Senatrice Cirinnà, perché ritiene importante andare subito in Aula per votare il ddl Zan nonostante la profonda divisione che c'è tra i partiti? Credo che, dopo mesi di stallo, sia arrivato il momento per le forze politiche di assumersi le proprie responsabilità, a viso aperto. È necessario che le persone sappiano, seguendo i lavori parlamentari, chi è dalla parte dei diritti e della tutela della dignità e chi guarda invece ad altri modelli, come quello ungherese. La discussione in questi mesi è stata aspra. Pensa sia normale e in un certo senso anche giusto o le bandierine piantate dai singoli partiti hanno finito per allontanare dall’obiettivo? È normale che, quando si affrontano questioni così vicine al benessere delle persone e alla promozione dell’uguaglianza, ci sia conflitto. Certo, sarebbe doveroso evitare toni irrispettosi, violenti, umilianti. E questo purtroppo non sempre è avvenuto: penso ad esempio, ma non soltanto, a tanto di quello che abbiamo ascoltato nel corso delle audizioni. Si discute molto degli articoli 1, 4 e 7, che sono anche quelli contestati dal Vaticano. Crede che fosse opportuno trovare un compromesso già in prima lettura alla Camera per evitare lo stallo di oggi? Su quei tre articoli alla Camera si è discusso per mesi, anche a seguito delle richieste di Italia Viva e con il loro contributo decisivo. Ricordo soltanto che l’emendamento che ha introdotto, in Aula, l’articolo 1, porta la prima firma di Lucia Annibali, deputata IV. Il testo uscito dalla Camera è già il frutto di un compromesso avanzato e, secondo me, equilibrato. Anche per questo, lo stallo di queste settimane è incomprensibile e grave. Lei ha accusato Renzi e Italia Viva di suicidio politico. Pensa che quella di Renzi sia solo una mossa per allearsi con il centrodestra in ottica Quirinale come dicono molti? La mossa di Renzi è dettata, probabilmente, dal tentativo di riposizionarsi al centro dello scenario politico. Non è una novità, lo abbiamo visto anche in occasione della crisi dei due governi Conte. Le motivazioni mi interessano poco, tuttavia: ritengo sia importante, invece, riflettere sul fatto che al centro di tutta questa vicenda c’è la vita di persone in carne e ossa, che non può essere oggetto di mediazioni politiche al ribasso. Ritiene che la sovraesposizione mediatica del ddl Zan, ultimo caso quello di Chiara Ferragni e Fedez contro Renzi, abbia finito per polarizzare gli schieramenti e rendere più difficile l’approvazione del ddl? Ritengo che la grande mobilitazione degli ultimi mesi, della società civile e del mondo dello spettacolo, a sostegno del ddl Zan, abbia giocato un ruolo fondamentale per portare questo tema al centro del dibattito pubblico. È importantissimo che, quando la politica è chiamata a occuparsi della vita delle persone, la società intera venga coinvolta. E non bisogna avere paura del conflitto, mai: e anzi agirlo con coraggio. Alcuni esponenti politici e categorie inizialmente a favore, come Fassina di Leu e le femministe, ora chiedono cautela per il rischio di incostituzionalità. Qual è la sua posizione? Si tratta di dubbi che non hanno motivo di essere. Dicono che il concetto di identità di genere non è giuridicamente corretto, quando invece è frutto di anni di elaborazione giuridica, nella giurisprudenza delle Corti europee e della Corte costituzionale ma anche nella legislazione italiana. Dicono che è un concetto che mette a rischio le donne, quando invece serve soltanto a proteggere le persone trans dalla discriminazione e dalla violenza, rispecchiandone con precisione l’esperienza di vita. Una legge non perfetta è meglio che nessuna legge? In questo caso no, perché le modifiche proposte escluderebbero dalla protezione le persone maggiormente esposte alla discriminazione e alla violenza, cioè le persone trans. E questo non è accettabile.