Grandi firme e giornaloni hanno riscritto la storia politica di mezzo secolo inseguendo immaginari collegamenti fra rovesci di governi, o nascite, e terremoti.Il povero Aldo Moro, per esempio, è stato fatto cadere nel mese di giugno del 1968, dopo quattro anni di guida dei primi governi "organici" di centro sinistra, per il terremoto del Belice d'inizio di quell'anno e le polemiche che ne seguirono. Ma il suo allontanamento da Palazzo Chigi avvenne per tutt'altri motivi. Innanzitutto perché nella corrente di maggioranza del suo partito, quella dei "dorotei", Mariano Rumor smaniava di succedergli da tempo. L'allora segretario della Dc non si lasciò scappare l'occasione offerta dall'insoddisfazione dei socialisti per l'esito delle elezioni politiche del 19 maggio. Nelle cui urne essi pensavano, dopo l'unificazione dell'anno prima fra Psi e Psdi, di prendere chissà quanti voti e parlamentari. E attribuirono la colpa del mancato successo a Moro, accusato di essersi lasciato troppo trattenere dal suo partito negando, per esempio, la pensione sociale ai meno abbienti e l'inchiesta sui servizi segreti per l'ombra di un colpo di Stato avvertita, a ragione o a torto, nell'estate del 1964.Moro andò a prendersi il sole a Terracina. E quando vide che i dorotei, dalla cui corrente era nel frattempo uscito, per riprendere la collaborazione col Psi avevano concesso tutto quello che non avevano permesso a lui per un'edizione "più incisiva e coraggiosa" del centro sinistra, come venne chiamata dal suo successore Rumor a Palazzo Chigi, li scavalcò a sinistra. Propose la famosa "strategia dell'attenzione" verso il Pci e diede delle contestazioni sessantottine una lettura benevola alla quale neppure i comunisti erano arrivati.*****La politica di "solidarietà nazionale", versione ridotta del "compromesso storico" teorizzato anni prima da Enrico Berlinguer, non nacque dal terribile terremoto del Friuli del 6 maggio 1976 ma dalle elezioni politiche del 20 giugno. Dalle cui urne la Dc uscì con più voti del Pci senza però disporre di alleati sufficienti a fare maggioranza in Parlamento. Né il Pci disponeva dei numeri per realizzare un governo di alternativa di sinistra, prealtro precluso dalla linea del già citato compromesso storico, che comportava un'intesa con i democristiani. Si fece perciò una specie di compromesso nel compromesso con la formazione di un governo monocolore dc presieduto da Giulio Andreotti, l'uomo più a destra dello scudo crociato, appoggiato esternamente dai comunisti: prima con l'astensione e poi con un voto di fiducia.A interrompere questa fase politica, funestata nel 1978 dal sequestro e dall'assassinio di Aldo Moro per mano delle brigate rosse, non furono - come è stato invece scritto - il terremoto in Irpinia nell'autunno del 1980 e il successivo discorso di Berlinguer a Salerno. Dove il segretario del Pci avrebbe compiuto la "svolta" della rottura con la Dc.Nossignori, la fine della politica di cosiddetta solidarietà nazionale era avvenuta all'inizio del 1979 con il ritiro del Pci dalla maggioranza e il ricorso alle elezioni anticipate. Cui seguirono la formazione di ben tre governi - due di Francesco Cossiga e uno di Arnaldo Forlani - con i comunisti all'opposizione e i socialisti in maggioranza.Il governo Forlani si trovò certamente in difficoltà nelle polemiche sui soccorsi nell'Irpinia terremotata, contro i cui ritardi e pasticci insorse l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Ma la crisi sopraggiunse il 26 maggio 1981 per l'affare della loggia massonica P2 di Licio Gelli, nelle cui liste fu trovato, fra gli altri, un prefetto capo di Gabinetto del presidente del Consiglio. Arrivò allora il turno di Giovanni Spadolini a Palazzo Chigi.***** Il terremoto del 6 aprile 2009 all'Aquila non segnò per niente la fine dell'ultimo governo di Silvio Berlusconi, che anzi raggiunse dopo una quindicina di giorni il massimo della popolarità e della sua energia politica con il famoso discorso ad Onna, pronunciato col fazzoletto dei partigiani al collo.Berlusconi cadde più di due anni dopo. I colpi decisivi, seguiti ad una serie di disavventure personali e giudiziarie, gli furono sferrati dai mercati finanziari con le speculazioni contro i titoli di Stato venduti all'improvviso dalla principale banca tedesca. E Berlusconi, anche se dopo avrebbe gridato al colpo di Stato, ebbe con Mario Monti a Palazzo Chigi uno scambio di consegne cordiale, neppure paragonabile a quello fra Enrico Letta e Matteo Renzi, per esempio, nel 2014.Del terremoto che ha appena devastato il Centro Italia, e di cui continua il cosiddetto sciame, si sta già fantasticando, vedremo se a torto o a ragione, come dell'occasione per la ripresa di un patto fra Berlusconi e Renzi, per quanto smentito dal primo. Che però ha concesso al presidente del Consiglio, fra le iniziali resistenze del solito Renato Brunetta, una solidarietà antisismica dopo il "Forza Renzi" gridatogli da Alesssandro Sallusti sul Giornale di famiglia.Ma chi sembra avere guadagnato più di tutti dalle scosse di Amatrice e dintorni è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, celebrato da Goffredo Buccini sul Corriere della Sera come "nonno dolente tra i nonni, sobrio, asciutto eppure caldo e accogliente". Per cui sarebbe nato "un idillio tra gli italiani e il loro presidente" silenzioso. Ma "di un silenzio - ha scritto sempre Buccini- "che può fare impazzire l'eterna palude romana perché parla al cuore dell'Italia". Santo subito, insomma, già da vivo. Lunga vita naturalmente a Mattarella.