Valerio Spigarelli, già presidente dell’Unione Camere Penali. Secondo lei esiste un asse politico Anm/Pd per fronteggiare insieme il referendum per la separazione delle carriere? L’Anm si difende sostenendo che vanno ovunque li invitano, anche da Atreju.

Se sostengono questo, difficile contestare la loro posizione. Il problema sono invece gli argomenti che usano contro la riforma e che svieranno il dibattito dall’oggetto del referendum al suo presunto significato politico. Mi spiego meglio.

Prego.

Quando l’Anm sostiene che questa riforma sarebbe l'anticamera della sottoposizione del pm all'Esecutivo – argomento che noi penalisti contestiamo fortemente – lo fa utilizzando una tesi in realtà priva di motivazioni giuridiche. Infatti il testo della riforma esclude drasticamente questa ipotesi; anzi, al contrario il testo normativo prevede un Consiglio superiore dei pubblici ministeri che godrà della stessa autonomia e indipendenza di quello dei giudici. Possono anche sostenere che non hanno un'alleanza politica con Pd, ma nei fatti utilizzano gli stessi argomenti della politica e quindi da questo punto di vista c’è una consonanza. Però il problema non è tanto l’Anm, quanto il Partito Democratico.

Ci spieghi meglio.

Il Pd fa lo stesso tipo di ragionamento dell’Anm ma in maniera più cinica, cercando di trasformare il referendum in un plebiscito “Meloni sì, Meloni no” che ovviamente è tutto politico e non giuridico.

Diranno anche la riforma l’ha voluta Berlusconi e rappresenta il pezzo di un puzzle per minare le garanzie costituzionali insieme alle altre riforme già messe in atto.

Il Pd ha coscienza sporca. Questa è una riforma voluta sì da Berlusconi ma anche da Giovanni Falcone, così pure da Maurizio Martina quando era segretario dei dem. Sulla separazione delle carriere non aveva da ridire neanche l’attuale responsabile giustizia dei Pd, Debora Serracchiani.

Su questo punto replicano che allora parlavano di separazione delle funzioni senza sconvolgere l’assetto costituzionale.

Mi pare che invece a quei tempi già si era parlato di separazione delle funzioni: il discorso che fece Martina seguiva la riforma Castelli, non veniva fatto al momento della riforma Castelli. Invece è indubbio che pure alcuni esponenti del Partito Democratico, anche prestigiosi benchè senza cariche, come Goffredo Bettini, si siano posti il problema rispetto alla terzietà del giudice che può essere risolto solo con la separazione delle carriere. Giuliano Pisapia era - e spero lo sia ancora - a favore della separazione delle carriere, e certamente non gli si può imputare nessun disegno di piegatura antidemocratica del sistema della giustizia. Certo, al Pd viene bene dire che questa riforma è il segno di una deriva di un disegno tendenzialmente autoritario perché fa presa nel dibattito politico. Ma siamo in presenza di uno sviamento costruito a tavolino che si allontana dal cuore della riforma. Non dobbiamo però dimenticare un aspetto.

Quale?

Che questa torsione attorno ai contenuti della riforma viene anche alimentata talvolta da chi nel campo della maggioranza questa riforma la propone, proprio perché anche loro vogliono trasformare la faccenda in un referendum ma in questo caso pro o contro magistratura.

Quindi lei non condivide quando - non sappiamo se volontariamente o meno – si usano altri argomenti per colpire la magistratura in questi mesi? Tipo come ha detto Nordio “i magistrati che sbagliano cambino mestiere”? O come Zangrillo che attacca le valutazioni professionali?

Ci sono talmente tanti argomenti per dimostrare che il sistema giustizia non funziona e che la soluzione risiede anche e soprattutto nella separazione delle carriere e nella riforma del Csm che non occorre usare altri argomenti. Gli italiani sarebbero abbastanza maturi da non dover subire un imbarbarimento della discussione; sono i protagonisti del dibattito che lo stanno imponendo.

