«Sembrano essere tornati i tempi di Berlusconi e forse finiremo pure per rimpiangerlo». A parlare è Armando Spataro, ex procuratore di Torino, che sulla decisione della giudice di Catania di disapplicare il decreto Cutro è netto: «Giuridicamente ineccepibile».

Dottore, come valuta i provvedimenti di Catania?

Li condivido in toto. La materia è molto complessa, ma la lettura dei decreti di non convalida dimostra chiaramente come essi siano giuridicamente e logicamente corretti. Si pongono in evidenza la mancanza di motivazioni dei provvedimenti ( non essendo state esaminate, per esempio, le esigenze di protezione manifestate dall’interessato) e il mancato rispetto di alcuni principi affermati nella normativa dell’Unione e nelle sentenze delle Corti europee. Risultano poi effettuate con ritardo, pare per errore, le procedure amministrative di identificazione e di ricezione delle domande di asilo. Il giudice ha pure sottolineato l’incompatibilità giuridica della garanzia finanziaria di 5mila euro prevista dal decreto ministeriale rispetto agli articoli 8 e 9 della Direttiva europea n. 2013/ 33. Pur non conoscendo la dottoressa Apostolico, le ho inviato per posta elettronica apprezzamenti per la sua capacità giuridica e per come aveva saputo rappresentare dignità ed onore delle magistratura. Ho sentito il bisogno di scriverle.

Come commenta gli attacchi della maggioranza e di Meloni in particolare alla giudice?

Evito, per qualificarli, gli aggettivi che mi verrebbero naturali. Le decisioni dei magistrati, come le leggi, possono essere criticate. E i provvedimenti giudiziari possono essere impugnati fino al grado superiore previsto. Ma qui siamo in presenza di altro: le parole della premier Meloni ( rimasta “basita”), del senatore Gasparri, del ministro Salvini, del vicesegretario leghista Crippa e di altri ancora rimandano ad una concezione della magistratura come “ordine” sottoposto agli altri due poteri, una corporazione che, con atteggiamenti che sono stati definiti eversivi, non vuole rispettare la volontà politica di chi, legittimato dal voto, governa il Paese, così ribaltando la democrazia. Sembra di essere tornati ai tempi delle affermazioni di Berlusconi, che forse finiremo anche con il rimpiangere. La verità è che tale concezione dei rapporti tra poteri dello Stato rievoca inevitabilmente, forse senza che i sostenitori se ne rendano conto, quella fascista. Fu lo stesso Mussolini, nel corso della inaugurazione dell’anno giudiziario 1940, ad affermarlo dinanzi a 250 alti magistrati: “Nella mia concezione – egli disse - non esiste una divisione di poteri nell’ambito dello Stato… il potere è unitario”. Un modello questo che, come è facile immaginare, piacerebbe ancor’oggi a buona parte della nostra classe politica, ma che la Costituzione ha respinto, scegliendo invece quello di una magistratura indipendente e separata dagli altri poteri: i giudici sono soggetti soltanto alla legge e dunque devono essere indifferenti a logiche e programmi di governo. E possono anche ricorrere alla Consulta in caso di ritenuta incostituzionalità di una norma.

La normativa italiana rischia di essere dichiarata incostituzionale?

Lo è già stata in varie occasioni ed in molte altre è intervenuta la Corte di Cassazione a precisare la corretta interpretazione della legge. Pur se la situazione sin qui descritta merita risposte omogenee e corrette da parte di ogni settore sociale del Paese, è al ceto dei giuristi che compete realizzare una virtuosa sinergia tecnica e morale, idonea a svelare le verità storico- giuridiche dei fatti e dei principi in discussione, così determinando una efficace “contronarrazione”. Occorrono risposte unitarie ed un impegno per una interpretazione della normativa in tema di immigrazione conforme ai principi costituzionali.

Quali sono gli effetti di questa normativa sui diritti umani?

Definirli “disastrosi” è restrittivo. Il tema dell’immigrazione e della connessa normativa richiede – forse più di altri - particolare attenzione nel valutare la necessità di un corretto equilibrio tra esigenze di sicurezza sociale e rispetto dei diritti, vista anche la rilevanza mondiale dei fenomeni migratori che spesso determinano un diffuso odio razziale ed una strumentalizzazione per ragioni di mera ricerca di consenso politico. La difesa dei diritti fondamentali deve costituire ragione di impegno anche per chi esercita funzioni politiche: basterebbe mandare a memoria una storica affermazione del compianto Stefano Rodotà che invitava tutti a considerare che la solidarietà non è un sentimento, ma un diritto. Ed anche un dovere, aggiunge chi scrive.

