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Giorgianni
Si dimette o non si dimette? Non è ancora chiaro cosa farà Angelo Giorgianni, presidente di sezione della Corte d’appello di Messina nonché oratore nelle piazze No Vax. Dopo aver arringato la folla sabato scorso dal palco della manifestazione anti Green pass - chiedendo una «Norimberga per i politici» - l’autorevole magistrato aveva annunciato all’AdnKronos la sua intenzione di appendere la toga al chiodo per poter professare liberamente le proprie idee. Decisione sacrosanta per un giudice, che in maniere imperativa dovrebbe apparire credibile e non condizionabile agli occhi di ogni singolo cittadino. Perché uno può anche decidere di percorrere un tratto di strada con Roberto Fiore e Giuliano Castellino - pur condannando le violenze - ma sarebbe preferibile farlo senza esercitare contemporaneamente un altro potere dello Stato. Quindi ben vengano le intenzioni di Giorgianni che intervistato dichiara: «Se il fatto di indossare la toga mi deve limitare a esprimere la mia opinione sulla legittimità di atti o di provvedimenti, o peggio ancora di denunciare fatti penalmente rilevanti, anche se riguardano rappresentanti delle istituzioni, allora preferisco lasciare la toga». L’importante è che alle intenzioni seguano i fatti. Perché sempre nella stessa intervista Giorgianni spiega che a partire dal 15 ottobre, data in cui entrerà in vigore il green pass obbligatorio sui luoghi di lavoro, farà «un tampone ogni tre giorni». Dunque, delle due l’una: o il magistrato lascia la toga come dichiarato o continuerà a giudicare quotidianamente delle persone e per questo avrà bisogno di un tampone negativo per continuare a esercitare la funzione. Avrà tempo per pensare con calma al da farsi, Giorgianni. Perché il «popolo italiano» non gli ha dato alcun « preavviso di sfratto», come quello da lui invocato in piazza contro «coloro che occupano abusivamente i palazzi del potere».