Dopo tanti tentativi di ignorarlo o minimizzarlo, Matteo Renzi ha ammesso il cosiddetto "combinato disposto" fra la riforma costituzionale sotto procedura referendaria e la legge elettorale della Camera nota come Italicum. Si è perciò deciso a mettere in cantiere non solo modifiche alla legge elettorale della Camera ma anche il contenuto della legge ordinaria che dovrà disciplinare la formazione del nuovo Senato.Il tentativo è di rimuovere quelli che lui ha definito "gli alibi" dei critici o avversari interni di partito attratti, diciamo così, dal no referendario, se non già decisi in quella direzione.Il risultato non sembra tuttavia incoraggiante. Qualche segno di apertura è venuto ancora una volta dall'ex presidente ed ex concorrente alla segreteria Gianni Cuperlo, che però ha ugualmente compiuto, diffidente pure lui, un passo così lungo verso il No da aggiungere una chiosa di una correttezza pari alla gravità degli eventuali effetti: si dimetterà da deputato se deciderà di votare e annunciare il no. Le dimissioni magari sarebbero respinte dalla Camera, almeno in prima battuta, secondo una prassi consolidata, violata solo una volta: nei riguardi di Marco Pannella. Ma farebbero ugualmente salire la già alta temperatura nel partito, quasi da altoforno.C'è comunque un altro "combinato disposto" sulla strada del referendum a causa della data scelta dal governo per il suo svolgimento: il 4 dicembre. E' la domenica precedente all'ultima possibile, ma pur sempre di dicembre. Che è il mese di Natale: quello in cui gli alberi addobbati si alternano o si sommano ai presepi. E il presepe politico quest'anno nel Pd, ma anche oltre il Pd, sarà ben difficile da allestire e da far piacere. Sia che vinca, sia che perda il referendum, il presepe di Renzi risulterà indigesto a troppa gente. Le zampogne potrebbero addirittura suonare la musica per niente melodiosa dell'ennesima scissione a sinistra, che di scissioni ha già sofferto moltissimo nel secolo scorso.Il presepe non mi piace, potranno dire con ostinazione i critici e gli avversari del segretario del Pd e presidente del Consiglio, come non sono piaciute, o non hanno convinto, le proposte da lui formulate o adombrate e il relativo percorso parlamentare, per quanto affidato ad una commissione o delegazione partecipata anche dalle minoranze del suo partito.Peccato che il grande, indimenticabile Eduardo De Filippo sia morto da ben 32 anni, e all'età di 84. Oggi di anni ne avrebbe addirittura 116. Ma sarebbe riuscito ugualmente, con la sua fantasia, a inventarsi un'edizione politica del suo celeberrimo Natale in casa Cupiello, la tragicommedia in tre atti rappresentata per la prima volta a Napoli nel 1931. Uno spettacolo ancora imperdibile nel quale il povero Lucariello non riesce a far piacere al figliolo Nennillo il presepe - «Te piace ?o presepio? », gli chiede ogni anno e più volte, e l'altro risponde: «No» - se non pietosamente, in punto di morte, dopo rocambolesche vicende familiari di tradimenti ed equivoci.Nessuno può dire naturalmente a chi Eduardo avrebbe assegnato, fra i protagonisti e gli attori dell'odierno, tormentato Pd, la parte di Lucariello e quella di Nennillo, o quella della moglie Concetta, del fratello bizzoso Pasquale, della figlia Ninuccia, dell'amante Vittorio e del marito Nicolino, venuto a conoscenza della tresca per un equivoco del povero e malandato suocero.Certo, il cognome che fra tutti gli attori di oggi, nella tragicommedia del Pd, assomiglia al Cupiello del 1931 è quello di Cuperlo, tutt'altro che napoletano e forse il più travagliato fra quelli tentati dal no referendario, che è poi il rifiuto del presepe costituzionale allestito da Renzi: tanto travagliato da essere pronto, come dicevo, a rinunciare al mandato parlamentare se dovesse votare contro la riforma, in dissenso dalla maggioranza del partito, pur con tutte le complicazioni che questa rinuncia creerebbe lo stesso al segretario.È francamente difficile barcamenarsi nei meandri della campagna referendaria, che ha offerto spettacoli obiettivamente inconsueti. Come quello di Eugenio Scalfari che polemizza col presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky per rifiutare il contrasto fra oligarchia e democrazia, sostenere che l'unica alternativa alla oligarchia intesa come classe dirigente è la dittatura e per rammaricarsi solo del fatto che Renzi, con il suo vero o presunto giglio più o meno magico di amici e collaboratori fidati che parlano tutti toscano, non è un oligarca eccellente, tipo Pericle.È difficile, ripeto, barcamenarsi. Ma di una cosa non riesco proprio a capacitarmi: del perché Renzi abbia impiegato tanto tempo, più di un anno e mezzo, per capire che quella storia del Senato composto di consiglieri regionali - e pure sindaci - non si sa come eletti, essendone state delegate le modalità ad una legge ordinaria di là da venire, non poteva stare in piedi e gli avrebbe complicato la campagna referendaria. Solo adesso egli si è deciso ad apprezzare la proposta migliore inutilmente formulata dal suo collega di partito, ed ex vice presidente di Palazzo Madama Vannino Chiti. La proposta cioè della doppia scheda da consegnare ai cittadini: una per eleggere i consiglieri regionali e un'altra per eleggere, contemporaneamente, i candidati consiglieri regionali da mandare anche nel nuovo Senato. Che rimarrebbe così elettivo, o in gran parte elettivo, visto che, a parte i sindaci che non si sa ancora come potranno o dovranno essere scelti, della nuova e stringata assemblea di Palazzo Madama continueranno a far parte pure i senatori a vita, diciamo così in estinzione, fatti i debiti scongiuri, fra quelli di diritto come l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e quelli da lui nominati per meriti eccezionali quand'era al Quirinale, e i cinque che saranno via via scelti dai suoi successori per decadere però con chi li avrà nominati.Un Senato ridimensionato nelle competenze ma ancora elettivo in gran parte, e perciò rappresentativo per la partecipazione che continua ad avere nella produzione delle leggi e nell'elezione degli organi rappresentativi, a cominciare dal capo dello Stato, avrebbe spuntato le armi a tanti sostenitori del no referendario al nuovo tipo di bicameralismo.