Nessuna intenzione di infilarmi nel ginepraio delle polemiche tra il leader di Italia Viva Matteo Renzi, la procura della Repubblica di Firenze e l’Associazione Nazionale dei Magistrati. Però, una riflessione, un “dubbio”, se si vuole… Il senatore Renzi annuncia l’uscita di un suo prossimo libro, “in cui scriverò di tutti i tentativi di dossieraggio subiti dai servizi segreti, così se mi succede qualcosa almeno è agli atti”.

Nulla da eccepire su Renzi scrittore (sul conferenziere qualcosa sì, ma non qui e ora); ma Renzi è anche senatore (ancora): forse non rientra nei suoi doveri civici anche – almeno – il portare copia delle bozze della sua opera alla magistratura? Consegnarne copia al presidente del Consiglio, che per quel che riguarda i Servizi ha qualche responsabilità istituzionale.

Consegnarne copia anche al Comitato Parlamentare di Vigilanza e Controllo sui servizi stessi.

Avvalersi delle sue prerogative e diritti, tra i quali c’è quello di presentare interrogazioni e interpellanze… Sono tutte cose che mi trovassi io nella sua condizione, farei senza attendere troppo indugio: anche queste "così, se mi succede qualcosa, almeno è agli atti...".

Ma posso solo parlare per me, cresciuto e allevato alla scuola radicale di Marco Pannella: che, come esorta il poeta, toglieva le serrature dalle porte, toglieva anche le porte dai cardini.

Renzi, naturalmente, faccia come crede.

Però, sempre in questo gioco di ruoli: se fossi capo della procura di Roma una telefonata al senatore Renzi l’avrei già fatta, per chiedere, con rispetto s’intende: "Scusi, senatore, ha niente da dirmi? Non si sa mai, succedesse qualcosa...".