Secondo l’Ambasciatore Giulio Terzi, «stiamo assistendo ad una invasione criminale». L’ex ministro degli Esteri non usa giri di parole per definire quanto sta accadendo a neanche tremila chilometri dall’Italia.

Ambasciatore Terzi, una invasione, quella russa, dagli esiti militari imprevedibili?

«I sistemi autoritari si basano sempre sulla forza e mai sul consenso, sul diritto e sulla legittimità internazionale. Purtroppo, quanto sta accadendo c’era da aspettarselo. Con il Covid abbiamo avuto uno spostamento degli equilibri geopolitici impressionante. Penso pure all’uscita dall’Afghanistan e al senso di debolezza delle democrazie liberali con quello che ha combinato la Cina ad Hong Kong e alla mancanza di reazioni vere. Si è creato un rischio basso per decidere di usare la forza su grande scala. Oramai non ci sono più conflitti congelati, guerre sottotono, guerre ibride, che si aprono con limitazioni di portata. Il rischio è che tutto si allarghi ad un altro scacchiere sempre più problematico. Mi riferisco all’Asia».

Le ragioni storiche che vengono addotte da Putin per aggredire l’Ucraina hanno in pratica calpestato le questioni giuridiche ed il diritto internazionale. Cosa ne pensa?

«Le ragioni storiche vanno maneggiate con cautela. Ci troviamo di fronte ad una ideologia visionaria in senso negativo, ad alcune ricostruzioni messianiche dell’ideale di Russia, di civiltà delle steppe, di poteri autocratici di capi tribù nelle steppe come bisogno dei popoli di essere guidati e dominati. Concetti che, forse, avevano senso nelle realtà di mille anni fa, di cinque secoli fa. I diritti storici del discorso di Putin di lunedì scorso, come il documento che lo aveva preceduto sull’identità russa, evidenziano la necessità di integrare intere parti di territorio. Vengono fatte delle ricostruzioni secondo le quali alcuni errori del passato vanno corretti. I diritti storici descritti in questo modo sono fantasticherie che poi si possono propalare a piccoli segmenti di pubblico ideologizzato e fanatizzato su nazionalismi antiquati. Non hanno nessuna possibilità di essere riconosciuti come elementi di diritto internazionale».

Si tratta quindi di una sfida lanciata a tutta la comunità internazionale?

«La Russia, non dimentichiamolo, è membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In quanto tale si è assunta dalla fondazione delle Nazioni Unite responsabilità accresciute per affermare il diritto internazionale contenuto nella Carta dell’Onu. Nel momento in cui qualche governante, venuto fuori dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, avesse lamentato violazioni o aggressioni, il suo dovere, da russo e da leader di un grande Paese, sarebbe stato quello di adire la giustizia internazionale».

Con quali strumenti?

«Sono due le strade obbligate. Per dirimere una controversia che poteva insorgere e che doveva essere obbligatoriamente regolata con la giustizia internazionale o per via negoziale svolgono un ruolo primario la Corte internazionale di Giustizia, di cui hanno fatto parte validi giudici russi, e l’Osce, che raggruppa tutti gli Stati del continente europeo, compresi quelli ex sovietici, fino all’Asia centrale. Putin ha sempre dimenticato il ruolo dell’Osce, come se non esistesse. Nell’Osce esiste l’Office for democratic institutions and human rights (Odihr). In caso di maltrattamento dei russi, Putin avrebbe potuto mandare i suoi avvocati a Vienna per avviare una procedura e sottoporre la questione all’Osce. Non c’è mai stata un’azione in tal senso. La Russia non ha mai ritenuto di seguire questa strada. Siamo in presenza di un finto malumore o di dichiarazioni gravi. Pochi giorni fa Putin, alla presenza del cancelliere tedesco, ha avuto il coraggio di dire che nel Donbass è in atto un genocidio. Il genocidio riguarda gli ucraini con i bombardamenti e l’accerchiamento che hanno iniziato a subire a Kiev e a Odessa. Cittadini massacrati con un’operazione criminale di invasione, fuori da qualsiasi norma di diritto. Si sta affermando semplicemente la legge della giungla, del dinosauro sulla formica».

Uno Stato membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni, che si sta rendendo protagonista di così gravi violazioni, ha comunque creato un precedente…

«Siamo di fronte a comportamenti equiparabili all’annessione dei Sudeti, all’Anschluss, all’attacco e alla spartizione della Polonia. Non dobbiamo essere ossessionati dal voler rivedere i precedenti storici, ma non dobbiamo neppure sottovalutarli e dimenticarli. La Russia di oggi ha intrapreso una strada, caratterizzata dalla violenza, per occupare lo “spazio vitale”. Ad un certo punto un leader autoritario e armato fino ai denti decide che i suoi confini non bastano più. Siamo tornati a certi sistemi, fuori da quella fatica enorme di progresso del diritto internazionale che è stata la caratteristica forte, positiva e ottimistica degli ultimi settant’anni. Purtroppo si è affievolito l’impulso di chi ha dato il proprio contributo per il diritto internazionale e per le Nazioni Unite. La pace è stata garantita nei decenni dal diritto e dalla diplomazia con la capacità di usare la forza in propria difesa».

Le mosse di Putin sono una provocazione e un messaggio chiaro anche confronti della Nato?

«L’Alleanza atlantica, che crea tante preoccupazioni a Putin, ha oltre settant’anni di storia e non ha mai compiuto una aggressione. Si è sempre mossa nell’ambito dei parametri del Consiglio di sicurezza, dei trattati, delle limitazioni delle forze nucleari e convenzionali. Ha da sempre svolto un ruolo attivo e da protagonista per tutto quello che poteva portare la pace. Ovviamente ha una struttura militare poderosa che funge da deterrente».

La Nato potrebbe intervenire?

«Se viene minacciata la sicurezza di un Paese alleato, sicuramente lo farà. E potrebbe intervenire in tutte le cinque dimensioni dello spazio e della strategia militare del mondo contemporaneo. Le dimensioni nelle quali l’Alleanza atlantica eccelle sono quella terrestre, quella navale e quella aerea. A queste si aggiungono altre due importantissime, per le quali si è in competizione con Russia e Cina. Mi riferisco alle dimensioni cyber ed informatica. La pace e la sicurezza si ottengono non facendo il bla bla in giro per il mondo, professandosi in maniera superficiale per il dialogo, per la pace, partecipando ai convegni. Una bocca senza denti non è diplomazia ed è inutile che parli. Se non sei credibile e non hai una capacità militare retrostante, una capacità economica e una capacità tecnologica, esponi a dei rischi disastrosi il tuo popolo ed il tuo Paese».