Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera e fedelissimo di Silvio Berlusconi, spiega che «se nelle prossime riforme, come la giustizia, in FdI o nella Lega qualcuno storcerà il naso, Forza Italia farà un’operazione chirurgica di lifting per riportarli alla ragione, come successo ad esempio sul decreto rave».

Sottosegretario Mulè, cosa c’è e cosa non c’è in questa manovra rispetto a ciò che chiedeva Forza Italia?

In questa manovra c’è l’idea del paese che ha Forza Italia, un paese che obbedisce da un lato alle necessità degli ultimi e di quelli che non hanno capacità di fare reddito, e quindi i pensionati, dall’altro quello di mettere le persone al centro della politica, e quindi il sostegno a famiglie e imprese. I due pilastri insomma sono lavoro e pensioni. È una manovra che dà slancio, nonostante le ristrettezze di bilancio, e traccia la rotta che Forza Italia ha indicato per il cammino del governo. Certamente si dovrà intervenire in maniere più sostanziosa sulle decontribuzioni, raggiungendo quanto prima l’equilibrio tra quanto guadagna il dipendente e quanto paga l’impresa. Poi bisognerà agire in profondità sulle politiche attive che sostituiranno il reddito di cittadinanza. Infine, di certo bisognerà occuparsi di ciò che accadrà al paese a fine marzo, quando finiranno i 21 miliardi contro il caro energia.

Pensa che riuscirete a raggiungere questi obiettivi nei prossimi mesi, o magari qualcuno si metterà di traverso, tra Lega e Fratelli d’Italia?

Non voglio dire che va tutto bene o che andremo d’amore e d’accordo. Siamo in una coalizione che ha una sua anima liberale, europeista e garantista costituita da Forza Italia. Ma è altrettanto vero che ci sono diversità di vedute con gli alleati. Quel che conta è che nel centrodestra ci sia rispetto. Dopodiché se nelle prossime riforme, penso alla giustizia, in FdI o nella Lega qualcuno storcerà il naso, faremo un’operazione chirurgica di lifting per riportarli alla ragione, come successo ad esempio sul decreto rave.

Ha parlato della giustizia, su quali punti Forza Italia cercherà di far valere le proprie istanze nella maggioranza?

Messo in sicurezza il paese, si apre il grande fronte del riformismo, legato a giustizia, lavoro e welfare. Sulla giustizia seguiremo la rotta tracciata dal ministro Nordio. A noi interessa in primis agire sui tempi del processo, per andare nella direzione di un sensibile calo del tempo necessario ad arrivare a una sentenza entro un anno, avvicinandosi insomma agli standard europei. C’è poi un problema enorme legato a diritti e garanzie per indagati e imputati, così come bisogna certamente agire sul processo tributario e su una riforma dei reati fallimentari e finanziari.

Un programma arduo, riuscirete a completare l’opera?

Per completare l’opera servirebbero anche una revisione dell’impianto generale dell’ordinamento giudiziario, per arrivare a una vera ed effettiva responsabilità civile dei magistrati che non significa punirli ma anzi riconoscerne le virtuosità. Poi occorre una riforma costituzionale sulla separazione delle carriere, con una massiccia assunzione dei magistrati. Infine, occorre introdurre il principio dell’inappellabilità delle sentenze di assoluzione di primo e secondo grado.

In queste settimane si fa un gran parlare di intercettazioni e uso dei trojan: siamo davvero vicini a una svolta?

Quel che posso dire è che condanniamo in toto il processo mediatico e quindi serve sintonia tra diritto all’informazione e diritto alla riservatezza. Il trojan è uno strumento micidiale, che sulla base di un sospetto può ipotecare la vita dei singoli. Ciò è un’ovvietà, che però non viene capita da chi sventola ancora il vessillo dell’antimafia dicendo che riformandolo diminuisce il contrasto alla mafia, ma non è così. Mi lasci aggiungere poi che le nostre carceri non sono luoghi dove si espia la pena, ma luoghi penosi. Quest’anno si sono già uccise in carcere 82 persone, una cifra enorme.

Prima ha accennato al reddito di cittadinanza, che Berlusconi ha più volte difeso durante il governo Draghi. Ritenete che ci sia stata un po’ di fretta nel voler smantellare?

Penso che non sarà un mese in più o in meno a determinare ciò che va fatto sul reddito. È una scelta politica. Questo governo di centrodestra, avendo riconosciuto come fallimentare il reddito dal punto di vista del lavoro, fa quello che si deve fare. Cioè evitare il trauma sociale e quindi lasciando sei mesi per una riforma dell’impianto e nel frattempo mettendo in piedi percorsi formativi per far incontrare domanda e offerta. Occorre superare i centri per l’impiego, poggiandosi sulle agenzie interinali e provando in maniera convinta a vedere quanti dei circa 400mila posti vacanti, cioè che esistono ma non sono occupati, possono essere occupati dai circa 660mila percettori di reddito abili al lavoro.

Non temete dunque la “rivolta sociale” alla quale richiama spesso il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte?

Al contrario, bisogna evitare che la voglia della piazza che alberga nei Cinque Stelle, a cominciare dal suo presidente, abbia il sopravvento sulla ragione. Occorre un’azione risolutiva, per uscire ordinatamente dal reddito di cittadinanza, e risoluta, non con la forza ma con la forza degli argomenti. Strumentalizzare la piazza, piegandola alla ricerca del consenso, fa male non al governo ma al paese.