Approvazione del ddl costituzionale su separazione delle carriere e Alta Corte. Ne parliamo con Beniamino Migliucci, past president dell’Unione Camere penali e presidente del comitato promotore che ha portato a casa oltre 72mila firme a sostegno della modifica legislativa.

Avvocato, si tratta di una riforma che proviene dalla fatica quotidiana e dagli input dati dall’avvocatura in tutti questi anni, altrimenti sarebbe rimasto tema circoscritto alle discussioni accademiche. Quanto è importante questo risultato per l’avvocatura?

Direi che è molto importante, perché il governo sostanzialmente ha ripreso, seppur con delle modifiche, la proposta di legge che l’Unione, insieme alla Fondazione Einaudi e ai Radicali, aveva predisposto nel 2017 con la raccolta di 72 mila firme. Poi la nostra pdl era stata ripresa dalle tre forze politiche di maggioranza e da Italia viva e Azione, quindi questo aspetto rafforza l’idea che il governo l’abbia fatta propria e condivisa. Abbiamo avuto il merito di riproporre al centro del dibattito un tema che era stato accantonato da tempo.

Non sarebbe stato più giusto, anche dal punto di vista delle tempistiche, che il governo emendasse le proposte incardinate in Commissione Affari costituzionali invece di presentare un ddl ex novo?

I tempi sarebbero stati più brevi. Ma vorrei prendere la parte positiva di quanto accaduto. È meglio sempre che si parta piuttosto che si rimanga fermi. Forse il governo ha inteso anche manifestare pienamente il suo assenso alla proposta incardinata in Commissione. Certo, ci auguriamo che questo percorso recuperi il tempo perso e che si raggiungano i due terzi in sede parlamentare. Ricordiamo però che anche la nostraproposta probabilmente avrebbe dovuto passare per un referendum.

Però nel vostro progetto non c’era la previsione dell’Alta Corte disciplinare.

No, non c’era. Era però una ipotesi che l’Unione aveva già formulato per far si che l’organo disciplinare dei magistrati fosse effettivamente terzo. I due Csm, peraltro, previsti anche nella nostra proposta, garantiscono finalmente che non vi sia interferenza dei pm nella carriera e nella disciplina dei giudici e viceversa.

L’Anm, invece, per quanto concerne il sorteggio è molto critica perché sostiene che umili la magistratura.

La soluzione adottata dal governo è probabilmente determinata dalla necessità di dare una risposta alle degenerazioni correntizie in atto ancor prima dello scandalo Palamara. Questo avrebbe dovuto preoccupare la magistratura. Noi avremmo preferito che vi fossero dei criteri di valutazione professionale oggettivi e trasparenti che garantissero maggiore qualità, ovviamente disancorati dalle logiche di corrente, sotto gli occhi di tutti.

Alcuni sostengono che l’approvazione della riforma in questo momento sia solo uno spot elettorale regalato a Forza Italia. Occorrerà vigilare nel post elezioni sulla reale determinazione di portare avanti la riforma?

Per mia natura non credo sia giusto fare un processo alle intenzioni. Colgo positivamente il risultato e che finalmente, anche se un po’ tardivamente, c’è un ddl costituzionale sulla separazione delle carriere. Ovviamente spetta anche a noi, che siamo stati i proponenti nel 2017, pungolare la politica affinché la proposta non si areni e abbia un percorso celere. Da questo momento in poi il governo ha l’impegno di mantenere quello che ha promesso, mentre l’avvocatura ha il compito di vigilare e sollecitare. Se ci dovessimo rendere conto di pratiche meramente dilatorie ne tratteremo le conseguenze.

L’ex presidente del Senato e ex magistrato Piero Grasso ha detto in una intervista a Repubblica che Falcone era contrario alla separazione delle carriere.

Sul punto circolano mistificazioni spudorate quanto stucchevoli. Il dottor Grasso ha detto addirittura che Giovanni Falcone si rivolterebbe nella tomba nel sentire che era favorevole alla separazione delle carriere. Io invece credo che lo farebbe nel sentire certe affermazioni. Il pensiero di Falcone è attestato non solo dall’intervista fatta alla stessa Repubblica il 3 ottobre del 1991 a Mario Pirani, ma vi sono scritti e dichiarazioni fatte verbalmente e riprese dalla stessa voce del grande magistrato. In una lezione, riportata integralmente dal quotidiano Il Giornale, Falcone diceva che non comprendeva come una parte possa essere ritenuta imparziale e che l’azione (che compete al pm) è incompatibile con la giurisdizione (che compete al giudice). Raccontava ancora Falcone che era difficile spiegare all’estero la situazione italiana dove anche il pm era ritenuto un giudice. Quindi il pensiero di Falcone è chiaro e chi mistifica e racconta bugie non è certo l’avvocatura.

Come giudica l’atteggiamento dell’Anm?

L’Anm è libera di fare le astensioni che ritiene, anche se come istituzione dovrebbe rispettare la separazione dei poteri. Però le obiezioni che fanno alla riforma sono assolutamente insostenibili. Hanno sostenuto che il pm sarebbe andato a finire sotto l’esecutivo e questo non risulta da nessuna parte, così come non è possibile affermare che il pm diventi un super poliziotto. Per quanto concerne la cultura della giurisdizione, abbiamo rilevato più volte, come pure il Cnf, che è inaccettabile che dalla cultura della giurisdizione facciano parte esclusivamente pm e giudici. Se poi vogliamo essere precisi e rifarci al pensiero di Falcone, ha ragione il ministro Nordio quando osserva che lo ius dicere spetta esclusivamente al giudice. Concludo affermando che questa riforma non è contro la magistratura, ma, al contrario, rafforza il giudice e accresce l’autorevolezza delle sentenze rispetto alla fase delle indagini. Autonomia e indipendenza della magistratura nel complesso vengono garantite dalla riforma che ribadisce tale principio.

Non vi irrita che alcuni esponenti di governo usino la clava della riforma della separazione quando una decisione non è gradita? Lo hanno fatto ad esempio quando Apostolico ha disapplicato il decreto Cutro. Ma in questo caso stiamo parlando della sezione immigrazione del tribunale civile.

La politica purtroppo strumentalizza spesso i principi per adattarli secondo convenienze. Nel caso concreto, però, sono più irritato dall’atteggiamento di chi, come molti deputati della sinistra, erano favorevoli alla separazione delle carriere ed ora improvvisamente si dicono contrari. Sarebbe auspicabile che su alcuni principi costituzionali, come la presunzione di innocenza o come quelli attuativi del giusto processo convergessero tutti, il che eviterebbe strumentalizzazioni in materia di giustizia.