Si può fare perennemente ricorso a norme emergenziali per gestire il fenomeno immigrazione?

Gli ordinamenti democratici, anche in situazioni difficili, non possono neppure occasionalmente tradire i principi su cui si fondano. La sicurezza è riconosciuta come un diritto collettivo, ma non vince sugli altri diritti fondamentali dei cittadini. Altrimenti sarebbe una “sicurezza immorale”, come la definì Massimo Giannini. Bisogna respingere propagande e comportamenti diretti a insinuare la fasulla convinzione che l’assenza dei diritti, quello al lavoro in primo luogo, e la mancanza di garanzie, quella alla citata sicurezza in particolare, siano determinate dalla presenza nel nostro territorio di uomini e donne provenienti da altri Paesi. Questo è purtroppo il populismo dilagante che riflette lo spirito del tempo. Merita particolare attenzione, inoltre, la tendenza alla criminalizzazione delle Ong che, quando operano senza ostacoli e limitazioni, salvano vite umane in numero elevatissimo. C’è chi le ha definite “taxi del mare” e chi “pull factor”: insulti che vanno respinti anche perché frutto di ignoranza di chi confonde diritto al soccorso in mare e politiche migratorie e di chi non conosce gli obblighi di salvataggio e le norme del codice penale italiano. Le Ong vanno semplicemente ringraziate e trovo assurda la polemica con la Germania che aiuta economicamente le navi battenti bandiera tedesca. Il che non ha nulla a che fare con il dovere di perseguire e punire duramente scafisti e trafficanti di esseri umani.

Quali sono stati, negli anni, i risultati ottenuti da questo tipo di norme? Qualcuna è mai risultata efficace?

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la nostra Costituzione sono state negli ultimi 15 anni messe a dura prova da una serie di interventi normativi in nome della “sicurezza”, brand pubblicitario e vero ' pull factor'. Tralasciando il Testo unico sull'immigrazione del ’ 98, sono stati varati due “pacchetti sicurezza” in epoca berlusconiana, poi c’è stato il decreto Minniti nel 2017, l’unico – a mio avviso – che, pur con qualche aspetto criticabile, ha consentito l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale ed altro ancora. Poi abbiamo avuto il primo decreto sicurezza salviniano nel 2018, il decreto sicurezza- bis del 2019 ed il Decreto sicurezza- ter del 2020. Da ultimo sono stati approvati il “Decreto anti- soccorso in mare” (come lo definisco) del gennaio 2023, poi il Decreto post- Cutro del marzo 2023, ed infine l’ultimo decreto ministeriale del settembre ed un decreto legge di inizio ottobre non ancora pubblicato. Basta questa incredibile sequenza di provvedimenti per rispondere: quali risultati? Pochi o nessuno. Ed aggiungo: è l’Europa e sono le politiche di accoglienza, redistribuzione ed integrazione il principale obiettivo su cui si dovrebbe invece puntare.

La lista dei Paesi sicuri è stilata dalla politica, ma ha valore secondario rispetto alle norme. Non si rischia di modificarla a piacimento sulla base di accordi politici che sacrificano i diritti sull'altare della convenienza?

È un rischio esistente e grave. Non si tratta però, a mio avviso, di una competenza che vieta la considerazione da parte dell’Autorità giudiziaria di altre notizie e dati di fatto, come quelli forniti, ad esempio, da istituzioni sovranazionali come le Nazioni Unite. Anche la politica non vince su tutto. Questo ci ha permesso di scoprire che non erano affatto porti sicuri quelli di Stati costieri africani, pur beneficiati di ingenti aiuti economici finiti chissà dove.

Come giudica gli attacchi legati al post contro Salvini e pro- ong della giudice?

Al netto della libertà di pensiero, non è comunque opportuno che un magistrato appaia, oltre che esserlo, imparziale? Il diritto di critica e l’impegno civile spettano anche ai magistrati in servizio che, certo, devono muoversi con attenzione ed equilibrio. Se ciò non avviene già esistono previsioni di responsabilità disciplinari, ma affermare che il magistrato attento ai diritti fondamentali sia poi portato a violare la legge è offensivo. Non ho mai creduto alla esistenza di una guerra in atto tra magistratura e politica e spero ingenuamente che la dialettica sia sempre contenuta in limiti accettabili. Ma se guerra c’è, è dichiarata da una parte sola. E quella non è la magistratura.