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Neanche gli scandali sono più quelli di una volta! Una volta per fare uno scandalo era necessario che girassero dei quattrini. Ora si possono fare anche gratis. Ieri provavo a richiamare alla memoria gli scandali politici che ricordo, quelli grandi, che fecero scalpore, e che per conseguenze politiche e mediatiche - per potenziale di fuoco della stampa e dei partiti politici - possono ricordare questo scandalo di banca Etruria. Mi è tornato alla mente lo “scandalo delle banane”, anno 1963. Una volta gli scandali erano una cosa seria... Andavo alle medie, ero ragazzino, ma me lo ricordo bene perché ne parlavano tutti.
E poi pare che quell’avvocato che fu arrestato, un certo Bartoli Avveduti, fosse il marito di una cugina di mio padre. Lo scandalo coinvolse un ministro, un certo Trabucchi, che poi se la cavò perché allora l’immunità parlamentare era una cosa seria e poi c’era anche una super immunità per i ministri ( l’avevano voluta i padri costituenti, quelli che avevano guidato la lotta al fascismo e che scrissero la Costituzione).
Lo scandalo delle banane consisteva in un giro di bustarelle con le quali venivano truccate le aste e veniva destabilizzato il mercato delle banane che, all’epoca, era sottoposto al monopolio. Girarono molti soldi. Due miliardi di lire di quel tempo, che non saprei convertire con precisione in euro attuali, tenendo conto dell’inflazione, ma a occhio erano circa 20 milioni di euro.
Poi mi ricordo gli anni 70, con la Lockheed, che fu uno scandalo colossale, lambì l’onorabilità di Moro, fece tremare i governi e la Dc e mandò a gambe all’aria persino il Quirinale, dove c’era l’incolpevole Giovanni Leone che fu costretto a dimnettersi. Era una storia di tangenti pagate dall’industria americana per vendere alcuni aerei militari alla nostra aviazione. Non si è mai saputo bene quanto fossero grandi queste tangenti e chi le abbia intascate. Erano una cosetta da venti o trenta milioni di dollari che, sempre calcolando l’inflazione, credo che corrispondessero più o meno a due o trecento milioni di euro di oggi. Un ministro finì in prigione, si chiamava Mario Tanassi ed era stato segretario del partito socialdemocratico e del partito socialista unificato. Un altro ministro, Luigi Gui, democristiano, fu assolto. Negli anni ottanta arrivò lo scandalo petroli. Lì per la prima volta tremò il Psi che controllava l’Eni. Era una roba davvero grossa, perché erano stati fatti, pare, un gran numero di imbrogli che avevano spinto in alto il prezzo della benzina e permesso gigantesche evasioni fiscali. Non si seppe mai chi aveva preso le tangenti, ma la sentenza disse che erano finite ai partiti di governo. Quante tangenti? Circa 2000 miliardi di lire, una montagna incredibile di soldi. Dopodiché si arriva a Tangentopoli, frazionata in tanti scandali, il più grande dei quali fu quello Enimont ( l’azienda nata dalla fusione di Eni e Montedison) con tangenti miliardarie pagate a tutti i partiti, sia di governo sia di opposizione. Ci fu il famoso processo nel quale Di Pietro mise alla sbarra in diretta Tv i capi della politica italiana: Craxi e Forlani, soprattutto.
Ecco, ora c’è lo scandalo Boschi. I plotoni di esecuzione sono molto folti e ben attrezzati. Sparano, sparano, sparano ogni giorno. Nei plotoni ci sono i rapresentanti dei partiti, ma soprattutto ci sono i giornali e le Tv. A capo di tutti i plotoni c’è il personaggio emergente della politica italiana: Marco Travaglio. Che è ubiquo. E ormai guida giornali e partiti in contemporanea.
