Ernesto Carbone, avvocato e componente laico del Csm, fa il punto sulla sentenza di qualche giorno fa che ha riguardato l’ex senatore Stefano Esposito. I giudici costituzionali hanno accolto il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Senato contro la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, il giudice per le indagini preliminari e il giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale. «Anche uno studente del primo anno di giurisprudenza – dice al Dubbio Carbone – avrebbe rilevato l’illegittimità delle intercettazioni nei confronti di un parlamentare».

Consigliere Carbone, la recente sentenza della Corte costituzionale sul caso Esposito ha ribadito che un parlamentare non può essere intercettato. Ci voleva la Consulta?

Alcune indagini finiscono con archiviazioni o con assoluzioni. È il normale lavoro che fanno le procure e i giudici. La cosa che mi stupisce molto in senso negativo, in merito alla vicenda che ha interessato l’ex senatore Stefano Esposito, è che già uno studente del primo anno di giurisprudenza, impegnato a dare l’esame di diritto costituzionale, afferma chiaramente che quello che hanno fatto il pubblico ministero e il gip di Torino è una cosa illegittima. Posso capire che in alcune indagini complesse si possa arrivare ad una condanna o ad una assoluzione, ma quando un pm chiede di intercettare un parlamentare e quando il gip autorizza l’intercettazione del parlamentare si compie un atto illegittimo. Sono contento che sia intervenuta la Consulta anche se tutto è pleonastico. Un senatore della Repubblica, nel caso specifico Stefano Esposito, è stato intercettato e questa cosa non poteva essere fatta. Lo dice prima di tutto la Costituzione. Stiamo lavorando senza sosta per raggiungere gli obiettivi del Pnrr. Se un pubblico ministero compie un atto illegittimo, è lecito chiedersi quanto siano costate le intercettazioni palesemente inutilizzabili. Soldi pubblici di tutti noi.

Il caso Esposito offre l’occasione per riflettere sulle riforme nella giustizia e sulla separazione delle carriere. Qual è il suo pensiero?

Io difenderò sempre la non separazione delle carriere: sono per la commistione delle carriere. Le dirò di più. Io difendo l’inamovibilità, l’indipendenza e l’autonomia del magistrato. Però, se un magistrato sbaglia, con dolo o con colpa, non solo grave, deve pagare seriamente. Il mio ragionamento parte dall’ingresso in magistratura. Nel momento in cui si vince il concorso nella magistratura, che non è, vale la pena evidenziarlo, come tutti gli altri, lo Stato affida al vincitore uno dei suoi tre poteri. È giusto che il magistrato, pertanto, sia considerato in maniera differente rispetto al medico, al professore universitario o al maestro di scuola. Il magistrato esercita e detiene uno dei tre poteri dello Stato. Nell’esercizio di questi poteri le responsabilità devono essere molto più rigide rispetto ad altre categorie. Quando un magistrato nasconde delle prove, quando un pm minaccia dei testi, non basta il trasferimento ad altra sede. Il pubblico ministero protagonista di certe condotte non è degno di fare il magistrato.

Questi temi lei li porterà anche all’attenzione del Csm?

Li sto già mettendo in evidenza. Quando c’è stato il congresso di Area, a Palermo, qualche mese fa, sono stato il primo a ribadire l’esigenza di difendere sempre l’autonomia della magistratura. Credo che la separazione delle carriere sia un finto problema. Come detto, sono a favore della commistione delle carriere con la difesa delle correnti. Con questo sistema elettorale si creano nella magistratura inevitabilmente delle correnti. Non mi piace quando le correnti sono solo ed esclusivamente dei veicoli di potere. Le correnti, le diverse sensibilità fanno, a mio avviso, il bene della magistratura. Il confronto è sempre una cosa positiva. Occorre però ragionare seriamente quando un magistrato sbaglia. Io dico sempre che rappresento il caso più emblematico della politica che deve mettersi in gioco e non arroccarsi su certe posizioni. Il mio lavoro da parlamentare è durato cinque anni, credo di aver fatto bene, ma quando mi sono presentato al cospetto degli elettori questi ultimi hanno fatto altre scelte.

La sentenza della Corte costituzionale richiama anche un altro precedente, quello dell’ex presidente del Consiglio e ora senatore Matteo Renzi…

Il discorso è lo stesso che abbiamo fatto all’inizio. Un parlamentare non si può intercettare. Ho sentito dire in molti talk show e letto sui giornali che WhatsApp non costituisce una corrispondenza. Ci vogliamo prendere in giro? Se mando una lettera scritta a mano, non si può intercettare. Se invio un messaggino, non siamo più di fronte ad una corrispondenza. È tutto surreale. Invocare ulteriori interventi del legislatore è fuorviante. Le leggi già ci sono. Ho parlato con decine di magistrati molto seri. Mi hanno riferito che, in occasione di inchieste per mafia o ’ndrangheta, alcune persone intercettate incontravano dei parlamentari e i trojan venivano spenti. Ci sono delle regole che vanno rispettate. Si può discutere su questo ed è quindi opportuno che se ne faccia carico il legislatore.

Può fare un bilancio di questi mesi al Consiglio superiore della magistratura?

Il bilancio è molto buono per quanto riguarda la Quinta Commissione, alla quale appartengo, che si occupa degli incarichi direttivi e semi-direttivi. Abbiamo ereditato, a causa del Covid e delle vicende che hanno interessato la precedente consiliatura, un arretrato importante. Per ricoprire i posti vacanti la media era di 18-19 mesi. I tempi adesso si sono ridotti. Abbiamo chiuso a dicembre con tempi di attesa di 8-9 mesi. È stato fatto un lavoro straordinario da parte della Quinta Commissione e del plenum. Per questo 2024 l’obiettivo è quello di accelerare ulteriormente i tempi per le nomine. Sarà interessante lavorare su tutte le organizzazioni che riguardano i Tribunali. Siamo abituati a soffermarci sempre sulle questioni che riguardano il penale, le procure e i pubblici ministeri. C’è però tutta la parte del civile che ha una rilevanza strategica per l’Italia e che merita massima attenzione.