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Di straordinario il quarantesimo congresso dei radicali svoltosi a Roma ha avuto parecchio. Innanzitutto, è stato il primo dopo la morte del leader storico del partito, l'indimenticabile Marco Pannella. È stato anche il primo convocato su iniziativa degli iscritti, e per ciò stesso definito appunto straordinario, diversamente dai congressi ordinari e biennali convocabili dagli organi a ciò preposti.È stato anche il primo in assoluto, fra i congressi di tutti i partiti, a tenersi in un penitenziario: quello romano di Rebibbia. Un'idea felicissima, anche se comportante alcune difficoltà per chi ha voluto parteciparvi, perché meglio non poteva esprimere l'attenzione sempre e lodevolmente dimostrata dai radicali per le condizioni delle carceri e dei detenuti. Il cui diritto sancito dall'articolo 27 della Costituzione ad un trattamento "umano" e alla "rieducazione" è spesso impedito proprio dalla situazione dei penitenziari e dal loro sovraffollamento. Straordinaria è stata anche la partecipazione di alcuni detenuti o ex detenuti, diciamo così, eccellenti, come l'ex senatore e co-fondatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri, in carcere per un reato - il concorso esterno in associazione mafiosa - neppure scritto chiaramente nei codici, e l'ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro.Ma le cose più straordinarie di tutte che ho avvertito come elettore radicale - dicevo sempre a Pannella, mandandolo su tutte le furie - "di riserva", che avrebbe cioè votato appunto anche radicale se la legge lo avesse consentito dopo avere fatto la prima scelta per un altro partito, sono state l'assenza e il silenzio di Emma Bonino. Un'assenza ingombrante e un silenzio assordante, che non sono riuscito a spiegarmi con le sole ragioni, che ci saranno pure state, delle sue condizioni di salute, dopo l'aggressione del cancro che ha dovuto subire. E che, indomita, ha tenuto a bada.A torto o a ragione, ho avvertito dietro quell'assenza e quel silenzio, che Emma evitò invece, eccome, ai funerali di Marco Pannella, un'amara delusione per le condizioni di un partito, o movimento, cui lei ha dato davvero tutto. E che ha servito come meglio non poteva, sia da militante, sia da parlamentare, sia da rappresentante istituzionale: prima come commissaria europea a Bruxelles, poi presidente del Senato, infine ministra degli Esteri nell'unico e breve governo di Enrico Letta. Alla cui caduta Matteo Renzi la sostituì, secondo me troppo sbrigativamente, con Federica Mogherini.Emma Bonino è stata sempre l'altra faccia della medaglia dei radicali, con quella di Pannella, anche quando Marco la strapazzava, come fece negli ultimi tempi accusandola ingenerosamente di badare più ai fatti suoi che al movimento. Pannella, si sa, era incontenibile nei suoi umori, buoni o cattivi che fossero.Non a caso, d'altronde, Emma Bonino è stata l'unica alla quale proprio Pannella concesse di dare il proprio nome alle liste radicali. È stata l'unica a diventare una concorrente temibile al Quirinale nei sondaggi che hanno preceduto le ultime corse al Colle più alto di Roma: una concorrente che probabilmente avrebbe vinto su tutti gli altri se l'elezione del presidente della Repubblica fosse stata diretta, e non da parte dei parlamentari e delegati regionali, secondo logiche cioè di partito, e a volte persino di corrente, e non di gradimento popolare.Una radicale così, nota in tutto il mondo, gli orfani politici di Pannella avrebbero dovuto portarla di peso e inneggiarla al loro quarantesimo congresso come leader indiscussa del movimento. E non lasciarne scrivere e dire come di un'esponente "vicina" a quell'"anima" dei radicali risultata in minoranza nelle votazioni congressuali con un rapporto di meno della metà rispetto all'altra: i 79 voti raccolti da Marco Cappato contro i 178 voti del tesoriere Maurizio Turco e dei cosiddetti ortodossi. Un'anima minoritaria che è stata da qualcuno liquidata persino come fatta di traditori, o quasi, solo perché hanno ritenuto di partecipare alle ultime, recenti elezioni amministrative di Milano e di Roma.Mi fa una rabbia da morire pensare che i grillini, alle prese in Campidoglio in questi giorni con i loro penosi pasticci e il loro goffo e autolesionistico giustizialismo, scambiando gli indagati per condannati in via definitiva, possano avere preso, e nel giro di pochi anni, più voti forse di quelli raccolti tutti insieme nella loro storia dai radicali. Che hanno sostenuto battaglie di onestà e legalità ben prima e meglio di loro, senza pasticci e bugie.Purtroppo il destino politico di Pannella, nonostante il contributo dato da lui, e dalla Bonino, all'avanzamento di tanti diritti civili, a cominciare dal divorzio, è stato un po' troppo cinico e baro: anche per suoi o loro errori, di certo, ma soprattutto per colpa degli elettori. Che all'originale hanno - o abbiamo - preferito in troppi e troppo spesso le brutte copie.Non è certamente con l'astinenza elettorale e istituzionale che i radicali potranno davvero pensare di conservare la scena che fu di Pannella. E tanto meno privandosi di Emma Bonino.