Quel che manca in questo scandalo è solo un dettaglio: l’oggetto dello scandalo. Quello non c’è. Ci sono gli imputati, gli accusatori e la condanna. Manca l’accusa. Boschi sarebbe colpevole di conflitto di interessi, pur non avendo sicuramente incassato un solo euro bucato e non aver commesso nessunissima violazione della legge e neppure nessun atto censurabile, e non avere mai favorito ma anzi aver danneggiato suo padre.
Non ha colpe specifiche - dicono gli accusatori ma è colpevole. E’ vero che non ha favorito suo padre, ex vicepresidente della fallita banca Etruria, però - dice Travaglio, spesso sorridendo - in pratica lo ha favorito. Come? Salvando la banca? No, questo no. Salvando la sua vicepresidenza? No, questo no. Permettendogli di portar via un bottino? No, ma per carità, non è questo! E allora? Cosa ha fatto il governo Renzi- Boschi con Etruria? L’ha commissariata, sì, però lo ha fatto malvolentieri. Forse. Ecco, l’accusa è questa: malvolentieri. E poi, comunque, avrebbe potuto non farlo e in quel caso ci sarebbe stato, se non proprio un reato, sicuramente un peccato. Giusto - ribatte l’accusa - ma il fatto stesso che avrebbe potuto non farlo, e dunque compiere una scorrettezza, configura di per se la scorrettezza.
L’altra sera ho seguito per un’oretta una trasmissione televisiva della Sette, “di martedì”. Era sul caso Boschi, ma la Boschi non c’era. Non c’era neanche nessun altro che sostenesse posizioni o idee a lei vagamente favorevoli. La tesi dell’accusa era quella che abbiamo spiegato poche righe qui sopra. “Non l’ha fatto ma avrebbe potuto…”. La trasmissione era organizzata così: prima ha parlato Di Battista, quello dei 5 Stelle. Senza nessun contraddittorio, come si usa con i 5 Stelle. Solo, assiso su una bella sedia, ha potuto indisturbato svolgere il comizio e spiegare come e perché la Boschi è massimamente colpevole e il fatto che però non abbia colpe è del tutto secondario.
Poi Di Battista se ne è andato e sono arrivati tre giornalisti. Per discutere in modo più oggettivo, meno politicizzato. Volete sapere chi? Beh, Marco Travaglio e Maurizio Belpietro, cioè i direttori dei due giornali che stanno guidando la campagna contro la Boschi, e Massimo Giannini, giornalista di Repubblica che notoriamente - per ragioni anche comprensibili - tutti può sopportare nel mondo politico italiano, tranne Matteo Renzi ( che lo ha in pratica cacciato dalla Rai). Ne è nata una discussione surreale fra i tre, perché ciascuno voleva dimostrare di essere più inflessibile degli altri due. Non avevo mai visto niente di simile in una televisione. Neanche al tempo della Rai democristiana- democristiana ( almeno un oppositore, magari un oppositore di sua maestà, uno spazietto ce l’aveva sempre).
A un certo punto Travaglio se ne è andato, dicendo che doveva tornare al suo giornale, per lavorare un po’. Belpietro e Giannini hanno continuato a picchiare sulla Boschi. Poi è arrivato Bersani. Ha iniziato a picchiare anche lui. Passano cinque minuti d’orologio e ricompare Travaglio. Stupore: ma come, non se n’era andato? Floris, tutto soddisfatto, annuncia che Travaglio è arrivato al suo giornale ma non ha trovato molto da fare e dunque si è ricollegato. E allora Floris gli chiede cosa pensa del caso Boschi. Travaglio dice che è peggio di Berlusconi. poi ridanno la parola Belpietro e Giannini. Poi di nuovo a Travaglio.
Mistero su come abbia fatto Travaglio a coprire la distanza tra il quartiere Prati e il quartiere San Giovanni, con tanta rapidità. Mistero, che si aggiunge al mistero di come possa esistere uno scandalo senza scandalo e un colpevole senza colpe. E’ la nuova politica, che funziona così. E la nuova televisione libera, libera veramente, che però fa venire una gran nostalgia della Tv di Ettore Bernabei.