PHOTO
Andrea Antinori, direttore di Immunodeficienze virali allo Spallanzani di Roma, spiega che dopo una vaccinazione mista «i dati di risposta immunitaria sono migliori di quelli osservati dopo una seconda dose con AstraZeneca» e che «dietro la proposta dell’eterologa non c’è improvvisazione ma un razionale biologico forte e dati robusti a supporto».
Professore, la vaccinazione mista è stata autorizzata da Aifa, eppure Ema continua a dire che AstraZeneca è sicuro. Perché non si segue l’indicazione europea?
L’Agenzia europea sostiene che, a dispetto di eventi avversi estremamente rari anche se purtroppo gravi, il costo- beneficio di tutti i vaccini continua ad essere favorevole, in tutte le fasce di età. D’altra parte, i registri di farmacovigilanza indicano che il rischio di eventi trombotici associati a piastrinopenia, che sono poi le complicanze più gravi e talora fatali, si verificano prevalentemente nelle persone più giovani e di sesso femminile. E dobbiamo tenere anche conto del fatto che nelle persone giovani il rischio di malattia grave è più basso e che la disponibilità di altri vaccini è oggi più ampia e meno critica di qualche mese fa. Questo può fare la differenza in termini di posizione delle agenzie nazionali, e la vaccinazione eterologa può rappresentare una soluzione a questo problema.
Ci sono studi che dimostrano l’efficacia di due dosi di vaccini diversi, ma sono incompleti e in fase sperimentale. Perché non proseguire con Astrazeneca per la seconda dose?
È vero che gli studi fatti sulla vaccinazione eterologa in Spagna, UK e Germania, non hanno la numerosità degli studi registrativi condotti che le schedule standard, ma i dati di immunogenicità sono molto interessanti. Nello studio spagnolo CombivacS ad esempio, le persone che hanno ricevuto una seconda dose Pfizer dopo una prima di AstraZeneca hanno avuto un forte aumento, fino a 100 volte, del titolo anticorpale con comparsa nel 100 per cento dei casi di anticorpi neutralizzanti e un aumento dell’immunità cellulare ( legata ai linfociti- T) di circa 4 volte. Non è una valutazione di efficacia ( che si fa con una popolazione più ampia), ma i dati di risposta immunitaria sono migliori di quelli osservati dopo una seconda dose con AstraZeneca. E gli effetti collaterali, anche se un po’ più frequenti, sono stati di lieve entità e dello stesso tipo di quelli osservati che le vaccinazioni omologhe.
Dunque ritene giusto e sicuro procedere col mix?
Noi sosteniamo da tempo che la vaccinazione eterologa può essere una risposta alla popolazione esitante, che ha fatto la prima dose di AstraZeneca, anche sulla spinta di un senso di responsabilità e di entusiasmo e ora, dopo alcuni episodi, ha timore e reticenza a ricevere una seconda dose dello stesso vaccino in quanto si trova in una fascia di età più a rischio. A queste persone va data una possibilità alternativa, che rafforzi anche la fiducia nella strategia vaccinale. E questi dati sono molto rassicuranti che ci dicono che non è una mera soluzione di ripiego, ma una strategia con dati preliminari a supporto.
Non crede che la decisione di vietare la seconda dose di Astrazeneca sotto i 60 anni possa aprire un problema di diritti dei vaccinati ad avere una seconda dose uguale alla prima?
Non credo sia in discussione un diritto alla vaccinazione omologa. Alle persone che esprimano la volontà di vaccinarsi con una seconda dose di AstraZeneca avendo ricevuto la prima e la cui fiducia nel programma vaccinale non è stata intaccata dalle informazioni relative ai rari casi con eventi avversi gravi, non è sbagliato confermare quanto programmato. Questo sia perché la maggioranza degli eventi avversi con i vaccini a vettore virologica si è verificata dopo la prima dose, sia perché i casi, pur drammatici, che sono stati di recente osservati nel nostro Paese e che hanno impressionato l’opinione pubblica, non hanno modificato il rischio legato a questo tipo di vaccini. Dobbiamo però accettare un principio di massima cautela. In uno scenario epidemiologico quale quello attuale, con una bassa incidenza di casi e raramente gravi nella popolazione giovane, avendo una disponibilità più ampia di vaccini di altri tipo, il rapporto costo- beneficio può modificarsi.
Il governo spinge affinché «non manchi la fiducia nei confronti dei vaccini». Pensa che i gravi errori di comunicazione abbiano ormai minato la credibilità delle decisioni?
Ci sono state alcune incertezze nella comunicazione che hanno generato talora anche disorientamento nella popolazione. Penso che i messaggi debbano sempre essere chiari e trasparenti, e che le persone vogliano sentirsi sempre dire la verità, perché questo aumenta la fiducia e la responsabilizzazione. Il problema non sono state le decisioni sulla strategia di impiego di Astra-Zeneca, che rimane un buon vaccino con molti dati a favore come dimostrano i dati di popolazione in Inghilterra dove questo vaccino è stato largamente impiegato, ma la comunicazione poco chiara e convincente. Come ha detto il Prof. Garattini, le decisioni non vanno solo prese ma anche spiegate alla popolazione.
Nelle prossime settimane si potrà arrivare a uno stop definitivo di Astrazeneca e J& J? Vengono somministrati solo agli over 60, ma gli over 60 nel giro di poco tempo saranno immunizzati.
Penso di no. Ci sarà un maggiore utilizzo dei vaccini a mRna, ma i vaccini a vettore virale rimangono uno strumento importante di cui abbiamo bisogno.
Quanta evidenza scientifica c’è nelle decisioni prese negli ultimi giorni dal governo e quanto invece è stata seguita l’onda dell’emotività dopo la morte di Camilla a Genova?
L’onda emotiva nella popolazione c’è stata e va come tale gestita. Ma dietro la proposta dell’eterologa non c’è improvvisazione, c’è un razionale biologico forte e dati robusti a supporto, almeno sul piano della risposta immunitaria evocata da questa strategia sequenziale. Inoltre va detto che la vaccinazione eterologa può rappresentare una soluzione anche in prospettiva futura. Gli “incroci vaccinali” potrebbero trovare infatti un’applicazione favorevole nella vaccinazione a lungo termine, nella necessità di richiamare la schedula con una terza dose.
La variante Delta provocherà un colpo di coda del virus o si può ben sperare per il futuro, fino a togliere le mascherine all’aperto in estate?
Uno studio condotto in Scozia, quindi in un’area ad elevata prevalenza della variante delta, indica che l’efficacia del vaccino Pfizer in presenza di tale variante è del 79 per cento e quella di AstraZeneca del 60 per cento, quindi non lontana dalla efficacia con le varianti più diffuse. E la protezione dai casi gravi di Covid- 19 è pari al 96 per cento per Pfizer e al 92 per cento per AstraZeneca. E il 70 per cento dei casi di variante delta si sono verificati in soggetti non vaccinati. Questo ci fa guardare il futuro con ottimismo anche sulla prospettiva di rimuovere l’obbligo di mascherina all’aperto. Questo sempre che l’evoluzione dei dati nelle prossime settimane confermi la riduzione della circolazione virologica e il piano vaccinale proceda in modo rapido ed efficace.