In un mondo segnato da conflitti, povertà e cambiamenti climatici, l’Unicef resta un punto di riferimento essenziale per milioni di bambini. Ne abbiamo parlato con Nicola Graziano, dal maggio scorso presidente del Comitato italiano per l’Unicef e magistrato, da sempre impegnato nella tutela dei diritti dei più vulnerabili.

Presidente Graziano, come riassumerebbe oggi la missione dell’Unicef in un mondo pieno di crisi e disuguaglianze?

L’Unicef è da quasi 80 anni è al fianco dei bambini e delle bambine più vulnerabili e oggi più che mai hanno bisogno del nostro sostegno: solo quest’anno, 213 milioni di bambini in 146 Paesi hanno bisogno di assistenza umanitaria. Quasi un bambino su cinque vive in una zona di conflitto. Circa cinquanta milioni sono sfollati. Quasi un miliardo di bambini vive in condizioni di povertà e ad altissimo rischio di impatto dei cambiamenti climatici. A queste crisi si aggiungono anche i tagli ai finanziamenti che stanno avendo conseguenze sul loro presente e futuro.

In quali paesi o situazioni i bambini vivono oggi le condizioni più difficili, e dove l’Unicef è maggiormente impegnato?

L’Unicef lavora in oltre 190 paesi e territori nel mondo con l’obiettivo di raggiungere ogni bambino e bambina. A Gaza più di 56mila bambini hanno perso uno o entrambi i genitori. In Ucraina 3,2 milioni di bambini sono bisognosi di assistenza. E poi ci sono tante emergenze ‘ silenziose’, di cui si parla poco: in Sudan, oltre 16 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza. Senza dimenticare Haiti, la Repubblica Democratica del Congo, lo Yemen, Haiti, la Siria: in tutti questi luoghi, noi siamo al fianco dei più vulnerabili.

A Gaza, i bambini hanno pagato un prezzo altissimo. Le armi tacciono, finalmente, ma come evitare che la loro sofferenza venga dimenticata?

Dopo due anni di conflitto oltre 64.000 civili sono stati uccisi o feriti e case, ospedali e scuole sono stati distrutti. In alcune zone della Striscia di Gaza è stata dichiarata la carestia e l'intera popolazione sotto i cinque anni, 320.000 bambini, è a rischio di malnutrizione acuta. È fondamentale che gli accordi di pace vengano rispettati da tutte le parti e che venga garantito accesso senza ostacoli e continuo agli aiuti e agli operatori umanitari. Solo restituendo ai bambini la dignità della loro infanzia potremo evitare che la loro sofferenza venga dimenticata.

L’Unicef è un’articolazione dell’Onu, e dunque è indirettamente chiamato in causa anche nella soluzione della crisi in Medio Oriente: avrete la possibilità concreta di contribuire al processo di pace e alla sua attuazione?

In qualsiasi conflitto il mandato dell’Unicef è quello di contribuire a proteggere i diritti dei bambini e alleviare le loro sofferenze, invitare le parti coinvolte nei combattimenti a rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale e lavorare per raggiungere i bambini con aiuti salvavita. Per quanto riguarda la crisi in Medio Oriente, abbiamo più di 1.300 camion pronti a trasportare aiuti nella Striscia di Gaza come tende, prodotti alimentari, medicinali essenziali e tanto altro. Abbiamo personale e partner dedicati sul campo che possono fare la differenza nella vita dei bambini.

Che appello si sente di rivolgere ai cittadini italiani, e soprattutto ai giovani, per sostenere l’impegno dell’Unicef?

Hic et nunc questo è il mio grido di allarme ma è anche l’appello che rivolgo ai cittadini italiani e soprattutto ai più giovani. A questi ultimi, in particolare, rivolgo l’invito a non rinviare mai l’idea dell’impegno sociale e della partecipazione attiva e quindi a porre in essere azioni concretamente rivolte al perseguimento dei diritti dei più deboli, dei più bisognosi e dei bambini e delle bambine in Italia e nel Mondo. Anche se si può fare sempre meglio devo dire che gli italiani sono generosi e hanno un cuore grande e sempre partecipi alle cause umanitarie lanciate dal Comitato Italiano.

Lei è un magistrato: cosa l’ha spinta ad accettare questo ruolo all’Unicef e cosa porta con sé della sua esperienza professionale in questa nuova sfida?

Ho sempre pensato che il rivestire la toga potesse anche essere una occasione per poter contribuire, con silenziosi esempi di impegno quotidiano ed in prima persona, a diffondere e rafforzare la cultura della legalità. Da storico volontario dell’Unicef, poi, si è consolidata in me l’idea di rendere centrale, in ogni azione posta in essere, la conoscenza e l’applicazione dei diritti su cui si fonda la Convenzione Onu per l’infanzia e l’adolescenza. Nasce da qui la forza, e forse anche l’incoscienza, di accettare l’incarico di Presidente del Comitato Italiano per l’Unicef; è una grande sfida che non si vince da soli ma coinvolgendo, contagiando e provando a colorare di azzurro il sogno di poter contribuire a realizzare per le future generazioni un mondo migliore di come ci è stato consegnato.