Cosa dobbiamo pensare, presidente Luigi Manconi? Lei ha votato contro l’arresto del senatore Antonio Caridi in dissenso dal gruppo del Pd: non sarà mica complice dei malfattori?Guardi, l’ipotesi non regge neppure come esercizio di paradosso. Mi sono limitato a dichiarare con il mio voto che ritenevo non presentarsi le circostanze per poter adottare la misura della custodia cautelare. Circostanze ancora più tassativamente definite dagli ultimi interventi normativi.Luigi Manconi è tra i pochi, pochissimi autentici garantisti riconoscibili nell’attuale Parlamento. Presidente della commissione Diritti umani, figura integra ed esemplare per l’impegno pluridecennale nella difesa dei diritti, a cominciare da quelli dei detenuti, non può essere sospettato di alcunché. La scelta di spostare la conversazione sul piano del paradosso è un artificio utile a segnalare l’assurdità dell’autorizzazione all’arresto del senatore calabrese Caridi votata l’altro ieri dall’aula di Palazzo Madama.Fuori dal paradosso, il Senato sembra preda di un furibondo impazzimento.E nemmeno questo è vero. Il mio gruppo ha votato in blocco per il sì all’arresto, e ho letto negli occhi di molti miei compagni di partito un’effettiva convinzione. In questi casi ciò che induce a formare un’opinione è l’affastellarsi degli indizi, l’addizionarsi delle circostanze, degli elementi suggestivi, dei fatti inquietanti.Il che non c’entra con la fondatezza di una richiesta di arresto.Appunto. La Camera di appartenenza è investita della funzione di valutare l’esistenza di un fumus persecutionis dietro le richieste di misure cautelari. E per fare questa valutazione non si può che riferirsi al rispetto della nomativa su questo istituto penale.Di recente precisato da sentenze della Cassazione.Sì, da quelle che richiamano la necessità che vi sia concretezza del pericolo di fuga, reiterazione del reato o inquinamento delle prove. E anche dalla recente pronuncia della stessa Suprema corte secondo cui ci deve essere una ragionevole vicinanza temporale tra il presunto reato e l’ordinanza cautelare. Nel caso esaminato e definito a giugno dalla Cassazione si è ritenuto fossero troppi due anni, qui le accuse a Caridi da parte dei pentiti risalgono a quindici anni fa.Principi ormai ignorati. Il Parlamento è ancora sotto la botta di Tangentopoli?Sì e no. È vero che quel trauma storico ha travolto limiti e vincoli e li ha subordinati a una valutazione di ordine storico, politico e culturale. D’altra parte a essere decisivo è l’equivoco di fondo sul mandato a cui si deve ottemperare nel momento in cui il Parlamento deve pronunciarsi su una richiesta di arrestare un proprio componente. E quel mandato appunto prevede semplicemente che si debba valutare se l’autorità giudiziaria ha osservato il principio di tassatività nel riconoscere la sussistenza dei requisiti per la misura cautelare. Se il magistrato deroga da quel criterio di tassatività, allora il Parlamento può ravvisare il fumus persecutionis.Criterio a cui evidentemente non si ispira il senatore Giarrusso, il cui eloquio è stato da lei definito ‘capace di rendere garantista anche un boia’.Mi riferivo al discorso che ha fatto in aula al momento delle dichiarazioni di voto. Ha usato un argomento che condotto alle sue coerenti ed estreme conseguenze sarebbe così riassumibile: dal momento che su Caridi non abbiamo evidenze sufficienti, proprio la carenza di prove e di evidenze adeguate confermano che siamo davanti a un membro autorevole dell’organizzazione criminale. Secondo il ragionamento di Giarrusso, Caridi sarebbe a tal punto consustanziale alla cupola da non offrire possibilità di documentarne l’appartenenza: sarebbe non indagabile proprio perché così promiscuo.Ecco, perfetto, abbiamo capito ancora meglio la battuta sul boia che diventa garantista. Ma i cinquestelle secondo lei sono un po’ nervosi?Cosa glielo fa pensare?La promessa della senatrice cinquestelle Blundo di consegnare ai pm tutti gli altri corrotti a partire da Zanda.Blundo si è scusata ma certo la mia risposta precedente era ironica. E in effetti penso di sì, che nel Movimento circoli molto nervosismo. E questo credo derivi dal fatto che per loro stessi è difficile non avere percezione di come la loro superba alterità risulti compromessa. Scatta un meccanismo di autodifesa: esaltare la propria funzione di espressione ontologica del bene contro il male. L’alternativa sarebbe riconoscere che sono come tutti gli altri, ma questo richiederebbe una capacità di autocritica radicale che evidentemente non riescono ad attivare.Sono anche loro corruttibili?Vorrei chiarire: non mi riferisco all’inevitabilità della corruzione, ma alla necessità della mediazione, alla dura fatica del compromesso che chi è chiamato al governo delle città dovrebbe pur scoprire.Spesso il Pd sembra ondivago, anche sulle autorizzazioni all’arresto, proprio perché condizionato dallo spauracchio grillino.Io ho alle spalle altre due esperienze in Parlamento, quella del ’94 e l’altra nel 2001: se devo giudicare, i parlamentari di sinistra dell’epoca erano assai meno garantisti di oggi. È vero che restano oscillazioni nel voto sulle richieste cautelari, ma sono convinto che tutto si debba alla fragilità di quella benedetta norma.Perché è fragile la norma?È ambigua perché sembrerebbe riferirsi a una diabolica, pervicace volontà di perseguire il male dell’indagato. Ma visto che qui saremmo appunto nella dimensione del demoniaco, ci si dovrebbe convincere che il criterio va riferito all’eventuale assenza di rispetto della tassatività con cui sono posti i requisiti per le misure cautelari. Se il magistrato non tiene conto della tassatività con cui si richiede la sussistenza di determinati presupposti, allora questa negligenza può rimandare a una qualche tentazione persecutoria nei confronti degli indagati.Tentazione, lei dice: parliamo di sfumature. Ma in ultimo, presidente: lo ha sentito Caridi? Ma davvero le pare il capo della ’ndrangheta?Le sembrerà incredibile ma ho imparato a sottrarmi a entrambi i ricatti: sia a quello di chi dice ‘come fai a presumere l’innocenza di uno così? ’ sia al suo, che mi vorrebbe inchiodare con la retorica del ‘ma davvero può pensare che quello lì sia il capo delle ’ndrine’.