagine per qualche mese, fino a un trasferimento per competenza da lui accolto come una liberazione.Subentrano i colleghi di Monza che invece prendono tutto molto sul serio.Sì, provano ad arrestarmi ma il gip per fortuna si rende conto dell'infondatezza della richiesta. Arresteranno l'architetto Renato Sarno che poi in udienza dirà chiaramente: ho passato 6 mesi in galera, ho capito che l'unico modo per uscire era fare il nome di Penati, venire incontro alle aspettative degli inquirenti.Ma secondo lei tanta foga nasce, nei magistrati, dal pregiudizio accecante secondo cui un politico è sicuramente un ladro?Be', intanto ho scoperto che il capo dei pm di Monza Walter Mapelli, nel periodo in cui conduceva indagini sul sottoscritto, pubblicava un libro sulla corruzione politica. Dopodiché in capo a un'indagine completamente franata alla prova del Tribunale lo stesso procuratore viene promosso, dal Csm, capo dei pm di Bergamo.Solo ambizione insomma.No, c'è anche quello che dice lei. E l'aggressività nei confronti dei politici nasce anche dalla resa incondizionata che la magistratura trova nei loro partiti.Si spieghi meglio.Ha presente che nel mio processo si sono costituiti parte civile i Ds? Parlo del 2013, di un'epoca in cui i Ds si erano sciolti già da sei anni, esistevano solo come fondazione. Hanno sentito il bisogno di entrare nel processo contro di me. Taccio, o meglio non faccio i nomi, per quel che riguarda gli esponenti del centrosinistra milanese che dopo essere stati vicini a me in passato non ci mettono nulla a liquidarmi. Molti hanno ritenuto di trarre vantaggio dalla mia vicenda giudiziaria.E questo spettacolo incoraggia l'aggressività dei pm, diciamo.Inevitabilmente sì. Si rendono conto che la politica si ritira completamente e si sentono presi dalla loro missione di salvatori della patria. È chiaro che c'è anche questo.Ora che è tutto alle spalle, lei ha rancore nei confronti del suo partito?Rancore no. Molta amarezza, questo è sicuro. Ho anche molta voglia di dare di nuovo un contributo a quel campo della politica che rappresenta la storia della mia vita. Ma non mi sento, o almeno non ancora, di farlo come iscritto al Pd. Non riesco a concepire un rientro solo, per così dire, burocratico. Ci sono altre forme per dare un apporto. Anche questa intervista è un modo per fare politica.La reintegra decisa dalla commissione di garanzia del Pd non la interessa?Io mi sono limitato a chiedere di rimediare a quell'ingiusta cancellazione. Ottenere il riconoscimento dalla commissione di garanzia mi ha dato un sollievo quasi paragonabile a quello della sentenza. E aggiungo di essermi sentito davvero felice per le parole pronunciate da Renzi tre giorni fa: ha ricordato me ed altri che, come Vasco Errani e Enzo De Luca, sono stati assolti. Ha ricordato che abbiamo pagato tutti un prezzo alto e che le nostre famiglie hanno sofferto. Posso assicurare che se non mi sento almeno per ora di riprendere la tessera del Pd non è assolutamente per dissenso verso la linea di Renzi.Cosa non dimenticherà, più di tutto, del processo?Intanto non dimentico che ci sarà anche un processo d'appello: i pm hanno impugnato la sentenza. Nonostante in dibattimento si sia arrivati al punto che sono stato io a chiedere che fossero fatte le rogatorie sui miei fantomatici conti all'estero. Il sostituto Franca Macchia si girò verso i cronisti e bisbigliò che tanto i conti, si sapeva, erano intestati a miei prestanomi.Non si doveva delufdere la platea.Spesso purtroppo i giornali fanno da megafono a quelle azioni giudiziarie ispirate proprio da un fraintendimento salvifico della funzione inquirente. Che dovrebbe essere solo quella di trovare i reati e i colpevoli. Tutta un'altra cosa rispetto a quanto hanno fatto a me.