Il “Fatto Quotidiano” ha accusato il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore di voler fornire skype (cioè una linea telefonica libera, che viaggia sul web) ai mafiosi, per permettere loro di comunicare con le cosche. E ha avanzato l’ipotesi che questa idea del sottosegretario faccia parte di una nuova trattativa Stato-mafia. Le accuse a Migliore sono state lanciate sabato con un titolo gigantesco in apertura del giornale («Diamo skype ai mafiosi. Migliore annuncia lo svuotamento del 41 bis») e riprese il giorno stesso con una spericolata intervista al Procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e poi di nuovo il giorno dopo con uno spericolatissimo editoriale di Marco Travaglio. Anche l’intervista a Teresi è stata raccolta direttamente da Travaglio.Tutta questa montatura giornalistica è stata costruita su una clamorosa menzogna, o su un errore colossale e assai imbarazzante. Gennaro Migliore - come dimostrano numerose registrazioni, varie testimonianze e articoli di giornale - non si è neppure sognato di proporre skype per i detenuti al 41 bis. Migliore aveva parlato della necessità di correggere il 41 bis (che è il regime di carcere duro previsto per alcuni prigionieri accusati o condannati per mafia o terrorismo, e contro il quale si è pronunciato persino il papa) per rispettare la Costituzione ed evitare misure “afflittive” non utili ai fini dell’isolamento dei boss mafiosi, e poi aveva parlato della possibilità di introdurre innovazioni tecnologiche per i carcerati a bassa pericolosità, che già oggi usano il normale telefono e che per legge, da tempo, soni autorizzati a usare skype. Di skype ai mafiosi non si è mai sognato di parlare.Probabilmente l’infortunio giornalistico - molto grave - è dovuto all’ingenuità di un cronista, che aveva ripreso delle notizie pubblicate nel giornale abruzzese “Il Centro” senza però, forse per inesperienza, capirle bene. Si potrebbe dire: succede. Il problema è che, prima della pubblicazione dell’articolo, Gennaro Migliore - ascoltato per telefono - aveva avvertito il “Fatto” dell’errore giornalistico e aveva spiegato di non aver mai detto quelle cose. E ciononostante il quotidiano aveva deciso di pubblicare l’articolo, di pubblicare in prima pagina il titolo che conteneva la menzogna (corredato con le foto di Riina, Provenzano, Bagarella e persino del vecchio Cutolo, che stavano lì a indicare a chi Migliore voleva dare skype...) e di trarre in inganno il Procuratore Teresi chiedendogli di commentare come se fosse vera una proposta falsa attribuita a Migliore.Il quale Teresi, peraltro, rilasciando l’intervista a Travaglio, e cadendo involontariamente nella trappola della falsa notizia, ha anche contravvenuto in modo abbastanza clamoroso alla richiesta di due giorni prima del Procuratore di Palermo, Lo Voi, il quale diffidava procuratori aggiunti e sostituti a non non parlare alla stampa senza autorizzazione.Tutta questa brutta vicenda ci pone due domande. La prima riguarda il perché, la seconda il come. E cioè: perché “Il Fatto Quotidiano” ha deciso di costruire una grossa campagna giornalistica su una grossa menzogna? E poi: come si è ridotto il nostro giornalismo, se non risponde più a nessuna richiesta di informazione ma solo a esigenze politiche di parte, o di schieramento?Alla prima domanda la risposta più probabile è questa: i settori giustizialisti della politica italiana, e cioè quelli vicini al cosiddetto partito dei Pm dei quali “Il Fatto” è il più fedele portavoce, ritengono necessaria una offensiva contro il governo, contro il ministro Orlando e i suoi sottosegretari, perché temono una politica che “civilizzi” il regime carcerario, indebolendo uno degli strumenti più forti in mano alla pubblica accusa che è l’uso del carcere (e della minaccia) per costringere gli imputati a parlare e ad accusare se stessi ed altri. Perché questo stile di indagini possa funzionare bene sono necessari il 41 bis e l’uso intenso della carcerazione preventiva. Anche se il 41 bis è in gran parte in contrasto con la Costituzione e la carcerazione preventiva quasi sempre illegale.Questa strategia del partito giustizialista - di contrasto a ogni rischio di garantismo del governo - in gran parte si esprime attraverso l’uso dei mass media e dei giornali. E i giornali, per adattarsi a questa strategia, sospendono ogni criterio - diciamo così - di verità, o più semplicemente di informazione. La necessità di informare su cose e fatti realmente accaduti viene interamente soppiantata dalla necessità di fare polemica. E il giornalismo scompare, cioè si trasforma in una specie di attività di manganellatura che non ha niente a che fare con l’attività e i compiti dell’informazione.Chissà se l’ordine dei giornalisti, per esempio, ma le stesse organizzazioni sindacali di categoria, hanno qualcosa da dire a riguardo. Se cioè sono interessati a fare qualcosa per fermare una discesa vorticosa della nostra professione, che in questo modo si trasforma da nobile professione intellettuale in un rude mestiere manuale (dove la mano è quella usata per impugnare il manganello...)