Quindi secondo lei anche la maggioranza sbaglia nella propria comunicazione?

Io non voglio la separazione delle carriere o la riforma del Titolo IV per tagliare le unghie alla magistratura. La voglio per evitare quelle distorsioni che ci sono state tanto dal punto di vista ordinamentale, con la scarsa terzietà dei giudici, quanto rispetto al funzionamento del Csm - e su questo mi sembra che i magistrati siano piuttosto evasivi - per rimettere la situazione sui binari corretti. I binari corretti certamente non sono quelli su cui ha camminato il treno guidato da Luca Palamara in un lungo periodo, e prima e dopo di lui da altri molto spesso con le stesse logiche di esasperazione correntizia, di cooptazione, di mercato delle nomine e via discorrendo. Non mi pare che l’Anm abbia mai fatto i conti con tutti questo.

Ieri su Panorama, Cesare Parodi ha detto: “Davvero credete che da anni vi sia un piano sistematico della magistratura - coordinato con non si sa quali modalità e da soggetti non facilmente individuabili - per attaccare sistematicamente il governo e boicottare le sue leggi?” Che ne pensa?

Non c'è bisogno di un complotto – che a parer mio non esiste - per dire che le cose vanno male. Io penso al fatto che, invece, c'è stata sempre, nelle diverse stagioni politiche, una sorta di concezione proprietaria delle questioni di giustizia da parte dell’Anm che, infatti, ogni tanto confonde il proprio ruolo: quasi fosse un'istituzione e non un sindacato, qual è in realtà. Si tratta di quella concezione proprietaria per cui poi qualsiasi riforma attinente al campo della giustizia o aveva il preventivo assenso della magistratura o finiva per non passare.

Mi faccia capire meglio: lei quindi non è d’accordo con chi sostiene, ad esempio, che colpire il capo di Gabinetto Giusi Bartolozzi nasconda la volontà di colpire la separazione delle carriere e Nordio? O che i giudici rinviando alle CGUE la questione sui rimpatri vogliono riscrivere la politica migratoria del Governo?

No perché, le ripeto, io non credo ai complotti. Va salvaguardata l'autonomia e l'indipendenza del singolo magistrato che prende una decisione su un singolo caso. Il giudice deve fare il giudice, e questo significa anche valutare la legittimità di una legge rispetto alla Costituzione e alle norme sovranazionali. Al contrario ci troveremmo dinanzi ad una involuzione del sistema giustizia che sarebbe irricevibile. È la concezione proprietaria della magistratura sui temi della giustizia che va contrastata, senza banalizzarla e involgarirla con il tema dei complotti.

In vista del referendum, secondo lei la magistratura perderà o acquisirà consensi alleandosi con l’opposizione? Nordio sostiene sia “pernicioso”.

Come dimostrano anche i social dell’Anm - con esempi e con parole d'ordine che fanno parte della propaganda politica del più basso livello – esiste il rischio di far apparire il corpo della magistratura sbilanciato rispetto a certe alleanze politiche. Se si discutesse invece all'altezza del merito dei problemi che questa discussione pone, questo rischio non si correrebbe. Ma non mi pare che lo stiano facendo.

Cosa direbbe ad un avvocato che è tentato di non votare ‘sì’ al referendum perché prevede il sorteggio – soluzione non contemplata nella proposta dell’Ucpi – e perché porta la firma della destra?

Io andrò a votare “Sì” alla riforma perché i rischi della riforma, come il sorteggio, mi sembrano minori rispetto ai vantaggi. Ma soprattutto da vecchio radicale quello che dico è che per me ci sono dei temi su cui le etichette politiche non contano, io vado a vedere sostanzialmente la tessitura. È vero che si poteva fare in maniera diversa, ma se stiamo a questo punto anche per responsabilità degli interlocutori: l’Anm ora non può lamentarsi se fin dall’inizio si è opposta totalmente a tutti i punti della riforma senza proporre alternative.