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L’articolo 95 della Costituzione stabilisce che il Presidente del Consiglio «dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri». I quali «sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”. In altri termini la questione della collegialità - elemento apparentemente primario della verifica politica in atto - è risolto all’origine sia politicamente che istituzionalmente. Perciò la collegialità invocata da Pd e Iv riguarda non il governo bensì la maggioranza. E la si deve appellare in altro modo: amalgama. È quella che la coalizione giallorossa va trovando come l’araba fenice e, diciamolo subito, senza possibilità di trovarla.
Non può perché l’alleanza che si è formata sedici mesi fa è stata al contempo raccogliticcia e necessitata. Raccogliticcia perché frutto di un oplá politico che ha mischiato, giustapponendole, furbizie, manovre e disinvolture: qualcuno dice anche trasfor-mismi. Necessitata, perché bisognava allontanare lo spettro di un centrodestra di governo a guida Salvini e recuperare così un rapporto più agevole con l’Europa senza il quale l’Italia finirebbe sballottata come un sughero in mezzo ad una tempesta. Le elezioni del 2018 hanno rappresentato un collasso di sistema a cui si è poi aggiunto lo shock di una pandemia globale e inarrestabile. Giuseppe Conte, al coperto dell’ombrello del Quirinale, è stato il traghettatore di una fase difficilissima e senza precedenti. L’amalgama non c’è perché M5S e Pd sono portatori di visioni opposte e per molti versi perfino alternative dell’Italia. I primi sono in rotta di consensi; il secondo non riesce a calamitarne la fuoriuscita; Iv, finora, resta al palo. Più che come finirà - rimpasto, crisi o altro - quel che davvero conta è capire cosa la verifica lascia di inevaso. E’ auspicabile non un progetto di Paese che si avvalga della straordinaria e unica occasione del Next generation Eu. E neppure un ping pong di schermaglie fino all’elezione del nuovo capo dello Stato ( o la conferma dell’attuale). Né, infine, un equilibrio politico abborracciato incapace di affrontare le emergenze dei prossimi mesi: dalle vaccinazioni, alla disoccupazione, alla ripresa economica che negli indicatori permane incerta e sfuggente. Dunque è vero che occorre un cambio di passo, ed è una priorità che riguarda sia la maggioranza che l’opposizione. Solo che bisogna scegliere la direzione giusta. Altrimenti diventa un labirinto dove si finisce ingabbiati e impotenti.