Con questo articolo il professor Marsonet comincia la sua collaborazione con Il Dubbio

Battere le fake news ricercando la verità assoluta? Un errore. Molti sono convinti che libertà e verità siano intimamente connesse e che non si possa essere liberi senza il possesso della verità. Non è così. Si può essere liberi solo costruendo un concetto limitato e parziale di verità. La verità assoluta per battere le fake news è a sua volta una pericolosa fake news

Oggi si afferma spesso che l’inscindibilità di osservazione e teoria conduce alla relativizzazione di ogni discorso intorno al mondo circostante, e ciò significa che non è lecito affermare che il mondo rappresenta il criterio ultimo per distinguere il vero dal falso. In altre parole, risulta impossibile - pena la caduta nel ragionamento circolare - separare il mondo dalle teorie da noi costruite e utilizzate per parlarne; per far questo avremmo bisogno di un punto di vista superiore e neutrale, vale a dire di quella che Hilary Putnam definisce “visione dell’occhio di Dio”. Il risultato, in ultima istanza, è che ogni discorso sul mondo è relativo alle teorie di cui attualmente disponiamo.

La principale caratteristica degli esseri umani, che è poi quella che li distingue da tutti gli altri prodotti dell’evoluzione naturale, è la loro capacità di idealizzare e di vedere le cose non solo come sono attualmente, ma anche come potrebbero o dovrebbero essere. Questo spiega perché, ad esempio, la nostra evoluzione non è soltanto naturale e biologica, ma pure culturale e normativa. Ciò di cui disponiamo, in ogni particolare epoca storica, è un genere limitato di conoscenza, dove l’aggettivo “limitato” si riferisce a tutte le condizioni particolari storiche, culturali, sociali, politiche, tecnologiche, etc. - che sono in grado di determinare gli obiettivi della nostra ricerca.

Non esiste quindi la conoscenza “definitiva”. Quest’ultimo tipo di conoscenza, d’altro canto, è connessa alla nozione idealizzata di scienza “perfetta”. Il problema è che tanto l’ideale della scienza perfetta quanto quello della verità definitiva sono necessari al perseguimento pratico dell’impresa scientifica. Possiamo - e dobbiamo - comprendere il divario esistente tra “reale” e “ideale”. Ma nello stesso tempo, utilizzando la succitata capacità di idealizzazione e costruendo “mondi possibili”, riusciamo in qualche modo a colmare tale divario proiettandoci nelle circostanze ideali che renderebbero realizzabile una tale operazione.

Ed è pure opportuno rammentare che non vi sarebbe alcuna scienza senza la nostra abilità di idealizzare e di prevedere circostanze e stati di cose possibili. Ne risulta pertanto che è errato accusare il coerentismo per il fatto che non fornisce alcuna definizione di verità. In realtà, una simile definizione non rientra nei suoi obiettivi, né potrebbe fornirla senza contraddirsi. Risulta allora difficile capire cos’altro potrebbe essere la verità se non coerenza ideale, dal momento che il fatto che una proposizione sia vera equivale al suo essere coerente rispetto a un insieme ideale di dati. Anche in questo caso è la presenza dell’idealizzazione a impedirci di ottenere - mediante la coerenza - la verità assoluta.

Nella pratica il divario tra verità “presunta” e “accertata” continua infatti a manifestarsi, e soltanto delle circostanze ideali ( ovviamente non conseguibili praticamente) potrebbero colmarlo. E, anche nella ricerca scientifica, la separazione fra reale e ideale limita il nostro orizzonte cognitivo. E’ molto importante sottolineare che questa linea di ragionamento può essere applicata fruttuosamente nel campo dell’analisi politica e sociale. Lo capì molto bene Isaiah Berlin, che al tormentato rapporto tra verità e libertà ha dedicato alcune delle sue pagine più belle. Dalle precedenti considerazioni discende infatti una conseguenza che può risultare, in apparenza, paradossale.

Quando oggi si parla di fake news, si dimentica spesso di sottolineare che soltanto in un contesto caratterizzato dalla libertà di opinione può svilupparsi la battaglia a favore della verità. Se le autorità governative decidono in anticipo cosa è vero e cosa è falso, come accade per esempio in un regime monopartitico come quello cinese o anche in un sistema apparentemente democratico come Singapore, è inevitabile che il problema delle fake news neppure si ponga, poiché il confine tra verità e falsità è già stato stabilito in anticipo da chi detiene il potere. Ne consegue che, rifacendoci alla storia del pensiero occidentale, non è detto che Platone avesse completamente ragione e i Sofisti del tutto torto.

Se si ha in mente una concezione rigida della verità al fine di garantire la completa correttezza dell’informazione, si corre il rischio di perseguitare tutti coloro che non concordano con la concezione anzidetta. Se, invece, ammettiamo che la verità abbia a che fare anche con la persuasione, e che a volte il suo uso strumentale possa giovare alla convivenza civile, allora si lascia il giusto spazio alla differenza d’opinione consentendo a più soggetti di partecipare al dibattito adottando punti di vista diversi. Molti sono convinti che libertà e verità siano intimamente connesse, e che non si possa essere liberi senza il possesso della verità.

Tuttavia non è così. Come dimostra l’esempio dei grandi sistemi totalitari e delle concezioni religiose monolitiche, che non attribuiscono alcun ruolo al dissenso, chi è convinto di possedere la “Verità” ( con la V maiuscola), è per forza di cose portato a colpire – anche nel senso fisico del termine – tutti coloro che non concordano con i suoi schemi mentali e concettuali. Questo significa che si può essere liberi soltanto costruendo un concetto limitato e parziale di verità, riconoscendo al contempo che chi è in disaccordo non dev’essere ipso facto condannato e bandito. Ogni pretesa di verità assoluta lede la libertà mia e quella altrui, mettendo così in pericolo il bene più prezioso che gli esseri umani possiedono.

* Ordinario di filosofia della scienza all’Università di Genova