I numeri impietosi del rapporto Censis ci consegnano un Italia a due facce, diseguale, dove ripartono la produzione industriale ed i consumi ma aumenta la povertà assoluta.

Che cosa bisogna fare per avere una crescita più equa nel paese? Scelte chiare e coerenti delle istituzioni, della classe dirigente e delle parti sociali. Per esempio... Cosa ci dice l’impietosa analisi del Censis sull’Italia

Inumeri impietosi del rapporto Censis ci consegnano un Italia a due facce, sempre più diseguale, dove da un lato ripartono la produzione industriale ed i consumi ma aumenta anche la povertà assoluta, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno ( più 100 % rispetto al 2007). Si spende di più in viaggi ed in cultura, ma buona parte del Paese rimane ancora indietro, con le grandi città del Mezzogiorno abbandonate in un degrado sociale ed economico davvero preoccupante. Gli individui in povertà assoluta sono arrivati a 4,7 milioni, con un incremento del 165% rispetto al 2007. Un dato negativo che riguarda tutte le aree geografiche, come rileva il Censis, e che rinvia a una molteplicità di ragioni: in primo luogo alle difficoltà occupazionali, visto che tra le persone in cerca di lavoro coloro che sono in povertà assoluta sono pari al 23,2%. Il lavoro dei giovani rimane la principale emergenza del nostro paese. Su questo bisognerebbe concentrarsi di più, uscendo dagli slogan e dalle speculazioni elettorali. L’Italia non attrae i cervelli stranieri e perde i propri talenti, visto che l’esodo dei giovani verso l’estero è triplicato rispetto al 2010.

Che cosa bisogna fare, allora, per avere una crescita più equa nel paese? Il reddito di inclusione sociale, il credito d’imposta, le misure per la decontribuzione delle assunzioni dei giovani, le politiche attive, sono tutte misure utili, apprezzabili, che il Governo ha fatto bene ad inserire nella legge di bilancio. Così come bisogna insistere di più su una vera alternanza scuola- lavoro e sui servizi sociali nel territorio per il reinserimento delle persone nel tessuto produttivo.

Ma occorrono soprattutto scelte chiare e coerenti delle istituzioni, della classe dirigente e delle parti sociali. Non si può essere per lo sviluppo e poi cavalcare il populismo come sta accadendo a Taranto con la vicenda del ricorso della Regione Puglia al Tar, sul quale speriamo in un ripensamento. Bisogna favorire e non ostacolare gli investimenti in innovazione, ricerca, infrastrutture, energia pulita, risanamento ambientale, tutela del territorio e del patrimonio architettonico. «La politica deve riscoprire il dialogo con i gruppi sociali, con i migliori e più solidi soggetti di rappresentanza intermedia», ha scritto Giuseppe De Rita sul Corriere della Sera qualche giorno fa. Questa è la strada da intraprendere, stipulando accordi a livello nazionale e nelle regioni su obiettivi selezionati, concreti, verificabili, dove ciascuno deve fare la propria parte, per una crescita equa, combattere la povertà e le diseguaglianze sociali.

Annamaria Furlan

* SEGRETARIA GENERALE CISL