«Il Colle non si limita a nominare governi sotto dettatura, ma darà il via libera solo a esecutivi con un programma che sia compatibile coi principi costituzionali e soprattutto coi vincoli europei». Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, analizza il quadro delle mosse del Presidente della Repubblica in questa complessa fase di stallo.

In che modo sta interpretando il suo ruolo il presidente Mattarella?

Sta esercitando tutti i poteri che la Costituzione prevede. Dopo aver constatato direttamente e per tramite dei presidenti delle Camere che non esisteva una maggioranza parlamentare e che le forze politiche non erano in grado di esprimerla, ha individuato le soluzioni prospettabili, proponendo il governo neutrale. Il governo, infatti, è un organo indefettibile e necessario perchè lo stesso Parlamento possa funzionare e Mattarella ha ipotizzato un esecutivo che, se avesse ricevuto la fiducia, avrebbe compiuto gli atti necessari; altrimenti avrebbe condotto il Paese alle elezioni oppure lasciato il passo a una nuova maggioranza politica. La novità di questi giorni riguarda invece le forze politiche, che hanno presentato la possibilità di giungere a un’intesa.

Ora il nodo è il premier e impazza il toto- nomi. Mattarella ha detto che «il Presidente della Repubblica non è un notaio».

Il Capo dello Stato ha dei poteri precisi: non nomina un premier e un governo sotto dettatura. Certo, le indicazioni delle forze politiche sono molto rilevanti, ma non lo vincolano in modo ineludibile. Questo vale non solo per la scelta del presidente del Consiglio ma anche per quella dei ministri, che vengono indicati su proposta del premier che se ne assume la responsabilità politica, ma solo se il Presidente della Repubblica li ritiene idonei e adeguati al ruolo.

E su quali elementi verte il sindacato esercitato dal Capo dello Stato?

Mattarella deve assicurare che l’Esecutivo sia garante del rispetto della Costituzione, delle norme concordatarie e degli obblighi internazionali. La rilevanza del ruolo del Presidente della Repubblica in questo senso si è manifestata anche nei due passati governi, in cui ha inciso nettamente nella scelta del ministro dell’Economia. Non è raro, nella nostra esperienza costituzionale, che il premier designato entri con una lista dei ministri ed esca con una squadra diversa, frutto del dialogo e della valutazione comune insieme al Presidente.

E questi vincoli valgono anche per il programma di governo?

Il Colle deve assicurarsi che il governo, nella sua composizione e nel programma che presenta, rispetti tutti i principi costituzionali: il vincolo di bilancio, la copertura di spesa prevista e i vincoli europei, cui l’Italia deve continuare a fare fede. Del resto, il Presidente della Repubblica interviene sulla base degli stessi limiti anche nell’attività successiva del governo, per esempio rinviando alle camere deliberazioni legislative contrarie a questi principi.

Sarebbe quindi nelle sue prerogative, in astratto, di rifiutare la proposta di premiership di Lega e Movimento 5 Stelle?

Astrattamente sì, la potrebbe rifiutare. Il Presidente, legittimamente, può segnalare i punti di forza e di debolezza di una candidatura, ipotizzarne una diversa e tentare una linea di persuasione. Si tratta però di valutare in concreto la situazione e di instaurare una leale collaborazione tra il Colle e le forze politiche: non credo si auspicabile che si sviluppi un conflitto.

Dal punto di vista dei tempi, quanto potrebbe continuare questa fase attuale?

Il limite è quello della ragionevolezza. Se chiedere tempo diventa una melina dilatoria, questo non è accettabile. Se invece si tratta di una condizione necessaria per trovare la soluzione in un contesto con caratteri di novità, allora Mattarella può concedere proroghe. L’obiettivo, evidentemente, è quello di far nascere quello che, un tempo, si chiamava governo di coalizione.

Una soluzione vecchio stile.

Oggi si parla di contratto alla tedesca, ma i patti governativi ci sono sempre stati quando forze politiche diverse si sono dovute coalizzare per raggiungere una maggioranza. Nei tempi recenti, i partiti hanno una visione esclusivista di assunzione della responsabilità di governo, con la logica dell “io e non altri”. I numeri li stanno costringendo, invece, a cercare convergenze. Per questo il Colle può fissare nuovi termini per cercare la composizione politica del governo.

Ha riscontrato, nell’agire dei partiti politici, un qualche strappo alla prassi istituzionale. Per esempio con la scelta dei 5 Stelle di sottoporre al voto online la proposta che già è stata avanzata al Presidente della Repubblica.

No, il voto online è una questione interna al partito politico, irrilevante sia dal punto di vista costituzionale che parlamentare.

Il rifiuto netto e immediato alla soluzione del governo neutrale è suonato come una delegittimazione del Colle?

Si è trattato di un no politico, un rifiuto di dare valore politico a un governo indicato dal Presidente. Noto, però, che proprio la nettezza della posizione del Colle è stata fondamentale nel determinare la nuova apertura al dialogo tra Lega e 5 Stelle. L’intervento di Mattarella ha avuto una funzione di stimolo, aprendo ancora alla ricerca di una soluzione di governo che fino a poco prima entrambe le forze avevano escluso.