Se continua il Sacco di Roma e il M5s dovesse implodere, anche al di là di quello che sarà il futuro della giunta Raggi, per Renzi sarà una buona notizia politica o il complicarsi dei suoi progetti? Non è facile rispondere. La crisi della politica italiana ha azzerato il vecchio schema per cui ad ogni fatto politico corrisponde una (abbastanza probabile) conseguenza.Intanto, il punto decisivo per il futuro di Renzi è la vittoria al referendum. Tulle le mosse del premier, pensioni - più flessibilità in Europa - Leopolda, sono pensate per la vittoria del . Se vince il No, lo scenario italiano cambia. Renzi esce di scena; almeno, per un bel pezzo. Quando dice di avere accantonato le sue dimissioni in realtà le ribadisce e conferma; sa che sono dovute e necessarie, al di là della bolla mediatica che c'è stata. Ed allora la domanda iniziale diventa: l'eventuale implosione del M5s aiuterà il Sì o il No al referendum?Altro punto decisivo: il M5s è strategicamente interessato al Sì, condizione perché l'Italicum non salti e possa (almeno possa) restare fino alle elezioni. Se implode, o se comunque il suo prestigio dovesse ridursi drasticamente, il lavorio dei penstellati che debbono sostenere ufficialmente il No ma favorire comportamenti reali per il Sì, si indebolirebbe in modo molto serio. Un 5s forte e autorevole può fare manovre spericolate. Ma ormai privo di prestigio verso militanti e soprattutto elettori incontrerebbe maggiori difficoltà, specialmente tenendo conto che tutte le manovre si svolgerebbero sul terreno della lealtà e della trasparenza. In questo caso come si orienterà il grosso dell'elettorato che ha votato il Movimento?I sondaggisti, al momento non hanno verificato grandi spostamenti nella tenuta dei 5s. Ma per spiegarne il perché hanno dovuto inventarsi la categoria della "incredulità". Ma gli stessi sondaggisti, unanimi, prevedono che quando alla incredulità bisognerà che si arrendano anche i più irriducibili, vi sarà un contraccolpo piuttosto consistente. Del resto, i quasi 9 milioni di voti del 2013 per Grillo e Casaleggio non sono stati una creazione molecolare del M5s, secondo le antiche logiche della politica del Novecento, ma - la conferma viene dal voto populista che si sta espandendo in tutta Europa - l'addensarsi sul M5s di un'area di cittadini italiani (soprattutto di destra ma non solo) fuoriuscita dal sistema politico per una doppia crisi: quella del centrodestra spappolato e quella del centrosinistra (di Bersani) privo della credibilità necessaria per proporsi come alternativa. Quindi voti che hanno scelto di recarsi in libera uscita nel M5s non avendo altre possibilità. Ed è stupefacente che se ne sia accorto e lo dica Michele Santoro che le elezioni non le ha vinte il M5s, perché, ha dettato a Repubblica: «A Roma la campagna non l'ha fatta la Raggi, l'ha fatta la magistratura con Mafia Capitale».Insomma, una parte importante, e tale da fare la differenza rispetto al risultato del referendum, dei voti pentastellati, fin qui tiepida rispetto agli aspetti istituzionali (vedi, come prova ad abbondare, la mancata raccolta del M5s delle firme necessarie per l'invio alla Consulta dell'Italicum) potrebbe incaponirsi giocando contro tutto e tutti e quindi irrobustendo il No con un'energia nuova rispetto alla tiepidezza del M5s di prima della Raggi. Così alla fine invece di far gioire Renzi, lo sfracello romano potrebbe aiutare D'Alema. Del resto, non è stato il leader Maximo fin da principio a capire che per disarticolare il Partito della Nazione di Renzi, bisognava bloccare il Pd al Comune di Roma?