«La giustizia minorile in Italia è un’eccellenza in Europa. Lo dimostra il basso numero di persone minorenni in carcere. Ai ragazzi va data sempre una nuova occasione di riscatto. Dare fiducia e cercare di far uscire i ragazzi dalle situazioni di disagio, che li portano a commettere atti illeciti, non è buonismo, ma è un investimento per il nostro futuro». Parte da queste considerazioni la Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, nel commentare la fuga di sette detenuti del carcere minorile di Milano “Cesare Beccaria”.

Dottoressa Garlatti, la fuga dal Beccaria è un segnale preoccupante anche per quanto riguarda la condizione carceraria minorile?

Io credo che qualunque ragazzo, ma anche qualunque adulto in condizione di ristrettezza della libertà personale, sogni l’evasione come un gesto molto trasgressivo, ai limiti della bravata. Non credo che si debba attribuire, ricollegandoci ai fatti di Milano, un significato più ampio di quello che ha, vale a dire la bravata. Un elemento sul quale bisogna riflettere riguarda il perché dell’evasione e il motivo per cui i ragazzi evasi si trovavano in carcere. Vorrei ricordare che da noi il carcere è una misura residuale. Forse, dovrebbe diventare ancora più residuale, in quanto non è la risposta adatta a dei ragazzi in fase formativa e per i quali deve esserci una vera e propria rieducazione alla legalità. Ma, prima ancora, ci dovrebbe essere una attività di prevenzione che deve essere condotta in maniera adeguata nelle aree più a rischio.

La fuga di Natale dal Beccaria ci induce a riflettere ulteriormente sul disagio giovanile. Quali misure si possono adottare per contrastarlo?

Il disagio giovanile è caratterizzato da molti fattori. Per questo motivo il tavolo interministeriale proposto dal ministro Nordio è molto utile, dato che intende mettere insieme più istituzioni e il terzo settore. Il disagio minorile può avere delle matrici diverse che vanno affrontate tutte. La prevenzione è pertanto un aspetto fondamentale. Bisogna intervenire in quelle aree marginali in cui è necessaria una educazione prioritaria.

Cosa suggerisce l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza?

Occorre, prima di ogni cosa, rendere la legalità più attrattiva della illegalità. Bisogna attrarre i giovani in luoghi di aggregazione, dove possano essere ascoltati, dove possano riscoprire la fiducia nei loro confronti da parte degli adulti. La legalità serve pure ad arginare il preoccupante fenomeno della dispersione scolastica, che del disagio minorile è una conseguenza frequente. I ragazzi vanno ascoltati e coinvolti in certe scelte. L’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza in più occasioni ha voluto portare un esempio: se si decide di costruire una palestra per attrarre dei giovani e toglierli da situazioni di marginalità, sarà utile coinvolgere chi saranno i diretti fruitori della palestra. Nel momento in cui i ragazzi vengono coinvolti si sentono partecipi di certe decisioni e le vivono in maniera più intima.

Utilizzare strumenti alternativi nel caso di commissione dei reati da parte dei minorenni è anche un investimento nel futuro?

Sicuramente. La giustizia riparativa, introdotta con la riforma Cartabia, realizza il momento in cui l’autore del reato e la vittima, in presenza di determinate condizioni, si incontrano. L’autore del reato in questo modo si rende effettivamente conto di ciò che ha fatto. Tante volte nei ragazzi manca la percezione dell’illiceità e del danno arrecato all’altro. La giustizia riparativa va in una direzione ben precisa: ha una capacità di evitare la reiterazione del reato. Non si tratta di buonismo. È un investimento nel futuro per ricollegarmi alla sua domanda. La stragrande maggioranza dei ragazzi sono recuperabili. Servono impegno e fatica.

Le periferie e non solo sembrano sempre più abbandonate al loro destino. I minori sono anche in balia di esempi negativi?

Gli esempi negativi ci sono e ci sono sempre stati. Un aspetto a mio parere fondamentale è avere fiducia nei ragazzi e ascoltarli. I ragazzi hanno molte cose da dire. È utile far capire che per loro un futuro c’è. Non devono sentirsi senza futuro e senza speranza. Il futuro li deve vedere protagonisti perché può essere costruito con le loro mani.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato un tavolo interministeriale per contrastare il disagio giovanile. L’unione fa la forza…

È proprio così. Il disagio giovanile ha delle matrici diverse. Per questo deve essere affrontato a 360 gradi per individuare le origini e gli strumenti volti a fronteggiare il fenomeno. Tra le mie proposte c’è stata anche quella di pensare a pene alternative per i ragazzi. Pensare a pene completamente diverse potrebbe realizzare una giustizia minorile sempre più a misura di minore.