Le vaccinazioni hanno cambiato profondamente il destino dell'umanità. Hanno debellato, marginalizzato o limitato profondamente patologie altrimenti mortali, invalidanti o dalle possibili complicazioni infauste. Vaiolo, difterite, poliomielite e tetano sono solo alcune delle malattie che oggi non fanno più paura grazie alle vaccinazioni.E possiamo aggiungere che un'analoga rivoluzione, nella storia della medicina, è avvenuta con la scoperta degli antibiotici che hanno radicalmente abbattuto la mortalità secondaria alle infezioni.Tuttavia, estendere l'obbligo delle vaccinazioni anche a quelle oggi consigliate o raccomandate vaccinazioni e vincolare l'ingresso di un bimbo nella scuola solo se ha effettuato il calendario vaccinale configge con alcuni principi di ordine civile, culturale e non ultimo medico.Per questo, anche come medico immunologo sono indiscutibilmente a favore delle vaccinazioni ritenendole un presidio di salute pubblica di importanza nodale ed una di quelle conquiste della scienza che ci permettono oggi di aver migliorato sensibilmente la qualità e la durata della vita di ogni individuoSon però altresì rimasta molto colpita dal documento recentemente approvato dalla Federazione degli Ordini dei Medici che, in buona sostanza, minaccia la radiazione per quei colleghi che dovessero anche solo "sconsigliare" il ricorso alla vaccinazione, considerandolo "infrazione deontologica". Perché Il combinato disposto dell'idea di rendere obbligatorie le vaccinazioni e la radiazione dei medici che la sconsigliano ha in sé qualcosa di preoccupante.Forse, allora, è importante fare alcune precisazioni. Cominciando con il ricordare che, anche nel nostro Paese, vige il principio del "consenso informato".Esso trova la sua più importante consacrazione nell'art. 32 della Costituzione, secondo il quale "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge".Quest'articolo è correlato e rafforzato con l'art. 13 della stessa Carta là dove si afferma l'inviolabilità della libertà personale.Quindi la Costituzione italiana riconosce il primato della persona umana come avente diritti in un certo senso anteriori a quelli da parte dello Stato (cfr. art. 2 Cost.).Inoltre l'Italia - con la legge del 28 marzo 2001, n. 145 - ha anche ratificato la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, firmata a Oviedo il 4 aprile 1997 che dedica e fornisce ulteriori elementi sul consenso informato e lo consolida come presidio della libertà di scelta di ogni individuo, che diventa inviolabile.Si aggiunga, poi, la Direttiva Europea del dicembre 2009 che rende il consenso informato obbligatorio per tutti i tipi di vaccinazione e per tutti i cittadini.Il consenso informato assume dunque valore legale di liberatoria che manleva i medici e le case farmaceutiche dal risarcimento danni provocati al paziente dal trattamento sanitario. Viceversa, le richieste di risarcimento sono fondate per omessa o incompleta informazione nel modulo di consenso.Questo, dunque, l'impianto del nostro ordinamento che si fonda sul fatto che la salute è un diritto fondamentale e non un dovere della persona.Uno stravolgimento del modello ippocratico basato sul paternalismo medico, per cui la persona perdeva autorità sulla propria salute ed era il medico a decidere come ripristinare lo stato di benessere.Oggi il tema torna alla ribalta per la comprensibile preoccupazione che il calo delle vaccinazioni possa portare a una recrudescenza di alcune patologie, nonché un elemento di rischio per la collettività che viene maggiormente esposta a potenziali contagi.Ma se, a prima vista, l'approccio risulta condivisibile in quanto legato alla tutela della collettività, non bisogna dimenticare che le vaccinazioni sono a tutti gli effetti trattamenti medici. Con tutte le successive implicazioni.Ed è pericoloso immaginare che si possa affermare il concetto di deroghe alla salute come diritto e che le cure possano diventare un obbligo.Di questo passo, da domani, dopo le vaccinazioni, potrebbero diventare obbligatorie anche le terapie antibiotiche, perché le infezioni sono contagiose e minacciano la collettività.Oppure obbligatori potrebbero diventare gli interventi di chirurgia refrattiva ad esempio della miopia, in quanto gli occhiali non correggono alla perfezione e non coprono tutto il campo visivo e chi guida con gli occhiali è potenzialmente più pericoloso di chi ha la vista perfetta.Oppure, uscendo dal paradosso, potrebbe divenire obbligatorio per tutta la popolazione (con cadenza trimestrale) il test dell'Hiv per le ovvie implicazioni per la salute pubblica che vengono dal diffondersi della terribile infezione dell'Aids.Insomma, il nostro è uno stato di diritto e tale deve rimanere.Non è un caso, credo, che l'entrata nella pratica medico-sanitaria e nella ricerca scientifica del concetto di "consenso informato" risalga già al Processo di Norinberga (ottobre 1946-aprile 1949), quando cominciarono ad emergere le atrocità inflitte dai medici nazisti ai deportati nei campi di concentramento.Da allora il consenso informato ha assunto priorità in tutte le attività medico-sanitarie e terapeutiche, divenendo il criterio dominante in ogni intervento eticamente valido nei confronti della vita delle persone.Facciamo attenzione, dunque, in questi tempi di paura a non trasformare pian piano la nostra democrazia in una "dittatura" strisciante dove si confondono i diritti con i doveri e si disconosce il valore della cultura, essa sì potente vaccino contro il male dell'oscurantismo.Convinciamo le persone che curarsi è un bene e che vaccinarsi le protegge. Senza obbligarle però. Facciamone una battaglia culturale, non un trattamento sanitario obbligatorio. È così avremo vinto tutti insieme.*immunologa