Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica a Bologna, definisce la riforma Casellati «un pasticcio» perché «il premierato non esiste» e spiega che l’Autonomia differenziata «è solo una questione negoziale» usata dalla Lega per mettere in difficoltà Fdi.

Professor Pasquino, che giudizio dà della riforma istituzionale proposta dalla ministra Casellati, che introduce una sorta di premierato all’italiana?

Ho scritto, credo nel 2003, un articolo accademico sulla rivista italiana di Scienza politica, nel quale affermavo che il premierato non esiste. E dunque inevitabilmente questa riforma risulterà un pasticcio. Quando si parla poi di “premierato all’italiana” è ancora peggio perché sappiamo benissimo che una cosa fatta “all’italiana” non è una buona cosa. Basti pensare all’Italicum, che non era una buona legge elettorale. Se poi premierato vuol dire elezione diretta del presidente del Consiglio, questa formula è esistita in un solo paese, cioè Israele, per tre volte. E ogni volta il progetto è stato poi abbandonato. Chi viene dopo dovrebbe imparare dagli errori, non imitarli.

La maggioranza, e anche Matteo Renzi, invitano a leggere i testi proposti, e guardano al modello inglese. Cosa non la convince?

Il premier inglese non è eletto direttamente dagli elettori. Il capo del governo è colui che ha una maggioranza assoluta, o quasi perché a volte ci sono degli escamotages, in Parlamento. Inoltre sappiamo che la forma parlamentare all’inglese si regge su un sistema maggioritario a turno unico. Non ho letto il testo della proposta Casellati ma ho letto quello di Renzi, ed è una stupidaggine colossale. È il tentativo di trasportare a livello nazionale il sistema per l’elezione dei sindaci. Ma come si fa a pensare che si possa governare l’Italia con il sistema con cui si governa, non so, Benevento? É un’idea sbagliata e per di più neanche originale. Il sindaco d’Italia non è un’idea di Renzi ma di Mario Segni, in qualche modo un riformatore, ma era già sbagliata all’epoca e lo è oggi.

Con la riforma cambierebbe anche la legge elettorale?

La riforma del sindaco d’Italia implica automaticamente un nuovo sistema elettorale, cioè quello già previsto per l’elezione del sindaco nei paesi con più di 15mila abitanti. Sappiamo che il sindaco viene eletto con il sistema a doppio turno e quindi con la maggioranza assoluta e anche con un premio di maggioranza che si trasforma in seggi. Ma si immagina a livello nazionale fin dove può arrivare un sistema che prevede un grosso premio di maggioranza? E infatti questo è uno dei motivi per cui l’Italicum fu dichiarato incostituzionale.

Cosa dovrebbe proporre l’opposizione per istillare il dubbio nella maggioranza?

Non è un problema della maggioranza, ma della maggioranza più Renzi. Ed è questo che la rende forte. La risposta dovrebbe essere una sola. Basterebbe puntare sul rafforzamento del governo attraverso il voto di sfiducia costruttiva di tipo tedesco. In Germania si vota contro il cancelliere in carica ed entro 48 ore a favore del nuovo cancelliere, sempre a maggioranza assoluta. In Spagna c’è la mozione di sfiducia il cui primo firmatario, se viene approvata, diventa capo del governo. Con un colpo solo, Sanchez è diventato presidente del governo. Il modello tedesco consente anche eventuali ripensamenti tra la prima sfiducia e la nuova fiducia. E consente in qualche modo adattamenti per decidere bene cosa fare in quelle 48 ore. Il tempo non è stato scelto a caso ma è il tempo tecnico affinché tutti sappiano che devono tornare da eventuali missioni all’estero e tornino.

La maggioranza dice che verrà mantenuto il potere di garanzia del presidente della Repubblica…

Questa storia di mantenere il potere di garanzia del Quirinale non ha senso. Perché il presidente della Repubblica non potrà nominare il presidente del Consiglio e non potrà sciogliere il Parlamento. Nelle città è il sindaco che decide se sciogliere il consiglio comunale, ma in quel momento cade anche lui. Insomma, sarebbe un disastro.

Crede che lo scambio riforma istituzionale- autonomia tra Fdi e Lega arriverà a conclusione?

Non mi faccia fare l’astrologo, diciamo che se vogliono probabilmente ci arrivano. Poi debbo ricordare che anche in quel caso la parola passerete agli elettori con il referendum.

Eppure le tensioni ci sono e la Lega sembra pronta a forzare la mano sull’Autonomia, vista la tenacia del ministro Calderoli…

L’Autonomia differenziata è la cosa meno sexy che si possa immaginare. È una cosa che serve alle regioni potenti per diventare ancora più potenti e a quelle più deboli per cercare di avere maggior potere che tuttavia difficilmente otterranno. Ma sono d’accordo sul fatto che sia solo una questione negoziale che serve alla Lega per dire “dateci l’autonomia sennò non votiamo la riforma istituzionale”.

Pensa che con l’opposizione alla riforma istituzionale il Pd di Schlein possa ritrovare la centralità che viene minacciata ogni giorno dal M5S di Conte?

Da un lato sono convinto che il Pd faccia bene a sottolineare il fatto di essere un partito nel quale si discute e si hanno posizioni diverse, entro certi limiti. E questo lo apprezzo. Dall’altro lato però su certe questioni deve dimostrarsi compatto. In primis sull’Europa. Il Pd è l’unico partito veramente europeista in Italia, con l’aggiunta di + Europa che però è un piccolo partito. Il punto di partenza deve essere l’europeismo, dividersi su questo è suicida.

E sul premierato?

Sulle riforme istituzionali è bene che dicano che si possono fare aggiustamenti precisi e puntuali senza stravolgere la Costituzione, che è un edificio nel quale se si toglie un mattoncino bisogna sapere dove ricollocarlo, altrimenti crolla tutto. Con due o tre piccole e mirate riforme il sistema può funzionare meglio. Detto questo, il problema italiano non è costituzionale ma politico, perché i partiti sono diventate macchine poco funzionanti che si aggrappano al guidatore. Ma il problema è annoso e parte da prima di Tangentopoli, quando i democristiani si sono cullati sul loro potere, i comunisti non hanno riformato il partito come avrebbero dovuto fare dopo la morte di Berlinguer, e i socialisti si sono buttati anima e cuore su Craxi.