Approvazione del ddl costituzionale su separazione delle carriere e Alta Corte. Ne parliamo con Stefano Musolino, segretario di Magistratura democratica.

Meloni dice che non è una riforma punitiva.

Invece lo è. Umilia la magistratura perché introducendo il sorteggio per selezionare i componenti togati del Csm presuppone che i magistrati siano amorfi, che non ci siano differenze di sensibilità professionale, culturale, di attitudini. E finisce per svilire anche il ruolo dello stesso Csm, considerandolo alla stregua di un organo burocratico, indifferente alla sua composizione fisica e non invece un organo di rilievo costituzionale i cui componenti sono chiamati ad esercitare complesse scelte di politica giudiziaria, molto incidenti sulla giurisdizione e sui diritti dei cittadini che con questa si confrontano.

Mantovano ha detto che è stata fatta per «ridimensionare il ruolo delle correnti, gli unici veri partiti rimasti sul campo».

I gruppi associativi sono uno strumento di condivisione e confronto tra i diversi modi di interpretare il ruolo di magistrato e sono essenziali per un migliore e più consapevole svolgimento della professione. Non è un caso che irritato dalla presenza di un dibattito associativo nella magistratura il regime fascista sciolse l’Anm.

Però bisognava pensare un rimedio al sistema correntizio delle nomine.

Le riforme in materia di selezione dei direttivi e semi-direttivi hanno introiettato nella magistratura il carrierismo: un pericoloso veleno capace di inquinarne, sostanzialmente, il volto costituzionale. Per questa ragione, in vista della imminente riscrittura del Testo unico su questa materia, Md ha proposto nuove modalità di selezione volte a renderle più trasparenti, comprensibili e prevedibili. È una proposta volta a tutelare l'autorevolezza costituzionale del Csm ed impedire che l’associazionismo dei magistrati da momento di indispensabile confronto culturale si trasformi in strumento di gruppi affamati di potere, per come drammaticamente registrato dalla nota indagine perugine.

Chi ha pensato al sorteggio, anche temperato, ritiene che così il potere delle correnti sarebbe svilito.

La logica dell’uno vale uno che fonda tutte le ipotesi di sorteggio ha avuto una sperimentazione recente nella politica parlamentare e mi pare che ne abbia registrato il fallimento. Non si capisce perché si vorrebbe che questo fallimento venisse esteso anche alla magistratura.

Secondo lei si andrà verso lo sciopero dell’Anm?

Credo che questo sia solo l’inizio di un lungo confronto che animerà il dibattito parlamentare e quello pubblico; a me pare che lo sciopero sarebbe un’iniziativa affrettata. Noi auspichiamo che anche la magistratura sia chiamata a partecipare al dibattito per mettere in evidenza le molte deficienze e problematiche della riforma.

Il viceministro Sisto: «Tutti devono rispettare il Parlamento e le sue decisioni».

Che sia il Parlamento a promuovere le norme e le riforme ne siamo consapevoli, tanto è vero che chiediamo un confronto affinché tutti gli attori istituzionali e soprattutto i cittadini siano consapevoli di quali saranno le conseguenze delle annunciate scelte riformatrici.

Ma confronto quindi vuol dire che c’è uno spazio di negoziazione?

No, non c’è. L’augurio è che, passata la tornata elettorale, la politica torni ad ascoltare i nostri argomenti e possa così rivedere queste scelte che incidono sull’assetto costituzionale della magistratura. Intaccarne l’attuale equilibrio significa pregiudicare la possibilità dei magistrati di tutelare i diritti dei cittadini.

Però Tajani dice che finalmente i cittadini potranno avere un giusto processo.

Prima di fare simili dichiarazioni dovrebbe confrontarsi con i numeri. Il processo giusto già c’è: i tassi di assoluzione nel nostro Paese sono molto alti, a dimostrazione di un mancato appiattimento del giudice alle richieste del pubblico ministero. Inoltre il numero di passaggi tra una funzione e l’altra è minimo. Non capiamo dunque su cosa si basino certe affermazioni. Credo che alla base ci sia una mancata conoscenza reale della magistratura e dei suoi problemi. La politica è rimasta legata ad una narrazione vecchia, smentita dai numeri, perdendo di vista i reali problemi che affliggono la giustizia e che riguardano, prima di tutto, l’efficacia delle strutture amministrative, la mancanza di risorse, l’avvio di una seria depenalizzazione.

Però non è rassicurante sapere che se un pm viene separato dal giudice si trasforma in un superpoliziotto.

L’introduzione di nuove norme non regola solo una specifica fattispecie, ma ha anche un potere conformante dei comportamenti e delle scelte. Per esempio, l’introduzione nelle valutazioni di professionalità della verifica sulle percentuali di conferma dei provvedimenti ha subito generato una giurisprudenza difensiva e conservativa. La separazione delle carriere genererà un risultato analogo: escluso dal dialogo con i giudici, limitato nella sua responsabilità riguardo all’esito giurisdizionale, il pm sarà sempre più schiacciato nel ruolo di avvocato della polizia giudiziaria, piuttosto che di suo controllore a tutela dei diritti degli indagati. E mi dispiace dirlo, ma sono sorpreso che questa eclatante evidenza non sia colta dagli avvocati che dovrebbero essere i primi tutori dei diritti delle persone coinvolte nel processo. La riforma, invece, indebolisce l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, schiacciando il pm sulle posizioni della polizia giudiziaria che, a sua volta, dipende dal Governo. Chi ha interesse a questo sfascio degli equilibri costituzionali?

Avvocato in Costituzione. Sareste stati favorevoli?

Io riconosco il ruolo essenziale dell’avvocato nella giurisdizione, sebbene egli sia pur sempre il legittimo tutore dell’interesse di una parte privata. Se si ritenesse utile che questo ruolo dell’avvocato abbia anche un riconoscimento costituzionale, sarei favorevole.