«Non vogliamo mettere alcun bavaglio: vogliamo solo offrire agli utenti della Rete e dei social degli strumenti che gli consentano di verificare se una informazione sul Covid sia corretta o meno», dichiara Ruben Razzante, professore di diritto dell'informazione all'Università cattolica di Milano, autore del primo manuale di diritto dell'informazione e della comunicazione e fondatore del portale anti- fake news www. diritto dell'informazione. it Il professore milanese è fra gli otto componenti della neo costituita “Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relativa al Covid- 19 sul web e sui social network”. La task force, voluta dal sottosegretario all’editoria Andrea Martella (Pd), lavorerà gratuitamente e sarà operativa fino al superamento dell’emergenza epidemiologica.

Professor Razzante, da dove pensate di iniziare?

Sicuramente la prima attività sarà quella di monitorare e segnalare le notizie palesemente false che generano comportamenti sbagliati per la nostra salute. Si punterà poi a potenziare e rendere visibile l’informazione generata dalle fonti istituzionali.

Alcuni politici e commentatori hanno parlato di voglia di censura da parte del governo.

Ripeto: noi vogliano solo fornire strumenti per esercitare un sano discernimento e fare verifiche su più fonti. Nessuno dirà che tutte le notizie provenienti da un determinato sito sono false perché nessuno vuole censurare alcunché. Parlare dunque di censura in questo contesto è inappropriato. La libertà di opinione è garantita. Ma quando un’interpretazione viene spacciata come verità oggettiva si fa disinformazione, si mistifica la realtà condizionando negativamente i comportamenti e vanificando tutti gli sforzi nella battaglia contro il coronavirus.

L’emergenza Covid- 19 ha offerto terreno fertile per le fake news?

Sicuramente. Le fake news sono sostanzialmente notizie verosimili che puntano all’emotività delle persone. Ecco perché è fondamentale, per scovarle, l’interlocuzione stretta con gli utenti e con i gestori delle piattaforme.

Quali possono essere le conseguenze delle fake news sulla lotta Covid- 19?

Possono indebolire lo sforzo di contenimento del contagio. Penso, ad esempio, alle tesi complottiste che insinuano che il governo alimenti l’epidemia per guadagnare benefici dai fondi dell’Ue – minando dunque l’esigenza del lockdown – o quelle degli animali domestici “untori” che hanno già provocato abbandoni di cani e gatti, fino alle pseudo- terapie che promettono un’illusoria e facile guarigione dal virus.

Anche l’Arma dei carabinieri è stata vittima delle fake news: all’inizio del mese in una circolare in cui si elencavano i mezzi per prevenire il contagio è stato citato uno studio dell’Università americana Johns Hopkings, poi risultato inesistente, che era diventato virale sulle chat WhatsApp.

Oltre ad essere subdole la viralità è l'altra caratteristica delle fake news. Alcuni siti - solo per aumentare le visualizzazioni - pubblicano contenuti palesemente inverosimili ma in grado di fare breccia nel pubblico più sprovveduto. Questa informazione- spazzatura influenza i comportamenti e produce dei danni alla nostra salute: deve essere combattuta e arginata.

L’informazione corretta allora fondamentale per la lotta al virus?

Agli italiani sono state imposte una serie di restrizioni per la loro salute. Ma senza una informazione corretta tali misure possono non venire rispettate da tutti, con il rischio che aumentino i contagi. Iniziative contro le fake news sono già state intraprese da Unione europea, Organizzazione mondiale della sanità e governo inglese.

Lei, molti anni fa, aveva suggerito l’idea che gli articoli scritti sui social o sul web da parte di un giornalista fossero firmati indicando anche il suo numero di tessera professionale di iscrizione all’Ordine. Crede sia ancora attuale la proposta?

Penso proprio di si. La verifica delle fonti da parte del lettore è fondamentale.