«Quando ti arriva addosso un treno a 160 chilometri all’ora mentre lavori sui binari, non si può parlare di fatalità. Qui ci sono responsabilità precise che devono essere accertate in tempi brevi da parte degli inquirenti. Va fatta chiarezza e chi ha sbagliato deve pagare». Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, non usa mezzi termini per la tragedia nella quale hanno trovato la morte 5 lavoratori lungo la linea ferroviaria Milano- Torino.

Segretario, ancora famiglie che piangono i loro cari. Come fermare questa strage?

Mi faccia esprimere il cordoglio e la vicinanza della Cisl alla famiglie dei lavoratori morti. Abbiamo proclamato subito un pacchetto di scioperi per denunciare ancora una volta la condizione inaccettabile di insicurezza che persiste in molti luoghi di lavoro. Siamo di fronte all’ennesima tragedia, un fatto inconcepibile in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, dove tutto è automatizzato e informatizzato. Come ha detto il presidente Mattarella morire sul lavoro è un oltraggio ai valori della convivenza.

È un problema di leggi o di mancati controlli? Perché ci sono tre morti al giorno sul lavoro in Italia?

Le norme sulla sicurezza sono chiare e rigorose. Il problema vero è farle applicare. Bisogna rafforzare l’esercito di ispettori e dei medici del lavoro. Vanno istituiti meccanismi per qualificare le imprese e legare il “rating” sociale agli appalti. Occorre inasprire pene e sanzioni e investire molto di più in prevenzione e formazione, anche nei programmi scolastici. Ed ancora nuove forme di partecipazione che diano ai delegati dei lavoratori poteri decisionali e di controllo più forti. C’è un tavolo aperto e al governo chiediamo una strategia nazionale alla quale deve essere dedicato il massimo delle risorse disponibili, incluso il tesoretto di circa 1 miliardo che ogni anno viene dirottato dal bilancio dell’Inail alla contabilità dello Stato per coprire il debito pubblico. Sono risorse dei lavoratori e delle imprese e lì devono rimanere, per finanziare progetti, aumentare le coperture assicurative, incrementare le rendite per le vittime e le loro famiglie.

Siamo alla vigilia della manovra. Lei ha giudicato positiva la lettera del segretario della Cgil Landini che chiede alla Meloni di aprire un confronto.

La linea del confronto costruttivo, della concertazione e di partecipazione responsabile alle scelte è da sempre la strategia politica della Cisl. Ben venga quindi che tutto il sindacato scelga la strada della trattativa sul merito con il governo senza pregiudiziali, ponendo al centro l’esigenza di un nuovo Patto sociale per la crescita economica, riforme condivise e qualità del lavoro. Abbiamo bisogno di un dialogo stringente e concreto non solo sulla manovra ma anche sugli obiettivi strategici di coesione e sviluppo. Parliamo di lotta all’inflazione, tutela di salari e pensioni, politica dei redditi, investimenti e produttività, accelerazione degli interventi collegati al Pnrr, rinnovo di tutti i contratti, riforma delle pensioni e taglio delle tasse. Bisogna affrontare anche il tema della sanità pubblica e dell’istruzione, di nuove politiche industriali e infrastrutture.

Quali sono le priorità che dovrebbero necessariamente trovare posto nella legge di bilancio?

Oggi la prima emergenza è tutelare i salari e le pensioni falcidiate dall’inflazione. Bisogna lavorare a un’intesa per un controllo efficace su prezzi e tariffe, con l’impegno a finanziare e rinnovare subito tutti i contratti pubblici e privati. Va definito un percorso di sviluppo e coesione che richiede tra l'altro la conferma strutturale della riduzione del cuneo contributivo, la detassazione delle tredicesime a scaglioni, in modo da rendere la riforma progressiva e redistributiva. Chiediamo l’azzeramento del prelievo sui frutti della contrattazione di secondo livello e un forte investimento su istruzione, pubblico impiego e sistema-salute, per garantire dignità ai lavoratori e diritti di cittadinanza da Sud a Nord. È necessario aumentare i finanziamenti del Fondo Sanitario Nazionale per sbloccare le assunzioni e stabilizzare il precariato storico, come pure la definizione di una previdenza più flessibile. C’è poi una grande riforma da realizzare: quella della partecipazione alla vita e agli utili delle imprese su cui stiamo raccogliendo le firme in tutta Italia. È la strada per alzare le retribuzioni, stabilizzare il lavoro, esercitare il controllo sui contratti applicati e la sicurezza negli impianti produttivi, di rilanciare formazione e radicare le aziende sul territorio.

Si dice che il governo voglia fare cassa, ancora una volta, rimodulando l’indicizzazione delle pensioni.

Sarebbe una scelta per noi inaccettabile. Da oltre dieci anni la rivalutazione è stata bloccata dai governi di ogni colore e i pensionati sono stati utilizzati come un bancomat per far quadrare i conti pubblici. Ora diciamo basta con estrema fermezza. È una questione di giustizia sociale. I pensionati hanno già dato. L’intervento dell’esecutivo sulla perequazione delle fasce deboli delle pensioni è stato un primo passo importante, che ha recepito nostre puntuali richieste. Ora è tempo di dare segnali anche ai ceti medi. Occorre finanziare il nuovo fondo sulla non autosufficienza per sostenere le famiglie con anziane o disabili.

Dove recepire le risorse per tutte queste richieste?

In un paese dove ogni anno ci sono almeno 100 miliardi di euro tra evasione fiscale e contributiva accertata, bisognerebbe spingere molto di più sui controlli incrociati e sulle verifiche tributarie, incrementando anche il prelievo sulle grandi rendite finanziarie e immobiliari. Noi diciamo fin da ora che ogni euro recuperato va ridato a lavoratori e pensionati. Abbiamo poi da redistribuire tutta la dotazione che arriva dall’extra gettito dell’Iva, si potrebbe estendere il contributo di solidarietà oltre che alle banche anche alle tante multinazionali che in questi anni hanno registrato profitti altissimi nell’energia, digitale, logistica, farmaceutica.

Che ne pensa della visita di Meloni a Caivano?

È stato un segnale di attenzione importante. Povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda in moltissime realtà del nostro Paese, soprattutto nel sud, e si trasmettono di generazione in generazione. Il contrasto alla dispersione scolastica e un forte investimento su scuola, formazione, personale e capitale umano deve diventare una priorità del Paese.